Il passato ed il presente
Quando si diventa vecchi si può scegliere di essere saggi o stronzi. Io penso che quel signore che risponde al nome di Pansa (un nome un programma) ha scelto la seconda opzione.
Rimestola nella memoria storica di un'epoca della quale ci vuole raccontare gli orrori di quelli che si sono messi sul piedistallo (dice lui). Che scoperta! Mio padre mi racconta di quando, da ragazzino, i fascisti gli dettero i libri di scuola per "miseria accertata".Mi dice del giorno che ha visto partire suo padre per l'Africa e di quando lo ha visto ritornare nel 47 dopo 10 anni. Mi narra della miseria e della fame, di come si dividevano il pane e la polenta tra 6 fratelli. Mi porta ogni volta al cimitero di Sulmona, su un muro ci sono ancora i segni delle pallottole dei fascisti ed i nomi dei fucilati, cita i loro nomi uno ad uno e di ognuno ricorda un particolare . Scuote la testa e mi legge la data di nascista e quella della morte.Mi scimmiotta la camminata del federale, ricorda i suoi stivali neri e gli sale, ancora oggi, dalle viscere un odio terribile. Mi confessa che lo avrebbe volentieri "ammazzato con le sue mani".Mi confida che prese solo dei calci nel culo alla fine della guerra. Ricorda i morti, tanti morti, causati dai bombardamenti. Di quel marinaio fuggito l'otto di settembre e trovatosi lì, un giorno, della raffica di mitragliatrice che lo colse mentre scappava da una latrina.Mi racconta un sacco di episodi. Il mio vecchio. Dei morti di Pietranseri e di quelli che non sono più tornati dalla Russia.
Degli Alpini ridotti a straccioni, degli inglesi che fuggirono sulle montagne dal campo di concentramento, degli 88 dei tedeschi e del loro bombardamento.
Poi arriva Pansa e ci vuole far riflettere. Dimentica le viscere, Pansa. Quella massa di budella che ti ribolle dopo avere passato anni sotto un tallone. Vorrebbe, forse, una storia diversa. Di gente allegra e soddisfatta, ridanciana e dimentica dell'orrore subito. Vorrebbe riscrivere la Storia, il Pansa.
Forse un piazzale Loreto senza il dramma di quei partigiani lasciati lì, sull'asfalto.Forse un Benito di fronte ad una giuria di fini giuristi.
Noi apparteniamo ad un'altra generazione. Ed in questa alcuni di noi non hanno voglia di farsi raccontare storie orribili di morti innocenti e di orrori e di rappresaglie, non perchè non abbiamo pietà dei morti ma perchè sappiamo che ogni storia di quel tipo ha bisogno di quella fine. Non confondiamo il momento del furore di colore che furono vittime, la loro disperata e liberatoria reazione con l'accanimento di quelli che iniziarono la carneficina e resero gli uomini lupi. Lasciamo a chi ci ha vissuto il diritto a fare i conti con le proprie viscere ed i propri ricordi. Senza pentimenti ipocriti e nella coscienza che quel solco esiste ancora. Divide e può in ogni momento chiederci da che parte vogliamo stare.
W la resistenza.
Rimestola nella memoria storica di un'epoca della quale ci vuole raccontare gli orrori di quelli che si sono messi sul piedistallo (dice lui). Che scoperta! Mio padre mi racconta di quando, da ragazzino, i fascisti gli dettero i libri di scuola per "miseria accertata".Mi dice del giorno che ha visto partire suo padre per l'Africa e di quando lo ha visto ritornare nel 47 dopo 10 anni. Mi narra della miseria e della fame, di come si dividevano il pane e la polenta tra 6 fratelli. Mi porta ogni volta al cimitero di Sulmona, su un muro ci sono ancora i segni delle pallottole dei fascisti ed i nomi dei fucilati, cita i loro nomi uno ad uno e di ognuno ricorda un particolare . Scuote la testa e mi legge la data di nascista e quella della morte.Mi scimmiotta la camminata del federale, ricorda i suoi stivali neri e gli sale, ancora oggi, dalle viscere un odio terribile. Mi confessa che lo avrebbe volentieri "ammazzato con le sue mani".Mi confida che prese solo dei calci nel culo alla fine della guerra. Ricorda i morti, tanti morti, causati dai bombardamenti. Di quel marinaio fuggito l'otto di settembre e trovatosi lì, un giorno, della raffica di mitragliatrice che lo colse mentre scappava da una latrina.Mi racconta un sacco di episodi. Il mio vecchio. Dei morti di Pietranseri e di quelli che non sono più tornati dalla Russia.
Degli Alpini ridotti a straccioni, degli inglesi che fuggirono sulle montagne dal campo di concentramento, degli 88 dei tedeschi e del loro bombardamento.
Poi arriva Pansa e ci vuole far riflettere. Dimentica le viscere, Pansa. Quella massa di budella che ti ribolle dopo avere passato anni sotto un tallone. Vorrebbe, forse, una storia diversa. Di gente allegra e soddisfatta, ridanciana e dimentica dell'orrore subito. Vorrebbe riscrivere la Storia, il Pansa.
Forse un piazzale Loreto senza il dramma di quei partigiani lasciati lì, sull'asfalto.Forse un Benito di fronte ad una giuria di fini giuristi.
Noi apparteniamo ad un'altra generazione. Ed in questa alcuni di noi non hanno voglia di farsi raccontare storie orribili di morti innocenti e di orrori e di rappresaglie, non perchè non abbiamo pietà dei morti ma perchè sappiamo che ogni storia di quel tipo ha bisogno di quella fine. Non confondiamo il momento del furore di colore che furono vittime, la loro disperata e liberatoria reazione con l'accanimento di quelli che iniziarono la carneficina e resero gli uomini lupi. Lasciamo a chi ci ha vissuto il diritto a fare i conti con le proprie viscere ed i propri ricordi. Senza pentimenti ipocriti e nella coscienza che quel solco esiste ancora. Divide e può in ogni momento chiederci da che parte vogliamo stare.
W la resistenza.
Commenti
complimenti!
un abbraccio
KorvoRosso