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Visualizzazione dei post con l'etichetta Ricordi di militanza narrati

Strade, anni 70 e oltre.

Diario di una vita, dagli anni 70 a ieri.

Lettera di un prigioniero comunista

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Carcere di Cuneo, gennaio 1985 - estratto di una lettera di Pierino Morlacchi a suo figlio Manolo Ciao mio bel "ragazzo" e un felice anno nuovo.Lo sai che mentre leggevo la tua lettera e quella di Ernesto, mi sono spuntate due lagrimucce? Erano di gioia e di orgoglio. Gioia, perché ho vista confermata la tua maturità, il tuo passaggio dall'adolescenza alla maggiore età, la quale non è semplice somma di anni ma, come fai tu, è presa di coscienza della realtà sociale e dei problemi che essa pone: questa è maturità! orgoglio, perché come padre mi esalti, come comunista mi entusiasmi e come amico mi stimoli a darti delle risposte serie a problemi che sono di tutti noi, dei nostri tempi, posti dalle nostre lotte collettive, non singole. Faccio subito una precisazione; né la mamma né io, abbiamo mai pensato di farti, anzi: di farvi diventare copie di noi stessi, cioè dei grilli parlanti obbligati a ripetere e percorrere parole e strade da noi già dette e percorse. Al contrario ...

I fighetti di Lotta Continua e la merda che rimane.

Avremo modo di scrivere qualcosa su una questione che riguarda un gruppo politico (Lotta Continua), alcuni personaggi, la storia e la fine. Penso sia necessario. Prima di farlo una nota.

Vita nei campi delle FARC, Colombia

Quando eravamo internazionalisti

Marco Vadilonga C’è un paese nel mondo che ho conosciuto bene quanto se non più del mio. Un paese piccolo - il Pollicino d’America fu chiamato - senza particolari attrattive turistiche, in una zona ricca invece di vestigia storiche, mari turchesi, giungle stupende. Non l’ho attraversato in lungo e in largo, portato dai miei piedi, né in groppa ad un cavallo o a bordo di un fuoristrada: se per questo neanche il mio paese posso dire di aver visitato ancora a fondo.

Memoria

Paolo Neri - Perché il fuoco non muore

La storia di Valerio raccontata da sua madre Carla

Nel febbraio del 2005 sono stati 25 anni che Valerio non c’è più, e sono cominciate le interviste. Si sono ricordati di ciò che avvenne il 22 febbraio 1980. Tutto cominciò con una telefonata dell’ANSA che mi chiese cosa ne pensavo della famiglia Mattei (avevano perso due figli nell’incendio della loro casa) che avrebbe voluto sapere la verità sull’uccisione dei loro figli; naturalmente risposi che erano nel loro pieno diritto e che anche io vorrei sapere chi uccise Valerio. Il giornalista dell’ansa mi disse: “Ma lei è di un altro colore politico”, ed io risposi che di fronte all’uccisione dei figli e di giovani non esiste nessun colore. Il giorno dopo i giornali riportarono ciò che dissi, e mi telefonò il dr. Bruno Vespa per invitarmi a Porta a Porta; gli risposi che non sarei andata in studio, se voleva poteva mandarmi i suoi operatori a casa. Credevo si rifiutasse, invece mandò tutta la squadra ad intervistarmi e poi trasmisero tutto a “Porta a Porta”. In seguito...

La questione dei centri sociali

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La questione dello sgombero dei centri sociali unisce come un sol uomo amministratori di destra ed amministratori di sinistra (ma ha senso questa distinzione?). Così a Roma si presentano blindati e poliziotti, con tutto l'armamentario da robocop, per sgombrare l'Horus da presenze come quelle di quei giovani che sono un segno tangibile di disobbedienza e di non allineamento. Qualche settimana fa era toccato ad un centro sociale di Catania e della stessa cosa si parla a Torino . Di solito dietro la richiesta di sgombero c'è l'interesse di qualche palazzinaro che, non avendo altro da cui spremere rendita parassitaria, pensa di sostituire quanto si è costruito dentro quegli spazi con un pò di vetrine piene di merci griffate. Qualche giorno fa sono passato davanti al parco della Tesoriera a Torino. Dentro c'è una villa che occupammo tra il 1976 ed il 1977. Quello spazio grazie a quell'azione fu restituito alla città e restaurato. Nello spazio attiguo, all'i...

Quelli del 77 ed il loro rapporto con il lavoro

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... 'il lavoro è un male necessario per sopravvivere, poi trovo gratificazione in altre cose'. Però dipende da quali altre cose uno può trovare: negli anni 80 non erano molte ... Io non avevo questa cosa del faticare di meno. Perché ho iniziato e lavoravo seriamente e mi sono abituato subito per poter sopravvivere lì, in fabbrica. Per me era importante fare delle cose che avessero un senso, che servissero. Quando io ho tanto tempo libero e non ho fatto cose che sono utili mi sento in colpa...per me è importante sentirsi parte di un mondo e non si tratta di tempo del lavoro, tempo libero, ma di parte della tua vita, faccio qualcosa che mi serve. Fare niente perché non so cosa fare, non lo chiamo tempo libero perché me lo sento costretto in qualche cosa. ... Sull'idea di lavorare poco: siamo al mondo con tanti altri esseri umani, tante altre forme viventi che ci sono e facciamo delle cose che servono per tutto il resto, allora l'idea di lavorare il meno possibile m...

Non mi chiedete se ho vinto o se ho perso

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Poiché la politica con la p minuscola, che questo tempo esprime, non mi interessa più di tanto dedico un po' di questo spazio ai ricordi. Lo faccio partendo da alcune testimonianze di compagni che, circa 10 anni fa, si riunirono per ripercorrere l'esperienza fatta in uno dei più famosi circoli del proletariato giovanile di Torino. Il primo brano che propongo (non mi chiedete se ho vinto o se ho perso) è l'ultimo di un libretto che hanno scritto e che si trova in rete. E' passato tanto tempo e quello che a molti di noi viene rimproverato è di essere ancora inchiodati a quei tempi. Sarà, forse, che quello che vediamo oggi non fa venir voglia di andare oltre la soglia di casa? Quello che è scritto nel brano lo condivido in gran parte, in particolar modo condivido il punto in cui alla fine di questa esperienza storica ed umana rimarrà un bilancio che ognuno di noi dovrà fare con la propria coscienza in funzione di come ha vissuto. Da quel punto di vista non è che mi senta t...

Critica alle BR ed alla dissociazione di Negri- archivio e documenti del movimento

Pubblico un documento del collettivo dei Volsci che riporta alla memoria storica del movimento una delle posizioni critiche nei confronti di chi (BR) si muoveva nella logica della lotta armata contro lo stato. Nel ricostruire quello che è stato il clima di quel periodo credo che niente valga di più di quelle fonti che ci riportano a quegli anni. E' un modo per fornire fonti dirette, insieme alle testimonianze di chi ha vissuto quelle lotte, che in qualche modo forniscono un quadro articolato di quelle che erano le posizioni nel mare che si agitava in quegli anni. Nè dissociazione nè dialettizzazione In questi ultimi tempi nell'uso corrente del linguaggio - discussioni pubbliche, pubblicazioni - sono venuti ad imporsi due termini, evocati entrambi dal regime di libertà vigilata che subiamo, su cui si cerca di costruire due correnti di opinione, per altri versi, quasi "due partiti": dissociazione e dialettizzazione. Ridotti all'osso i due te...

Quel 77 sovversivo

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Per chi ha vissuto come me quella stagione leggere le tante interviste di gente come Morucci o ex professori diventati ristoratori, dissociati che fanno pubblicità ad un film del cazzo o, peggio, delatori ex assassini alla Barbone riconvertiti alla loro classe di appartenenza fa "enormemente" incazzare. Fa incazzare perché la sensazione amara che lascia nel palato, la lettura di certe esternazioni, fotografa una realtà fatta da leader improvvisati a cui abbiamo sacrificato le nostre vite, in molti casi, o concesso una silente approvazione per le cose che decidevano a prescindere da ciò che pensava il movimento ed a dispetto di quello che accadeva nelle piazze. E allora con chi ricostruire quella stagione se a parlare sono solo giustizialisti interessati, "pentiti" opinionisti, ex brigatisti della domenica o per sbaglio? I morti sono silenti e "dormono sulla collina". Insieme alle tante vittime. Tanti sono da altre parti lontani. Un giorno mi capitò di...

Scrivere del 77

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Ricorrendo ad un'esemplificazione iniziale, che riteniamo però abbastanza efficace, possiamo affermare che il ricorso alla violenza nel '68 fu una risposta alla repressione statale. Si passava dal "non siam scappati più", come recitava un verso della canzone dedicata agli scontri di Valle Giulia a Roma nel marzo del '68, al ritornello "la violenza, la violenza, la violenza la rivolta,/ chi ha esitato questa volta lotterà con noi domani", che invitava i dimostranti a rispondere con la forza alle aggressioni poliziesche dei cortei. Nel '77 vi fu, invece, da parte di settori del movimento la ricerca deliberata dello scontro violento. Volendo ancora semplificare si potrebbe quasi dire che il movimento del '68 era originariamente "buono" non tanto nei suoi intenti e propositi che erano invece antisistemici, sovversivi e rivoluzionari, quanto negli strumenti che utilizzava per perseguirli: occupazioni, pr...