IL BUIO E LA LUCE 4
Ci sono viali lunghissimi a Torino. Gli alberi lungo le strade per lo più sono malati. Le foglie rosse di quest'autunno cadono in ritardo. Dicono che dipende dal clima che cambia. I viali sono larghi, per la maggior parte. Le macchine li percorrono veloci. Il paesaggio di questa città è ordinato, anche in periferia. Lungo il greto dei fiumi i rifiuti, e le buste di plastica, sventolano dai rami dei cespugli. In un posto simile trovi tempo per essere malinconico, triste, allegro, pazzo e depresso. E' quello che accade ora. A me!
Questi pensieri si muovevano nella sua testa. Mischiava tutto. Pensava senza un ordine logico a quello che la città stimolava in lui. Le cose che lo circondavano.E le persone. La differenza rispetto ad altri luoghi, in cui era stato, la faceva la gente. Forse era quello l'impulso che lo aveva fatto scendere dal letto con in testa l'idea di rimettere tutto in discussione. Non voleva cambiare le persone, il loro modo di pensare e di agire. Le voleva semplicemente eliminare. Per lui , in quell'istante, tutti erano uguali. Nulla che li differenziava. Non le loro storie, o i loro abiti. Non l'ostentazione del tanto o delniente. A tutti imputava una responsabilità. e per quello avrebbero pagato. Le due signore . Si ricordò della volta in cui provò a chiedere una mano per risolvere una situazione di pacifica coabitazione. Lo colpì la loro ritrosia, quella volta. Il non volere immischiarsi. E lui era rimasto da solo, con il suo problema. Vivere chiusi diventando vecchi. Ed allora a cosa servi? Aveva pensato questo rimettendo in ordine le cose e pulendo il pavimento dalle macchie di sangue. Era questa la missione di una vita. Non giudicare passando dai se e dai ma. Fare pulizia. Rigenerare il paesaggio liberandolo dalle scorie. Gli venne in mente quella canzone che ascoltava da ragazzo. Parlava di quella città, dei viali alberati e delle montagne scintillanti all'orizzonte. Si rilassò e sorrise. Alla radio già parlavano di lui.
Questi pensieri si muovevano nella sua testa. Mischiava tutto. Pensava senza un ordine logico a quello che la città stimolava in lui. Le cose che lo circondavano.E le persone. La differenza rispetto ad altri luoghi, in cui era stato, la faceva la gente. Forse era quello l'impulso che lo aveva fatto scendere dal letto con in testa l'idea di rimettere tutto in discussione. Non voleva cambiare le persone, il loro modo di pensare e di agire. Le voleva semplicemente eliminare. Per lui , in quell'istante, tutti erano uguali. Nulla che li differenziava. Non le loro storie, o i loro abiti. Non l'ostentazione del tanto o delniente. A tutti imputava una responsabilità. e per quello avrebbero pagato. Le due signore . Si ricordò della volta in cui provò a chiedere una mano per risolvere una situazione di pacifica coabitazione. Lo colpì la loro ritrosia, quella volta. Il non volere immischiarsi. E lui era rimasto da solo, con il suo problema. Vivere chiusi diventando vecchi. Ed allora a cosa servi? Aveva pensato questo rimettendo in ordine le cose e pulendo il pavimento dalle macchie di sangue. Era questa la missione di una vita. Non giudicare passando dai se e dai ma. Fare pulizia. Rigenerare il paesaggio liberandolo dalle scorie. Gli venne in mente quella canzone che ascoltava da ragazzo. Parlava di quella città, dei viali alberati e delle montagne scintillanti all'orizzonte. Si rilassò e sorrise. Alla radio già parlavano di lui.
Commenti
Dimmi solo che nome mettere, per non creare confusione.
Ciao.