Le cose ovvie sulla violenza
L'arte dell'ovvio quando si sposa alla retorica produce una serie di banalità che, per il solo fatto di essere tali, potrebbero farci risparmiare un pò di fatica lasciando che il nostro intelletto si interroghi su altre cose e cerchi risposte per altra materia.
La trattazione dei periodi storici di questo paese fatta con l'approccio di chi butta il discorso sulla questione della morale e dell'uso della violenza, del corretto e dello sbagliato, tralascia di solito la concatenazione tra quelli che sono fatti che hanno la loro causa in altri fatti.
Sono il prodotto di accellerazioni violente date da protagonisti che, volenti o nolenti, lasciano la loro traccia (nel bene e nel male)nella vita della gente e segnano i tempi.
Questo paese, limitandosi alla sua storia dalla fine della grande guerra, è sempre stato un fiorire di azioni e fatti violenti che ne hanno ridisegnato i confini di convivenza. C'è sempre stato un vincitore che, dall'alto della sua torre, ha definito la categoria morale del bene e del male. Quelle azioni rispondevano all'esigenza di difendere un'ordine costituito e la sua messa in discussione.
Lo ha fatto il fascismo che manganellava e reprimeva chi gli si opponeva.Che definiva violenta la resistenza di intere città (Parma) quando si faceva avanti e vinceva nel resto d'Italia. Che definiva terroristi i partigiani facendo strrage d'innocenti e trasformando gli uomini in lupi.
Gettava, in questo suo procedere, i semi della vendetta da parte di chi aveva subito e che, ancora più duramente, se possibile avrebbe ripagato il conto con gli interessi. Si può chiudere quel discorso facendone una sintesi e condannando così la violenza generata? E' innocente quella classe di borghesi che, miopamente, per non rinunciare ad un centimetro di privilegi ha gettato le basi del disasto che da lì a poco è venuto? Certo oggi è facile ergersi a giudice senza avere vestito i panni della vittima.
Quelle azioni sono il risultato di interessi contrapposti e non conciliabili.
Quel furore ha percorso il nostro paese negli anni a venire. I celerini manganellavano chi occupava le terre e , se non bastava, in nome dell'ordine pubblico ne facevano strage. Le classi subalterne, con la loro violenza, hanno contrastato chi si opponeva in nome dell'ordine alle loro richieste. Sappiamo tutti cosa è accaduto in quegli anni e quanto c'è voluto per chiudere un periodo così duro. In questo non ci sono innocenti (politici s'intende) tra le classi dirigenti ovunque costoro abbiano militato. Ognuno di loro portava avanti la propria visione della società e rappresentava interessi forti e consolidati. Con le stragi di stato e con gli omicidi di poliziotti. Cosa avrebbero potuto fare per evitare tutto questo? Io penso nulla. Oggi quello che si può fare è riprendere la lettura di un periodo storico lasciando che le generazioni dei giovani se ne facciano un'idea. Tralasciando per un attimo le categorie morali. lasciando che parlino i protagonisti e che spieghino cosa e perchè è accaduto (dal loro punto di vista s'intende). Potrebbe essere un modo per definire quei confini di tolleranza e di regole che ci evitino per il futuro di ripercorrere le stesse strade.
La trattazione dei periodi storici di questo paese fatta con l'approccio di chi butta il discorso sulla questione della morale e dell'uso della violenza, del corretto e dello sbagliato, tralascia di solito la concatenazione tra quelli che sono fatti che hanno la loro causa in altri fatti.
Sono il prodotto di accellerazioni violente date da protagonisti che, volenti o nolenti, lasciano la loro traccia (nel bene e nel male)nella vita della gente e segnano i tempi.
Questo paese, limitandosi alla sua storia dalla fine della grande guerra, è sempre stato un fiorire di azioni e fatti violenti che ne hanno ridisegnato i confini di convivenza. C'è sempre stato un vincitore che, dall'alto della sua torre, ha definito la categoria morale del bene e del male. Quelle azioni rispondevano all'esigenza di difendere un'ordine costituito e la sua messa in discussione.
Lo ha fatto il fascismo che manganellava e reprimeva chi gli si opponeva.Che definiva violenta la resistenza di intere città (Parma) quando si faceva avanti e vinceva nel resto d'Italia. Che definiva terroristi i partigiani facendo strrage d'innocenti e trasformando gli uomini in lupi.
Gettava, in questo suo procedere, i semi della vendetta da parte di chi aveva subito e che, ancora più duramente, se possibile avrebbe ripagato il conto con gli interessi. Si può chiudere quel discorso facendone una sintesi e condannando così la violenza generata? E' innocente quella classe di borghesi che, miopamente, per non rinunciare ad un centimetro di privilegi ha gettato le basi del disasto che da lì a poco è venuto? Certo oggi è facile ergersi a giudice senza avere vestito i panni della vittima.
Quelle azioni sono il risultato di interessi contrapposti e non conciliabili.
Quel furore ha percorso il nostro paese negli anni a venire. I celerini manganellavano chi occupava le terre e , se non bastava, in nome dell'ordine pubblico ne facevano strage. Le classi subalterne, con la loro violenza, hanno contrastato chi si opponeva in nome dell'ordine alle loro richieste. Sappiamo tutti cosa è accaduto in quegli anni e quanto c'è voluto per chiudere un periodo così duro. In questo non ci sono innocenti (politici s'intende) tra le classi dirigenti ovunque costoro abbiano militato. Ognuno di loro portava avanti la propria visione della società e rappresentava interessi forti e consolidati. Con le stragi di stato e con gli omicidi di poliziotti. Cosa avrebbero potuto fare per evitare tutto questo? Io penso nulla. Oggi quello che si può fare è riprendere la lettura di un periodo storico lasciando che le generazioni dei giovani se ne facciano un'idea. Tralasciando per un attimo le categorie morali. lasciando che parlino i protagonisti e che spieghino cosa e perchè è accaduto (dal loro punto di vista s'intende). Potrebbe essere un modo per definire quei confini di tolleranza e di regole che ci evitino per il futuro di ripercorrere le stesse strade.
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