Il compagno Priebke

La vicenda di Priebke è una storia scomoda. Ci costringe a confrontare noi stessi con l'esigenza di conciliare quello che pensiamo in genere sulla giustizia e sul ruolo della pena con quello che quell'uomo rappresenta.
Iniziamo da quest'ultimo punto.
Priebke è l'occasione, per molta gente, di rifare la storia ed analizzare in modo strumentale quello che accadde dal 43 al 45.In questo c'è un tentativo smaccato di rifare i conti con il passato tracciando delle linee di demarcazione tra le ingiustizie e le violenze subite, in cui gli aggressori perdono questa loro identità per diventare alla fine vittime.In cui il dolore che si subisce nel momento in cui qualcuno, violentemente, risolve le questioni aperte accomuna tutti indistintamente. Il fatto di agire con violenza, indipendentemente dalle cause e dal contesto, pone tutti sullo stesso piano.Partigiani, nazisti e fascisti. Nel momento in cui subisci violenza automaticamente diventi vittima.Non importa se sei stato un carnefice.Tanto basta per ridisegnare i confini, dimenticare le responsabilità o annacquarle.
La lotta partigiana è stata dura e violenta. ha avuto eccessi in un momento in cui i monti, le valli e le fabbriche erano occupate da lupi e non da agnelli.In quel contesto, molti rinunciarono alla sicurezza del nascondersi in cantina per andarsene con un fucile ad ammazzare nazisti e fascisti.Lo fecero con ferocia ed odio. Con quella determinazione necessaria a combattere un mostro che aveva divorato milioni di uomini.
Alla fine di quel periodo, in Italia, un comunista firmò un atto che di fatto rese liberi migliaia di complici di quel regime.
Lo stato riaccolse tra le sue braccia funzionari ed ex repubblichini che diventarono lo strumento per colpire operai e contadini che provavano ad alzare la testa.
negli armadi della procura di roma, per decenni, si occultarono fascicoli che parlavano delle stragi nazifasciste degli ultimi tre anni di guerra.
Furono scoperti per caso quei fascicoli. Di tutti quegli orrori solo due alla fine pagarono.Priebhke e Kappler.
Durante il tempo trascorso, molti nazisti erano emigrati negli stati uniti o in sud america. Aiutati in questo dai servizi segreti americani e da qualche prete (come nel caso di Priebke).
Una volta celebrata la sconfitta del nemico, impiccando le effigi a Norimberga, si potevano riutilizzare tutti quelli che facevano comodo nella lotta contro il nuovo pericolo rosso.
Nazismo e fascismo furono espressione, in Italia e Germania, di una borghesia spaventata dalle lotte che negli anni 20 si svilupparono in Europa.
Quei regimi non mettevano in crisi l'idea di sviluppo che il capitalismo aveva.Certo non erano democratici, ma cosa poteva importare. In fondo quello che interessava era contrastare un'idea in cui ti costringevano a tenere conto delle necessità di milioni di uomini senza nulla.
La storia procede in modo lineare.la tensione che esprimono i rapporti tra classi di uomini diseguali, tra modelli di sviluppo antitetici, produce strumenti e regimi che servono ad un solo scopo e ad un solo padrone.
La vita di Priebke, la sua tragedia è parte di questo muoversi.
Concretizzò la sua ferocia facendo uccidere centinaia di civili.
Di questo noi teniamo conto e, se lo avessero preso, il suo posto era a piazzale Loreto.
Ma cosa è oggi quell'uomo.E' un vecchio di 93 anni.Vicino alla morte.Un vecchio che scrive lettere alla sorella di un diciasettenne che lui fece uccidere.
Si richiama a Cristo ed al papa molte volte. Mai un accenno di pentimento o di autocritica in quelle sue missive.
La pena di vivere accerchiato chiuso nella sua casa.
Per quanto mi riguarda potrebbe andarsene dove gli pare. A morire.Sono convinto che troverà, in un'altra vita forse, pena sufficiente a scontare quello che fece.
Se celebriamo la pena di Priebke allora celebriamola sempre e per chiunque.In questo, però, non dimentichiamo di celebrare e raccontare quello che siamo come prodotto di una storia che, in fondo, non ha innocenti.

Commenti

La Tela di Penelope ha detto…
Un bel post, sono pienamente d'accordo. La sete di giustizia si nutre anche di simboli e Priebke incarna perfettamente il simbolo dell'ingiustizia. Ma... come si può reclamare un pentimento da un uomo nel quale questo pentimento non si produce spontaneamente?
Io non seguo la giustizia quando questa reclama pentimento, categoria più vicina alla morale o alla religione che alla giustizia; il nostro codice penale è già assurdamente pieno di richiami al pentimento. Priebke è stato condannato e vivrà quello che gli resta circondato dall'odio dei più. A me può bastare così.
Anonimo ha detto…
Può bastare anche a me. Ma che non mi si venga a parlare di perdono, di sconti di pena, di grazia e cose del genere. Condivido ciò che scrive Mario quando dice che la storia è lineare e nessuno è innocente. Sono però convinto che fascismo e nazismo sono, tra le altre cose, un'"emanazione del padrone", una sua creazione consapevole, interessata e funzionale. Lo sfruttamento capitalista alla massima potenza unito all'orrore. E' sicuramente un'analisi banale e restrittiva, ma è comunque ciò che è successo nella realtà dei fatti. Quindi, come cita Mario: "Lo fecero con ferocia ed odio. Con quella determinazione necessaria a combattere un mostro che aveva divorato milioni di uomini.", bene, quella ferocia preferisco mantenerla viva, per quel che mi riguarda, anche per un apparentemente innocuo vecchio di 93 anni chiamato Priebke.
La Tela di Penelope ha detto…
Così come non ammetto categorie com "pentimento" nella giustizia, così è inammissibile la categoria del "perdono". Se io mi pento e invoco perdono vado dal parroco. La giustizia dovrebbe essere amministrata col diritto, e basta.
Ma mi accorgo di andare fuori tema. In merito a Priebke la giustizia ha fatto il suo corso, riconoscendolo colpevole. E' semi-libero a 93 anni? Ma libero di fare cosa in realtà? Di girare scortato? Di essere circondato dall'odio delle persone? Di non poter uscire di casa se non a rischio di essere insultato, spernacchiato? Magari oggi, a pochi giorni dai fatti e contando sull'appoggio dei suoi camerati, sarà comprensibilmente contento. Scommetto che dopo un annetto di questa "cura" desidererà crepare.
Priebke boia!
mario ha detto…
Che sia chiaro,Per me l'antifascismo è antifascismo militante.A Torino due settimane fa i fascisti sono stati presi a calci nel culo e sbattuti fuori dall'università.
Non mi piace tutto quello che tende a fare confusione in questo.
Priebke è incatenato a quello che rappresenta e questo lo sconterà fino alla fine.
Anonimo ha detto…
Sono d'accordo su tutto. Una perplessità che mi coglie è la ragione per cui dei giovinotti, nel 21 ecolo, cerchino la loro definizione politica esplicitamente entro la dicitura "fascismo". E mi rispondo dicendo che questo mondo, prodotto a livello di immaginario di massa da dicotomie, riduce il respiro della possibile scelta politica e culturale. Definirsi fascista oggi è obsoleto, oltre che contraddittorio. Perchè i nemici non sono piu quelli, perchè non esistono piu, tant'è vero che fini è l'emblema di come il vecchio fascismo abbia completamente perso i suoi connotati ideologici per farsi assorbire dalle nuove mode: il liberismo,il mercato globale, il sionismo ecc..L'espressione antifascismo militante, di conseguenza, ha lo stesso senso del definirsi fascisti da parte di questi ragazzotti: un'adesione nostalgica ad un nulla presente che ha un attaccamento al passato costituito da schegge ormai metamorfizzate nelle forme attuali, che gestiscono il potere oppressivo in altri termini.
Penso che una ri-categorizzazione, a sto punto sia doverosa, proprio per creare un vocabolario "di sinistra" con tutti i "neologismi" del presente.
ciao
Cloro
meinong ha detto…
Priebke sta bene agli arresti.
La sua condizione è dignitosa.
E gli può bastare così.
La Tela di Penelope ha detto…
@anonimo: attenzione però a non fare di questo ripensamento delle categorie che definisci stantie un buco dove nascondere la testa. I fascisti ci sono, esistono in quanto si definisco tali e agiscono da tali. A Roma hanno ucciso, a Milano hanno ucciso, in tutta Italia si organizzano puntando al consenso degli strati popolari. Se "ripensamento" vuol dire non vedere questo, allora è meglio non ripensare.
Ciao!

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