Criminalità e produzione per Marx


Ho letto un mini libretto il cui titolo è "Elogio del crimine", l'autore è Karl Marx ed è commentato da Andrea Camilleri.

La tesi che Marx sostiene è che "il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese.La preserva dalla stagnazione e suscita quell'inquieta tensione senza la quale anche lo stimolo della concorrenza si smorzerebbe".

tesi affascinante che dovrebbe non incontrare il gradimento di tanti benpensanti.Non fosse per le conseguenze sulla vita e sulle cose delle persone.Anche se, in verità, vista la tendenza a valutare tutto in termini di costi benefici, bisognerebbe fare un piccolo bilancio di ogni delitto e dell'economia che ha messo in movimento prima di, con moralismo becero, dare un giudizio negativo.

Anche qui Karl, in modo scientifico ed arguto, ci indica una serie di vantaggi che, il crimine, porta al sietema nel suo complesso."Un delinquente produce delitti." Come un poeta produce poesie."Se si esamina la connessione tra quest'ultima branca di produzione e l'insieme della società, ci si ravvede da tanti pregiudizi"
Il criminale produce nell'ordine:
-diritto penale
-il professore che tiene lezioni di diritto penale
-il manuale del professore cristallizzato nella "merce" per il mercato in generale
-polizia ed apparati
-la tortura che produce a sua volta ricerca scientifica e macchine
-produce arte e bellezza e qui Marx richiama La colpa di Mullner e il Riccardo III di Shakespeare
nello stesso tempo funge da equilibrio nel mercato del lavoro sottraendo una serie di individui in soprannumero per lo stesso.
Diminuisce la concorrenza tra operai.
Ma la parte più importante del contributo di questa branca produttiva è proprio nello sviluppo della produzione.
-Serrature sempre più perfette
-La scienza in generale con la costruzione di strumenti (microscopi ad esempio)
Questa riflessione la potremmo estendere anche alla guerra, con buona pace dei pacifisti.Per non parlare del terrorismo e delle opportunità che offre solo se le si volessero cogliere.

"Il delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l'assalto alla proprietà, chiama in vita nuovi mezzi di difesa e così esercita un'influenza produttiva come quella degli scioperi sull'invenzione delle macchine"

Marx chiude citando un pezzo di Mandeville dalla Fable of the Bees (1705)
" Ciò che a questo mondo chiamiamo il male...è il grande principio che fa di noi degli esseri sociali ....è in esso che dobbiamo cercare la vera origine di tutte le arti e di tutte le scienze..."

Secondo Marx ,Mandeville era infinitamente più onesto degli apologeti filistei della società borghese. E noi concordiamo con lui.

Camilleri chiude il suo commento a questo scritto di Marx, citando Orson Welles che, nel terzo uomo, dice a Joseph Cotten
"Prendi, per esempio l'Italia.Ha avuto secoli di guerre, di morti, di sangue, rovine, assassini, e cosa ne è venuto fuori?Il Rinascimento.Prendi la Svizzera.Secoli di pace, tranquillità,serenità,armonia...E cosa ne è venuto fuori? L'orologio a cucù"


Commenti

meinong ha detto…
Stupendo

Pensatoio

p.s.
ti ho risposto.

Un abbraccio

Italo
pietro ha detto…
Un elogio del crimine mi sembra perfettamente coerente con la storia del marxismo.
I marxisti in genere hanno una pessima opinione dei concetti di onestà e rispetto per la persona.
mario ha detto…
@Pietro
devo dure che non hai capito proprio un cazzo.
pietro ha detto…
Tipica mancanza di rispetto veteromarxista la tua......
Come volevasi dimostrare.
Io so solo che ai bei tempi ( per te ) del 77 argomenti come ESPROPRI PROLETARI (giustificazione del furto e della rapina) e SPRANGHE CATENE E CUBETTI DI PORFIDO, erano tipici di gran parte dei movomenti di ispirazione marxista.
Questa è la mia esperienza.
E se non ho capito qualcosa probabilmente sei tu che non ti sai spiegare.
mario ha detto…
Guarda che non volevo essere rispettoso anche perchè non mi interessa fare il formale.
Tu del post non hai capito un cazzo. E' uno scritto di Karl Marx molto ironico commentato da Camilleri.
Credo che sia uno dei pochi a non averlo capito.
Troppo impegnato ad essere serio per cogliere l'ironia?
Per quanto riguarda il resto. Hai ragione io i san pietrini li tiravo e non è che voglia darti spiegazioni o giustificazioni.non mi interessa.
Anonimo ha detto…
Il testo di Marx coglie, ironicamente, un punto importante della società odierna: che ripercussioni ci sarebbero, di carattere soprattutto economico, se, dall'oggi al domani, la criminalità scomparisse? I filosofi inglesi Hutcheson e Shaftesbury ne sarebbero ben lieti, poichè ritengono che la natura è divina armonia, in cui tutte le cose trovano il loro posto e la loro bellezza. Di diverso avviso Marx, sulla falsariga dell'altro filosofo inglese Mandeville, che vede la criminalità come motore sociale che sorregge quelle sovrastrutture ideologiche che le ruotano attorno: avvocati, giudici, poliziotti, carcerieri...tutti guadagnano e sopravvivono grazie all'esistenza della criminalità. In chiave economica è la stessa teoria de "La ricchezza delle nazioni" di Adam Smith. Questa teoria è ancor più efficace se si estende il concetto di "criminalità" non solo al delitto privato ma anche a quello pubblico: la guerra. Colbert a suo tempo disse: "Il commercio è la sorgente delle finanze e le finanze sono il nerbo vitale della guerra". La criminalità non produce solo quello che oggi chiameremmo "business", ma anche e soprattutto arte e letteratura. Questo è, a grandi linee, il contenuto del libro "L'assassinio come una delle belle arti" di De Quincey (citato dallo stesso Marx). Egli dice che sono le pulsioni e i sentimenti negativi che stanno alla base delle più grandi opere d'arte e letterarie della storia. Già Kant (nel testo "Antropologia pragmatica" e poi nella "Critica del giudizio") trovava non nella bellezza, che scaturisce da un senso di armonia prodotto dalla convergenza di intelletto e immaginazione, ma nel sublime, ovvero il conflitto fra intelletto e immaginazione dinnanzi ad un fenomeno straordinario, il fondamento del così detto "genio artistico". Tutte queste teorie, che verranno poi riprese da Schopenhauer e Leopardi, erano già state anticipate in un libro scritto nel '700 da Pietro Verri intitolato: "Discorso sull'indole del piacere e del dolore", nel quale asserisce che le belle arti hanno origine da quelli che lui chiama "dolori innominati". L'arte non dice nulla agli uomini che sono tutti presi dalla gioia e parla invece a coloro che sono occupati dal dolore o dalla tristezza. Sono proprio questi sentimenti alla base di alcuni capolavori. Marx cita "La colpa" del Mullner, "I masnadieri" di Schiller o "Riccardo III" di Shakespeare, ma la lista potrebbe essere notevolmente ampliata: "Delitto e castigo" di Dostoevskij, "L'urlo" di Munch, "I fiori del male" di Baudelaire, etc. Il legame fra queste opere d'arte e lo stato d'animo oppresso dei loro autori è palese. Camilleri, che ha fatto un commento all' "Elogio del crimine", cita una famosa frase contenuta in uno dei film più belli della storia cinematografica: "Il terzo uomo", in cui Orson Welles, in una scena rimasta storica, afferma che in Italia, dalle guerre civili e dai massacri dei Borgia, è uscito Michelangelo, da Vinci e il Rinascimento, mentre dalla Svizzera, dopo secoli di pace e neutralità, è venuto fuori solamente il "cucù clock". Camilleri però, secondo me giustamente, rimane cauto sulle conclusioni che si possono trarre da tutto questo discorso. Una interpretazione capziosa potrebbe asserire che la prima guerra mondiale ci ha regalato le poesie di Ungaretti e la seconda la "Guernica" di Picasso. Anche ai tempi dei greci la violenza e il male erano fattori sociali, ma erano incanalati nella espressione artistica della tragedia e svolgevano una funzione catartica (si badi soprattutto all' "Edipo" di Sofocle). Oggi l'umanità sarebbe capace di fare lo stesso? A mio avviso no. L' "Elogio del crimine" diverrebbe solamente un'arma intellettuale giustificazionista. Se pensate ch'io esageri, guardate le pericolose teorie di Celine a riguardo.

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