Neoclassici ed economia come formule di equilibrio perfetto

Gli economisti neoclassici rappresentano la sintesi storica del pensiero economico borghese dell'800. Nel 1870 S.Jevons, L.Walras e M.Enger pubblicano, quasi contemporaneamente, le loro opere. 
 Gli elementi, fondamentali, delle loro teorie possiamo sintetizzarli nel seguente modo: 1- Postulato dell'individualismo metodologico. secondo questa tesi i meccanismi dell'economia sono analizzabili partendo dall'esame del comportamento del singolo individuo isolato, a prescindere dal concetto di classe sociale o gruppo di appartenenza. In questo modo nell'analisi si enfatizzano le relazioni individuali (soggettive) a scapito dell'oggetto dell'analisi marxista che focalizza la sua attenzione nell'ambito delle relazioni sociali. 2-Postulato della teoria soggettiva del valore. partendo dal disconoscimento della teoria del valore (in quanto teoria metafisica), si afferma che il prezzo di una merce non ha origine in una sua determinazione oggettiva (quantità di tempo di lavoro in essa incorporato), ma viene fissato soggettivamente, misurando l'ultima quantità margine di bisogno di quella merce espressa dai compratori. 3-Postulato della teoria della distribuzione del reddito nazionale.Il mercato, alla condizione che vi sia concorrenza perfetta, fornisce a ciascuno un compenso che corrisponde al contributo dato alla produzione sociale.la modalità di misura di questo contributo è nella cosiddetta "produttività marginale di ogni risorsa". Questo tipo di approccio, porta questi teorici a costruire modelli matematici sempre più complessi, la base ideologica che loro forniscono è nella visione di una economia ancorata ad un sistema di armonie, in cui grazie al libero gioco del mercato ogni cosa trova la sua giusta collocazione.
Di fronte alle crisi economiche che si manifestano nell'economia reale, il pensiero neoclassico evolve fino alla definizione del pensiero della scuola monetarista. la spiegazione delle oscillazioni congiunturali, quindi, non risiedono all'interno della contraddizione insita nel processo di accumulazione del capitale (valorizzazione del capitale investito a scapito di quello variabile), ma in una restrizione del credito diffusa in tutto il mondo.
Le crisi sono, in questa logica, dei fenomeni di tipo monetario e le modificazioni nell'attività economica hanno come causa i mutamenti nel flusso della moneta. Si tratta quindi di trovare i meccanismi che consentano di stabilizzare questi flussi per far scomparire le fluttuazioni.Il libero gioco delle forze del mercato, trionfalmente, rimetterà tutto in ordine. Questa gente è propedeutica alla sconcezza del neoliberismo alla Friedman. Un signore incensato per il suo pensiero libero e liberale, morto ultranovantenne dopo aver servito gente del calibro di Pinochet.Uno che vedeva opportunità di business ovunque, guerra,disastri naturali e sconvolgimenti economici. Così come l'evoluzione estrema di queste correnti,che porta a disconoscere la teoria del valore, individua nell'economia globalizzata l'esempio in cui "L'economia postcapitalista permette alle grandi aziende una maggiore penetrazione e pervasività nel mercato attraverso la globalizzazione, eppure quest'ultima costringe a una estensione della partecipazione che nessuna multinazionale può controllare. Cade l'opposizione fra chi produce e chi consuma, in conclusione, fra offerta e domanda. " Una riscrittura dei processi insiti nel rapporto capitale lavoro a favore di categorie quali consumatore mercato. Un modo di vedere che indirizza gli interessi verso categorie, queste si metafisiche (consumatori), non più conflittuali sul come e perchè si produce ed in funzione di quale interesse generale, ma conflittuali in una logica di marketing e di competizione aziendale.Non più persone, ma prodotti, servizi e ciclo di vita degli stessi. Ma di questo ci occuperemo più avanti, dopo aver scritto di Keynes e del suo pensiero. -continua- vedi anche:http://www.nipponico.com/dizionario/j/juyoukyoukyuu.php?pag=1

Commenti

Anonimo ha detto…
Indipendentemente da giudizi di valore, trovo che i consumatori siano una categoria molto concreta e assolutamente non metafisica.
mario ha detto…
Direi che lo sono molto di più i lavoratori. Il consumatore è fuffa.
Anonimo ha detto…
Sono due aspetti delle medesime persone, e quindi difficilmente gli uni possono essere più reali degli altri, nel mondo reale si lavora solo per procurarsi i soldi per comperare i beni necessari, quindi si è lavoratori e consumatori contemporaneamente.
Se non ci fosse il consumo di beni ( necessari ) non sarebbe necessario lavorare.
meinong ha detto…
Non tutti coloro che hanno bisogni riescono ad essere consumatori.
Anonimo ha detto…
perchè forse confondi il consumismo con il consumo di generi di prima necessità.
Chiunque debba acquistare generi di prima necessità è un consumatore, quindi penso che secondo te esistano persone che non mangiano, non si riparano dal freddo con case, vestiti e impianti di riscaldamento, e non si spostano mai dal loro domicilio.
il 90% dei "consumi" sono rappresentati da queste voci.
mario ha detto…
La questione è relativa all'utilizzo che si fa di queste categorie.
Il consumatore, per come viene rappresentato in quelle teorie economiche, è un soggetto scevro dal conflitto che, al contrario per comunisti come me, è la sintesi del rapporto tra lavoratore e produzione nel sistema dato dal capitale.
E' un'entità astratta utilizzato in una logica di marketing per essere punto di riferimento e giudice del conflitto tra prodotti. Non si entra nel merito delle sue condizioni materiali e dei rapporti sociali che ne derivano perchè in questa dimensione non interessa oltre quella che è la sua capacità di consumo.
Per determinare la natura metafisica (La metafisica è quella parte della filosofia che si occupa degli enti in tutti quegli aspetti che prescindono dal loro aspetto sensibile (oggetto della fisica nel senso pre-scientifico di branca della filosofia che si occupa della natura nella sua realtà empirica, nonché, più modernamente, delle altre scienze particolari-wikipedia)mi richiamo alla tendenza di farne un oggetto sostitutivo di quello che è il produttore di valore per la società, da non indagare nelle sue relazioni "sociali" e politiche ma in una dimensione di consumo di oggetti.
Anonimo ha detto…
Anche il consumo è una forma di relazione sociale, e sembra sia più necessario del lavoro, se non lavori puoi ancora sperare di sopravvivere, e un buon numero di persone ci riescono anche se a stento, se non consumi beni alimentari crepi dopo un breve periodo di tempo....
Il disprezzo del consumatore, tipico delle economie pianificate ha sempre portato a scarsità di beni necessari.
Antonio Candeliere ha detto…
interessante articolo
Anonimo ha detto…
il problema è anche che indipendentemente da qualsiasi teoria o politica economica una società si regge su un equilibrio tra produzione, consumo e risparmio, e qualsiasi tentativo di trascurare uno qualsiasi di questi 3 elementi è puro delirio ideologico, che di solito si traduce in miseria e sofferenza per i più poveri.
mario ha detto…
Il baratto è un tipo di relazione in cui le cose che dici tu non esistono (ad esempio, risparmiati la pippa sul fatto che noi siamo più evoluti ).
Mi auguro che questi post ti servano a cercare di andare oltre lo stomaco .
L'unico delirio ideologico che traspare deriva dal modo in cui ti poni e commenti.
meinong ha detto…
x Pietro
Non ho detto che i consumatori siano irrilevanti o detestabili,
Ho detto che uno che ha bisogni (es. fame) per diventare consumatore deve avere i mezzi per comprare il pane. Per cui più che il consumatore bisogna guardare a chi è portatore di bisogni.

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