Poveri e lavavetri ed un omicidio
Cosa c'è di disprezzabile in un uomo o donna che si alza al mattino, prende un secchio di plastica e sta lì per ore a cercare di elemosinare qualche euro pulendo il vetro di un'auto?
Si dirà, il racket è alle spalle di quella gente e poi sfruttano anche i bambini.
Sarà, ma allora perchè non ce la prendiamo con il racket ed offriamo condizioni dignitose di vita a quella gente. Non è che con un foglio di carta bollata i poveri spariscono, e non sparisce neanche l'intolleranza. Oggi la gente non sopporta nulla a prescindere da quello che uno fa, siamo di volta in volta vittime e carnefici. Siamo fannulloni se impiegati statali, evasori se artigiani o liberi professionisti, drogati e bulli se studenti. Non sopportiamo quelli che ci mettono i volantini nella cassetta della posta, quelli che ci telefonano a casa per venderci qualcosa e quelli che vendono porta a porta. preferiamo luoghi asettici in cui cercare merce, che siano prima di tutto posti in cui isolarci senza che qualcuno ci spieghi come è fatto un prodotto. Siamo in imbarazzo in ascensore se siamo in più di uno (noi stessi).Facciamo fatica a parlare di qualcosa che non sia calcio o lavoro. Da giovani pensiamo che la vita sia una lunga linea retta fatta da millenni e non da ore, ci sentiamo potenti ed arroganti.Da vecchi ci immalinconiamo e pensiamo di aver sprecato il tempo che ci è stato dato e non abbiamo nè ricordi nè gente paziente attorno. E allora cerchiamo il diverso, il debole, l'altro su cui buttare le frustrazioni del nostro vivere. Non ci tornano i conti nella nostra vita ordinata , come è possibile che ci sia gente che vive così, con regole che non sono le nostre, con una dimensione del tempo e delle vita così lontana da quella che ci hanno inculcato sin da piccoli. vestiti in modo così "strano", itineranti sulle strade e senza fissa dimora, che vivono accontentandosi di scarti e di elemosina.
In tutto questo modo ipocrita di rapportarci nessuno che abbia l'onestà di spiegare cosa farebbe al posto loro. Cosa farebbe di fronte ad una vita spesa senza opportunità, in un contesto in cui ti senti tutti i giorni gli occhi addosso come se fossi il primo dei criminali. anche se suoni un organetto in metropolitana o hai un secchiello ed uno spazzolone. Sei uno del racket e non lo sai. Della tua vita conosce ogni particolare quel giornalista o quella signora con la messa in piega recente, non hanno mai diviso un minuto della loro vita con te ma loro sanno e tu no!
L'unico articolo degno di nota che ho letto sull'argomento è di Barbara Spinelli e lo ha scritto sulla Stampa.
Alcuni brani
" Quel che conta è fare subito qualcosa di spettacolarmente repressivo che però non costi inimicizie di lobby troppo potenti:lavavetri o nomadi sono ottimi, essendo senza difesa.
Colpisce la perdita di memoria, su quel che è stata la questione del nomadismo e della povertà in Europa.I poveri un tempo santificati e poi criminalizzati, che in alcune disposizioni medioevali venvano chiamati inutili al mondo e che nel 600 furono soprannominati poveri che lo meritano.
Quando Marco Revelli mette in guardia contro queste fantasie igienico-repressive non è un vecchio stereotipo che mette in scena. Mette in scena quello che è stato l'itinerario d'Europa. Ricorda che il vero stereotipo non è l'assistenza inclusivo del diverso, ma l'illusione di poterlo allontanare dagli occhi bandendolo. Giacchè che è così, bandendo gli ultimi, che nell'800 e 900 è nata -apparendo insolubile senza violenza rivoluzionaria-la questione sociale.
E' una resistenza che nasce sia dentro il cristianesimo nel 500 (Filippo Neri difensore degli zingari che papa Ghisleri vorrebbe bandire da Roma; Vincenzo dé paoli che si ribella agli ospizi prigione) sia nella società secolarizzata (sommosse di artigiani e operai, poi nell'800 socialismo).In tutto questo roma e l'Italia sono stati avanguardia.nella crudeltà e non crudeltà"
Non ci vuole molto oggi a fare il salto della barricata, passare dal minimo indispensabile che abbiamo per sopravvivere al nulla ed alla necessità di soddisfare i bisogni primari della nostra esistenza.
E' molto più difficile abbaterlo un muro di diffidenza che costruirlo partecipando al massacro quotidiano dello stereotipo proposto alla coscienza della gente. E se questo lo facciamo con lucidità intellettuale siamo colpevoli più di tanti che vorremmo giudicare ed ingabbiare.
Così come non ci vuole molto ad avere stravolta la tua vita, passare dall'ordine dei giudizi piccolo borghesi contro gli altri al banco degli imputati per un gesto irrazionale e violento.
pensavo a tutto questo oggi quando ho aperto il giornale ed ho letto quella notizia.
quell'uomo, che conosco come persona mite, è diventato un carnefice ed ha ucciso una persona a testate per un niente. Qui a Torino città ordinata e quadrata ai piedi delle Alpi. in cui l'esercizio che va di moda è avvelenare l'anima della gente.
Si dirà, il racket è alle spalle di quella gente e poi sfruttano anche i bambini.
Sarà, ma allora perchè non ce la prendiamo con il racket ed offriamo condizioni dignitose di vita a quella gente. Non è che con un foglio di carta bollata i poveri spariscono, e non sparisce neanche l'intolleranza. Oggi la gente non sopporta nulla a prescindere da quello che uno fa, siamo di volta in volta vittime e carnefici. Siamo fannulloni se impiegati statali, evasori se artigiani o liberi professionisti, drogati e bulli se studenti. Non sopportiamo quelli che ci mettono i volantini nella cassetta della posta, quelli che ci telefonano a casa per venderci qualcosa e quelli che vendono porta a porta. preferiamo luoghi asettici in cui cercare merce, che siano prima di tutto posti in cui isolarci senza che qualcuno ci spieghi come è fatto un prodotto. Siamo in imbarazzo in ascensore se siamo in più di uno (noi stessi).Facciamo fatica a parlare di qualcosa che non sia calcio o lavoro. Da giovani pensiamo che la vita sia una lunga linea retta fatta da millenni e non da ore, ci sentiamo potenti ed arroganti.Da vecchi ci immalinconiamo e pensiamo di aver sprecato il tempo che ci è stato dato e non abbiamo nè ricordi nè gente paziente attorno. E allora cerchiamo il diverso, il debole, l'altro su cui buttare le frustrazioni del nostro vivere. Non ci tornano i conti nella nostra vita ordinata , come è possibile che ci sia gente che vive così, con regole che non sono le nostre, con una dimensione del tempo e delle vita così lontana da quella che ci hanno inculcato sin da piccoli. vestiti in modo così "strano", itineranti sulle strade e senza fissa dimora, che vivono accontentandosi di scarti e di elemosina.
In tutto questo modo ipocrita di rapportarci nessuno che abbia l'onestà di spiegare cosa farebbe al posto loro. Cosa farebbe di fronte ad una vita spesa senza opportunità, in un contesto in cui ti senti tutti i giorni gli occhi addosso come se fossi il primo dei criminali. anche se suoni un organetto in metropolitana o hai un secchiello ed uno spazzolone. Sei uno del racket e non lo sai. Della tua vita conosce ogni particolare quel giornalista o quella signora con la messa in piega recente, non hanno mai diviso un minuto della loro vita con te ma loro sanno e tu no!
L'unico articolo degno di nota che ho letto sull'argomento è di Barbara Spinelli e lo ha scritto sulla Stampa.
Alcuni brani
" Quel che conta è fare subito qualcosa di spettacolarmente repressivo che però non costi inimicizie di lobby troppo potenti:lavavetri o nomadi sono ottimi, essendo senza difesa.
Colpisce la perdita di memoria, su quel che è stata la questione del nomadismo e della povertà in Europa.I poveri un tempo santificati e poi criminalizzati, che in alcune disposizioni medioevali venvano chiamati inutili al mondo e che nel 600 furono soprannominati poveri che lo meritano.
Quando Marco Revelli mette in guardia contro queste fantasie igienico-repressive non è un vecchio stereotipo che mette in scena. Mette in scena quello che è stato l'itinerario d'Europa. Ricorda che il vero stereotipo non è l'assistenza inclusivo del diverso, ma l'illusione di poterlo allontanare dagli occhi bandendolo. Giacchè che è così, bandendo gli ultimi, che nell'800 e 900 è nata -apparendo insolubile senza violenza rivoluzionaria-la questione sociale.
E' una resistenza che nasce sia dentro il cristianesimo nel 500 (Filippo Neri difensore degli zingari che papa Ghisleri vorrebbe bandire da Roma; Vincenzo dé paoli che si ribella agli ospizi prigione) sia nella società secolarizzata (sommosse di artigiani e operai, poi nell'800 socialismo).In tutto questo roma e l'Italia sono stati avanguardia.nella crudeltà e non crudeltà"
Non ci vuole molto oggi a fare il salto della barricata, passare dal minimo indispensabile che abbiamo per sopravvivere al nulla ed alla necessità di soddisfare i bisogni primari della nostra esistenza.
E' molto più difficile abbaterlo un muro di diffidenza che costruirlo partecipando al massacro quotidiano dello stereotipo proposto alla coscienza della gente. E se questo lo facciamo con lucidità intellettuale siamo colpevoli più di tanti che vorremmo giudicare ed ingabbiare.
Così come non ci vuole molto ad avere stravolta la tua vita, passare dall'ordine dei giudizi piccolo borghesi contro gli altri al banco degli imputati per un gesto irrazionale e violento.
pensavo a tutto questo oggi quando ho aperto il giornale ed ho letto quella notizia.
quell'uomo, che conosco come persona mite, è diventato un carnefice ed ha ucciso una persona a testate per un niente. Qui a Torino città ordinata e quadrata ai piedi delle Alpi. in cui l'esercizio che va di moda è avvelenare l'anima della gente.
Commenti
Con l'aggravante che nel medio-evo non erano afflitti dell'implacabile sovrappopolazione che c'è oggi.
La violenza dell'homo-consumator non ha neppure il conforto di una fede autentica. E' immagine patinata (e spesso muscolosa, abbronzata, benestante ) di un ente affogato nell'impero dell'egoismo e dell'anonimato della pubblicità . E' ovvio che questa violenza, di fronte a frustrazioni vere della vita, si esprime, magari col vicino di casa fastidioso, o con la fidanzata.
ciao