L'alternativa è la lotta. Quella dura

Quella che segue è la cronaca, addomesticata, che compare sulla repubblica di qualche assemblea in fabbrica.Prima è c'è un video in cui si respira il clima durante una discussione sul tema del rinnovo del contratto dei metalmeccanici.Il dibattito vero, sul famoso protocollo, prima non c'è mai stato. I soggetti che ne sono stati esclusi sono proprio loro: i precari ed i lavoratori.
Oggi si fanno assemblee per discutere di un protocollo per il quale non esiste mandato da parte dei lavoratori. Quei signori, che di mestiere fanno i sindacalisti, si presentano dicendo: "questo è quanto di meglio abbiamo ottenuto, prendere o lasciare e se lasciate sappiate che torna lo scalone di maroni e cade il governo" Questo è il massimo che riescono a trovare per giustificare un accordo per il quale non si è mobilitata una fabbrica, non si è fatta sufficiente informazione sui media se non per "terrorizzare" sulle conseguenze. la democrazia che riescono ad esprimere è una democrazia a consuntivo, loro tracciano le strategie, loro parlano di massimi sistemi e del destino di milioni di persone, loro accettano di rendere precario il tempo di vita delle persone, loro impongono regole per cui non puoi rappresentare in assemblea le tue istanze come sigla sindacale (quelle per il no) ma lo puoi fare solo in quanto singolo.
E' il modo di gestire il consenso che ricorda tanto l'omologazione di Stalin o il corporativismo del Duce.Chi è contro non ha spazio, è boicottato continuamente e per lui non c'è altra possibilità che qualche volantino in ciclostile o la famosa assemblea.
Questa mattina, al giornale radio delle 8, hanno fatto sentire le voci di qualche lavoratore edile "soddidfatto" per quanto il sindacato ha prodotto. Capire in ragione di cosa diceva quelle cose ed in funzione di quale infrmazione disponibile è un mistero.
E' una lotta impari a queste condizioni, è una lotta che ti spinge ai margini. E' una lotta che se non trova il modo di recuperare spazi di democrazia e confronto è destinata a produrre "lotta cattiva".
Non abbiamo bisogno di gente che sieda nei consigli di amministrazione dell'inps o dei fondi pensione, che prenda lo spunto dalla militanza nel sindacato per fare carriera politica o scrivere articoli che infangano i lavoratori.
Abbiamo bisogno di gente che sia rappresentativa dei luoghi di lavoro e di chi ci lavora. Che assolva al quel compito senza farne un mestiere. Che metta la tuta o indossi una divisa da operatore telefonico. Che sia cassiere ad un supermercato e che viva come quelli che deve rappresentare. Non c'è bisogno di un laureato in filosofia che non ha passato un'ora del suo tempo alla catena di montaggio. c'è gente più preparata di lui per rappresentare le istanze di chi produce la ricchezza di questo paese.






Fischi a Melfi, dopo quelli di Torino. E questa volta a prenderli è anche un'esponente della Cgil, Carla Cantone. Ma pure nella tranquilla Bologna Guglielmo Epifani misura la forza che il partito del no incontra in fabbrica. Così, al termine di un'accesa assemblea di metalmeccanici, dove è forte la richiesta di bocciare il protocollo sul welfare, il leader del più grande sindacato parla di rischi se l'accordo verrà affondato. "Se prevarranno i no - sottolinea Epifani - nessuno è in grado di sapere cosa succede".

Per il leader della Cgil dunque "bisogna evitare che il Parlamento peggiori l'accordo: nel dibattito parlamentare non mi sento assolutamente tranquillo, non so cosa può accadere in Senato". Solo con il sì all'accordo, è la tesi del segretario generale della Cgil, i lavoratori porteranno a casa i risultati positivi dell'accordo, come l'aumento delle pensioni, lo scalone più morbido della riforma Maroni, gli ammortizzatori sociali. E potranno spingere per migliorare il testo. Per esempio ottenendo l'automatismo dell'assunzione dopo 36 mesi di lavoro a tempo determinato, magari attraverso una circolare ministeriale.

Ma agli operai della Gd, tradizionale roccaforte della Fiom, la più grande fabbrica metalmeccanica di Bologna, mille "magliette blu" che hanno sostituito le tradizionali tute alla Cipputi, continuano a stare sullo stomaco provvedimenti come la riduzione delle tasse sugli straordinari. E soprattutto il fatto che i sindacato non abbiano affrontato la trattativa mobilitando i lavoratori. "Lei vede quanta forza c'è in questa assemblea - dice ad Epifani una delegata di fabbrica in una gremita mensa aziendale - perché il sindacato non la usa?".

Agli operai dipendenti, aggiunge un altro delegato della Fiom, "l'accordo può andare bene, ma agli occhi del precario è irricevibile. Non avevamo chiesto di abolire la legge 30?". Niente fischi, ma i toni sono decisi. "Con queste tabelle (le ha firmate lei, le riconosce?) andremo in pensione con il 51% dell'ultimo stipendio, perché non dite la verità?", protesta un operaio giovanissimo. Non tutti si allineano, anche tra gli iscritti e i quadri storici della Fiom, c'è chi si schiera con il segretario della Cgil.

Molto peggio per la Cgil alla Fiat di Melfi, dove ieri è arrivato il bis dei fischi ad Angeletti di Mirafiori. A fare le spese della contestazione Carla Cantone che era entrata nello stabilimento con 4500 operai preparata al peggio: "Se sarò fischiata, non mi taglierò le vene".

Commenti

Anonimo ha detto…
è tutto maledettamente difficile. poni dei temi veri che richiedono una visione totalmente diversa della vita rispetto a quella corrente. Alcuni giorni fa ho scritto un post sulla morte di Gorz, André Gorz e l’attività umana liberata in cui la morte dell'intellettuale militante, mi ha fatto riflettere su come consideriamo il lavoro nel tempo che abitiamo. Rimane tutto maledettamente difficile…
pietro ha detto…
La proposta di rendere obbligatoria l'assunzione dopo 36 mesi di lavoro a tempo determinato, indipendentemente dal fatto che sia giusta o sbagliata, mi sembra troppo facile da eludere, insomma un ennesimo esempio di populismo a buon mercato.
Quanto alla lotta la difficoltà è avere obiettivi chiari, la lotta fine a se stessa, se non ha obbittivi concreti è inutile ribellismo.
Cloroalclero ha detto…
Mario bisogna cominciare a bruciare la bandierina della cgil, diciamocelo. Agli interrogativi che solleva uesto video, sia io che te sappiamo rispondere anche troppo bene.
o no?
Anonimo ha detto…
La cosa che lascia più sgomenti è proprio questa prosopopea dei sindacalisti (e lo dico da sindacalista!).

Ma come si fa a non tenere in considerazione l'urlo di dolore che viene dalle fabbriche?

Come si può non vedere lo scollamento tra la base ed i sindacati?

Credo che tutto ciò sia molto grave, se il sindacato perde il potere di rappresentanza sono c***i amari per tutti. Sappiamo quali mostri genera il sonno della rappresentanza (consentitemi di parafrasare).
Anonimo ha detto…
La classe operaia di chi? Questo era il titolo di un post nel quale hai commentato: Concordo con gran parte di quello che hai scritto.
C'� poco ed in quel poco il fatto che la Fiom abbia detto no all'accordo mi fa sentire meno solo.
Era il 13/09. Oggi � il 05/10; dimmi Mario: ti senti sempre meno solo? Io s�.
L'articolo era postato su http://www.bloggers.it/ideateatro/index.cfm?blogaction=permalink&id=FE810EA5-C69B-6697-F8C62C983ECCE9C8 se per caso volessi ritornare a rileggerlo.
Ps.: ora, lo stesso blog si � trasferito su http://ideateatro.blogspot.com
Un saluto.

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