Fini lo xenofobo e quelli come lui
Un fascista, strumentalizzando una tragedia, chiede leggi più dure nei confronti di chi arriva da noi e non è in grado di sostenersi.
Poichè è povero è un potenziale delinquente in quanto la "roba" di noi gente infaticabile è lì a portata di mano e potrebbe soddisfare le sue esigenze di sopravvivenza.
In questo, al povero, gli si toglie il diritto di arrangiarsi lavando vetri e chiedendo l'elemosina. Così come di abitare in una capanna sulla riva di qualche fiume puzzolente. tempo fa dalle parti di Settimo Torinese il progressista sindaco della margherita, con il supporto della giunta, raggiunse il nobile obiettivo di far sgomberare un campo nomadi nel quale alcune associazioni di volontariato erano riuscite a far andare a scuola i bambini ed a fare frequentare l'ambulatorio alle mamme.
Siamo persone civili, abituate ormai a trattare queste cose "terrorizzati" da ciò che gli stracci di quelle persone rappresentano.
Un delitto di un singolo serve a scatenare un'ondata xenofoba contro un'intera comunità. Non contenti siamo tanto infami da andare a casa loro e registrare le parole di quelli che si vogliono differenziare e che dicono "non siamo tutti così, sono loro il problema" In pratica alimentiamo altra xenofobia.
Adesso è toccato ai Romeni, ieri era l'ora degli albanesi.
Il fascista, che della storia della Romania e dell'Albania dovrebbe sapere qualcosa, non è contento di quello che il nostro governucolo si appresta a sfornare. Lui vuole cose più dure. Vorrebbe cacciarli in massa. A me questa gente fa schifo.
Spulciando tra le tante cose che si dicevano di noi, tralasciando il classico "mafiosi", ho ritrovato qualcosa dei nostri cugini d'oltralpe ed un episodio che ha riguardato la nostra comunità in Sud America. Buona lettura
Poichè è povero è un potenziale delinquente in quanto la "roba" di noi gente infaticabile è lì a portata di mano e potrebbe soddisfare le sue esigenze di sopravvivenza.
In questo, al povero, gli si toglie il diritto di arrangiarsi lavando vetri e chiedendo l'elemosina. Così come di abitare in una capanna sulla riva di qualche fiume puzzolente. tempo fa dalle parti di Settimo Torinese il progressista sindaco della margherita, con il supporto della giunta, raggiunse il nobile obiettivo di far sgomberare un campo nomadi nel quale alcune associazioni di volontariato erano riuscite a far andare a scuola i bambini ed a fare frequentare l'ambulatorio alle mamme.
Siamo persone civili, abituate ormai a trattare queste cose "terrorizzati" da ciò che gli stracci di quelle persone rappresentano.
Un delitto di un singolo serve a scatenare un'ondata xenofoba contro un'intera comunità. Non contenti siamo tanto infami da andare a casa loro e registrare le parole di quelli che si vogliono differenziare e che dicono "non siamo tutti così, sono loro il problema" In pratica alimentiamo altra xenofobia.
Adesso è toccato ai Romeni, ieri era l'ora degli albanesi.
Il fascista, che della storia della Romania e dell'Albania dovrebbe sapere qualcosa, non è contento di quello che il nostro governucolo si appresta a sfornare. Lui vuole cose più dure. Vorrebbe cacciarli in massa. A me questa gente fa schifo.
Spulciando tra le tante cose che si dicevano di noi, tralasciando il classico "mafiosi", ho ritrovato qualcosa dei nostri cugini d'oltralpe ed un episodio che ha riguardato la nostra comunità in Sud America. Buona lettura
"Si vous passez, à l'heure de midi, vers Mont-Saint-Martin ou Villerupt, près d'une des cantines italiennes, votre odorat est désagréablement chatouillé par des odeurs d'abominables ratatouilles. Des vieilles sordides, à la peau fripée et aux cheveux rares, font mijoter des fritures étranges dans des poêles ébréchées. Et les bêtes mortes de maladie ne sont pas enfouies, elles ont leur sépulture dans les estomacs des Italiens, qui les trouvent excellentes pour des ragoûts dignes de l'enfer" (L'Étoile de l'Est du 24-7- 1905)
"Cet assassinat (du président Sadi Carnot par un anarchiste italien) a été commis par un Italien - et nous autres Français supportons sans rien dire la présence de ces êtres infects dans nos usines où ils occupent la place d'honnêtes ouvriers français qui meurent de privations et de misère. Depuis longtemps nous avons l'intention et le désir de nous débarrasser de cette vermine" Signé Tricoire (29 juin 1894), Archives de la Préfecture de police de Paris, BA 995.
Non tutti però sanno - ci scrive Antonio Fossati dell´Associazione Emilia-Romagna di Asunción - che gli italiani sono stati protagonisti di un evento drammatico che ha segnato la storia del Paraguay. Il fatto, ricordato come la noche triste de los italianos, è stato ricostruito dallo stesso Fossati sulla base delle informazioni contenute in un volume apparso nel 1925, Sobre los escombros de la Guerra ("Sulle macerie della guerra") di Hector Francisco Decoud. Ma si tratta - avverte Fossati - della versione dei fatti fornita dalla parte lesa: non conosciamo su questo il pensiero degli italiani.
Tutto comincia l´11 settembre 1870, quando il primo organo di stampa indipendente del Paraguay, La Regeneración, pubblica la notizia di un assassinio di cui è accusato un italiano. L´informazione è falsa (il colpevole è un argentino di nome Duarte), pertanto la comunità italiana presente nella capitale chiede al giornale la rettifica. Il direttore José Juan Decoud acconsente, ma limitandosi a smentire l´accaduto senza aggiungervi ulteriori commenti, come invece esigono gli italiani. Per questo, sei connazionali si presentano alla sede del giornale in Calle Palma chiedendo la pubblicazione di un testo ulteriormente chiarificatore, scritto da loro stessi. Al rifiuto della redazione segue una concitata riunione degli italiani nei pressi del porto, dove si radunano oltre 200 persone armate di pistole, asce, pugnali e coltelli acquistati nelle vicine botteghe.
Quando la nave ammiraglia brasiliana ancorata nel porto suona con due scampanate, come ogni giorno, le cinque della sera - ora fatale, secondo Federico Garcia Lorca - la città sguarnita e provvisoriamente priva di guida politica, piomba nell´anarchia. Gli italiani in colonna marciano verso il giornale, si introducono da una via laterale nelle officine stampa, dove trovano i tipografi al lavoro, e raggiungono il cortile dell´edificio in cui abitano i proprietari, la famiglia Decoud. Entrati nello stabilimento con le fiaccole accese e le armi in mano, gli italiani si imbattono nei dipendenti che stanno tentando di fuggire. Bloccano un tipografo, Fernando Araujo, e gli intimano per quattro volte di gridare "Viva l´Italia!". "Non ci penso proprio - risponde sempre il fotografo. Sono brasiliano e non ne ho motivo". Viene allora pugnalato e trascinato in strada moribondo. Stessa sorte tocca a Roberto Sali e Manuel Rivero, tirati fuori dal bagno dove si erano rifugiati e ammazzati per il loro rifiuto di gridare "Viva l´Italia!".
Pedro Miguel Decoud, stanato dalla sua stanza a colpi d´ascia, è abbattuto mentre grida "Viva il Paraguay!". Javier Denis e i fratelli Hector Francisco e Diogenes Decoud ricevono pistolettate nel trambusto generale, mentre sta arrivando la polizia. Diogenes si salva gettandosi in strada. Un altro uomo, alla solita richiesta, risponde con una battuta che fa ridere gli assalitori e gli risparmia la vita: "Viva l´italiana Caterina! Le voglio tanto bene che la tengo come amante!". Gertrudis, la serva dei Decoud, viene sorpresa in una stanza mentre recita il rosario. Agitatissima, urla "Viva l´italiano!" e si prende una manganellata in testa. Allora si corregge: Viva la italiano kuéra!, "Viva tutti gli italiani!". Un portoghese, nascosto fra i cassoni vuoti mentre gli italiani sfasciano presse di stampa, casse dei caratteri, armadi, libri, materassi, scoperto si mette a gridare "Viva l´Italia!" con tanta forza che deve essere zittito dai poliziotti nel frattempo entrati nell´edificio.
A questo punto, comincia la vendetta. Gli italiani vengono setacciati casa per casa. Sono gli stessi vicini ad indicarne le abitazioni agli agenti. Questi sparano alle porte o le buttano giù con il calcio dei fucili. Da dentro, si sentono voci imploranti: "Io no, non ho fatto niente!". Al porto viene abbattuto tutto ciò che è italiano. I nostri connazionali rispondono e uccidono il capitano Manuel Fraga, comandante delle forze argentine in Paraguay. Alle nove di sera sono già 148 gli italiani arrestati.
La retata è completata nella notte, ma solo la mattina dopo si possono tirare le somme della noche triste de los italianos: 16 morti e 13 feriti gravi. In realtà, il numero reale delle vittime è tenuto nascosto per non dare occasione a ulteriori disordini. "Malgrado questi fatti - conclude Antonio Fossati - la diaspora italiana, superando i vari regionalismi, si è mantenuta fedele alla propria cultura e tradizione pacifica, apportando con generoso lavoro e spirito di sacrificio un messaggio di integrazione ed armonia in ogni luogo in cui i connazionali hanno avuto la sorte di vivere".
In Paraguay c´è una fortissima voglia di aprirsi al mondo e di conoscere. Il Paese ha ospitato un´emigrazione italiana differenziata e poco conosciuta.
www.mantovaninelmondo.com/storia/paraguay.htm
Commenti
Comme me pesa sta' capa oi nè
Pensatoio
nel titolo c'è "quelli come lui". Quelli che citi sono come lui.Un pò più ipocriti però.
purtroppo viviamo in un'epoca in cui le tensioni sociali vengono etnicizzate: si parla di immigrati che ci rubano i posti di lavoro, invece di parlare della crisi del mondo del lavoro, perchè è più comodo trovare un colpevole più debole da punire. questo è l'errore che fanno tanti politici e tanti mezzi di comunicazione: fanno diventare etnico un problema che in realtà è politico. di solito i maestri nel farlo sono i leghisti, ma anche i fasciti non scherzano.
se vi interessa questo aspetto, mi azzardo a consigliarvi la lettura di un breve saggio di marco aime, "eccessi di culture" (einaudi).
saluti,
Federica