Il comunismo che non c'è

Partiamo da un paio di definizioni:

« Il comunismo non è una dottrina ma un movimento; non muove da principi ma da fatti. I comunisti non hanno come presupposto questa o quella filosofia, ma tutta la storia finora trascorsa e specialmente i suoi attuali risultati reali nei paesi civili. »

(Friedrich Engels)

« Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. »

(Karl Marx e Friedrich Engels)

Senza entrare nel merito di quello che è stato il dibattito sulla storia e sulle conseguenze che questa esperienza ha avuto su di noi, possiamo dire che uno dei presupposti di un movimento che si rapporta idealmente a questa ideologia ed al suo fine "utopico" è riconoscere, nella storia dell'umanità, una tensione ed un procedere a balzi. Così come la capacità di dare forma a nuove esperienze ed a nuove letture di quello che concretamente si muove intorno a noi.

Possiamo però coglierle se non ci liberiamo da una certa ortodossia? questo sia nel mondo dell'economia reale, della politica che in quello dell'esperienza concreta e della forma che un "movimento rivoluzionario" deve assumere in funzione del mutare delle circostanze?

Il nostro punto di vista è viziato dalla nostra cultura "occidentale", dal mito del progresso che si attua attraverso l'espansione della industrializzazione e della produzione di beni e servizi, con all'interno gli ideali "laici" e "cattolici" che ne formano la struttura ideologica.

Sul fronte dei diritti e dell'emancipazione,riusciamo a riconoscerli solo se questi stanno all'interno del perimetro dato dalla nostra storia.
Una interessante annotazione su questo concetto è quello che ci fornisce Toni Negri quando parla della "dialettica della sovranità coloniale".

In questo paragrafo cita, come esempio, tre personaggi a loro modo vicini all'idea di progresso e giustizia sociale:il vescovo Las Casas, Toussaint l'Overtoure e Carlo Marx.

Scrive Toni Negri:
"Nello stesso tempo, però, un'inequivocabile vocazione missionaria si lega indissolubilmente al progetto umanitario del buon vescovo del Chiapas.Di fatto, Las Casas può pensare l'uguaglianza solo in termini di similitudine: i nativi sono uguali per natura agli europei solo nella misura in cui sono degli europei in potenza, il che significa dei potenziali cristiani"

"Egli riconosce che l'umanità è una, ma non vede che è anche- e simultaneamente- molteplice"

"Per Toussant, la rivoluzione non è solo la ricerca della libertà dal dominio europeo per fare ritorno in Africa,....Toussaint guarda avanti, verso quelle forme di libertà che un mondo sempre più interconnesso rendeva ormai disponibili"
"A volte, però, Toussaint si esprime come se l'idea di libertà fosse stata creata da francesi e come se lui ei suoi compagni fossero diventati liberi per volere di Parigi"

" Marx inizia subito ricordando la brutalità con cui la "civilizzazione inglese" fu introdotta in India e i tormenti provocati dalla rapacità del capitalismo e del governo britannico.Ma egli mette in guardia dal reagire ....dimenticando quella prodotta dalle tradizioni della società indiana.....A parere di Marx, in determinate circostanze, il capitale ha una funzione progressiva.Come per Touisaint, anche per Marx non ha alcun senso liberarsi dalla dominazione straniera per restaurare le anguste forme di oppressione tradizionali..L'India può progredire solo se si trasforma in società occidentale:il mondo intero può avanzare se segue le tracce dell'Europa.L'eurocentrismo di Marx non è poi tanto diverso da quello di Las Casas"

Sul fronte economico, pur riconoscendo la tensione di come è ineguale la divisione del "raccolto", ci manca il punto di riferimento di quella che dovrebbe essere la leva con cui scardinare lo stato di cose presente (la classe operaia è ridotta a feticcio e viene usata in termini corporativi).
Probabilmente se è vero che oggi la produzione di valore è dato dall'insieme della società nel suo muovere, è lì che bisogna guardare e lavorare "praticando" il comunismo che non c'è.
Sospendo questo post riportando (provocatoriamente) una intervista al leader dei Radiohead ed a come il concetto di "fruibilità" in funzione di ciò che possiamo dare, e ciò che possiamo fare può "concretamente" stravolgere le regole del gioco.

Da Repubblica
LONDRA - Thom Yorke, il leader dei Radiohead, è un artista così puro, che si fa scrupolo persino di andare in tournée per paura di... inquinare. "A Firenze, la mia meta preferita, vado sempre in treno con mia moglie e i bambini. Gli aerei avvelenano l'aria", dice l'artista, 39 anni, addentando il suo veggie burger in un pub londinese dove nessuna rockstar metterebbe mai piede. Come avrebbe potuto, uno come lui, continuare a far dischi senza porsi domande?

Il cantante che si è rifiutato d'incontrare Blair nella famosa tavola rotonda sul riscaldamento globale e ha detto di no a Paul McCartney che l'aveva invitato a suonare, ha fatto tremare l'industria discografica e il mondo del rock: lo scorso 10 ottobre i Radiohead hanno deciso di vendere on line le canzoni di In rainbows, il loro settimo album, accettando qualsiasi offerta (anche zero euro) per il download. Molti colleghi (Lily Allen, Pearl Jam) li hanno definiti arroganti; altri (Courtney Love, la cantante lirica Barbara Hendricks) stanno seguendo le loro orme.

Il disco (in cd e vinile) uscirà per un'etichetta indipendente (XL Recordings) il 28 dicembre, dopo Natale, contro ogni regola di mercato ("Solo perché molti non si accontentano delle canzoni scaricate, vogliono l'oggetto. Anch'io adoro il vinile"). Gli editorialisti inglesi li hanno quasi unanimemente condannati. E gli organizzatori dei Brit Awards non li hanno neppure presi in considerazione per un eventuale premio. I loro fan italiani avranno comunque modo di applaudirli il 18 giugno: unico concerto a Milano.

"Ma non è vera la notizia secondo la quale il 70% non ha pagato", protesta Thom "I dati li conosciamo solo noi. La prima settimana ci sono stati 1,2 milioni di download, a una media di 6 euro ognuno (circa il 50% ha pagato zero). Hanno detto che è stata una scelta radicale, ma date le circostanze era l'unica possibile. Quando hai finito di registrare un disco, se vuoi farlo arrivare subito all'ascoltatore, non hai altro mezzo che la rete. È un esperimento che i Radiohead si sono trovati in condizione di fare per una serie di circostanze fortunate. Tre in particolare: la scadenza del contratto discografico, il privilegio di avere uno zoccolo duro che li conosce e li apprezza, il fatto che la maggior parte dei loro fan ha familiarità con Internet".

La vostra decisione ha scatenato un putiferio. Qual era il vostro scopo?
"Dimostrare che non c'è bisogno di tutte queste infrastrutture per far arrivare la musica alla gente. Il processo industriale serve solo a sottrarre guadagni agli artisti e a rendere il disco sempre più costoso. Un tempo l'industria lavorava per far conoscere i giovani artisti, oggi invece le major tendono a eliminare chi non ha un riscontro commerciale immediato. Poco importa il talento, gli artisti vengono continuamente mortificati, umiliati".

Prima si diceva: l'industria sta uccidendo la musica. Oggi la stessa accusa è rivolta ai Radiohead.
"Nessuno sarà mai in grado di uccidere la buona musica, che troverà sempre un canale, magari sotterraneo, per esprimersi. Ma certamente il lungo processo che precede la pubblicazione di un disco, la politica che ci gira intorno e l'ego di alcuni artisti non giovano alla riuscita - artistica ed economica - del prodotto. Per questo, dalla nostra posizione privilegiata, non ce la siamo sentita di confrontarci di nuovo con l'industria".

Non deve essere stato facile farlo per quindici anni e sei album.
"A essere del tutto onesto, con la Emi non abbiamo mai avuto grossi problemi. Ci hanno sempre lasciato ampia libertà. Il nostro non è un gesto contro le persone con cui abbiamo lavorato, ma contro un sistema di acquisti e fusioni che ha portato alla creazione di queste maledette multinazionali. E nessuno si è preoccupato di venirci a raccontare quel che è successo, come se la cosa non riguardasse anche noi. Non siamo fottute scatole di biscotti!".

Ora è tutto sulle vostre spalle, il peso della creatività e quello del marketing.
"Le sembrerà sacrilego, ma io il marketing lo trovo quasi affascinante. Le questioni pubblicitarie sono di per sé così odiose che cercare di risolverle in maniera creativa è una sfida per un artista. Se riesci a non farti mettere soggezione dalla parola - marketing, bruttissima - puoi fregartene delle loro regole, e il gioco diventa divertente. Tutte quelle piccole pazzie che si possono cucire intorno alle canzoni, come il testo di Paranoid android scritto su un gigantesco poster".

Coerenza e onestà, prima di tutto. È questo il motivo per cui ha detto di no a McCartney?
"Paul mi ha chiesto di suonare il piano in una delle sue canzoni, ma non sono in grado di farlo, io so solo strimpellare. È stata sua figlia Stella, che è una nostra fan, a insistere: "Dai papà, chiamalo..."".

Ha mai rimpianto di non essere un protagonista de periodo aureo del rock, fine anni 60 primi anni 70, quando l'industria tollerava l'incoscienza degli artisti pur di non limitarne la creatività?
"È un'idea romantica, affascinante, ma ognuno è figlio del suo tempo. Al contrario di tanti musicisti dell'epoca, che sono stati letteralmente frodati dalle case discografiche, noi siamo entrati nel music business in maniera consapevole. Per questo ci teniamo stretta la nostra musica e siamo arrivati a questo punto prima di altri".

(3 dicembre 2007)

Commenti

Anonimo ha detto…
Quella dei Radiohead è un'eccezionale provocazione liberale.
mario ha detto…
Giò
Definire "liberale".Perchè i liberali non regalano nulla.
Per me è una azione concreta che produce effetti sulla possibilità di disporre in modo "democratico" di un bene.Una provocazione che cambia le regole.
Anonimo ha detto…
Mario, i Radiohead hanno fatto ciò che hanno fatto soprattutto perchè oggi i loro potenziali clienti dispongono di strumenti tecnologici (internet) con i quali ottenere in maniera semplice, veloce e gratuita qualsiasi prodotto digitilazzabile, senza temere conseguenze legali visto che le leggi sul copyright sono di fatto inapplicabili, in uno stato di diritto.
In Italia non è un caso che la lotta per la riforma delle leggi sul diritto d'autore sia stata fatta propria, tra gli altri, dai Radicali; ricordo una delle loro azioni di disobbedienza civile: convocarono la stampa, la guardia di finanza (per autodenunciarsi), e scaricarono illegalmente da internet un film (credo fosse blade runner) con un programma di file sharing. Le leggi sul copyright sulle quali oggi si fonda il business tradizionale dello spettacolo sono leggi che non possono essere applicate se non tramite pesanti attacchi alle libertà personali, le battaglie con le quali si combattono sono battaglie liberali. In questo senso l'iniziativa dei Radiohead, che nasce da una presa d'atto, secondo me è un'iniziativa liberale.
mario ha detto…
Gio,
quello che mi interessa non è tanto la strategia di Marketing dei radiohead ma il principio e la forza dirompente che un atto del genere ha.
Gli voglio dare un significato "ideologico" che a mio modo di vedere non è liberale (dal punto di vista economico) ma "rivoluzionario" per la possibiltà che offre di usufruire di un bene indipendentemente da una logica di mercato.
I radicali non credo siano molto interessati a questo, se non sbaglio sono "liberali" nei valori etici e liberisti in quelli economici.Poi ci possono essere battaglie sui principi e solo su alcuni.
Se al posto della musica ci mettiamo l'acqua? oppure la distribuzione del pane? o di come si distribuisce e si gode della ricchezza prodotta?Cosa dicono su questo i radicali?
Anonimo ha detto…
Pensare che la scelta dei Radiohead sia estranea alle logiche del mercato mi pare davvero ingenuo, secondo me vi rientra perfettamente, del resto la scelta di offrire gratuitamente sul web contenuti solitamente protetti da copyright sta diventando molto comune, ed i motivi per cui ciò avviene non ho dubbi che siano quelli che ho esposto nel commento precedente.

Per il resto, beni come l'acqua sono un'altra cosa, persino negli Stati Uniti la gestione dell'acqua è pubblica credo in tutti gli stati dell'unione (mi pare faccia eccezione solo la Pennsylvania, dove peraltro non credo si registrino particolari drammi).
Anonimo ha detto…
P.S. Io odio i Radiohead! :)
mario ha detto…
Gio,
diciamo che io prendo il gesto dei RH e lo uso (quindi lo esproprio da loro) per quello che mi interessa nella sua essenza (il gesto si libera dai RH e vive vita autonoma).
Poi provo a applicarlo in altre realtà concrete su altri oggetti dando forme alternative a come si produce e distribuisce. Costruisco (provo) nuove relazioni e nuovi valori ( o li modifico in parte).
Solo questo.
Dopo di che, scrivo un bel libro zeppo di teorie e di applicazioni empiriche e faccio il guru con i soldi che ho incassato. Ed ascolto i RH ed i PF.
Un saluto
Mario
p.s.
almeno uno lo abbiamo liberato dal gioco del capitale;-)
pietro ha detto…
I Radiohead hanno fatto un operazione di marketing reagalando una versione a bassa qualità delle loro canzoni e vendendo un box con LP, DVD e poster ad un prezzo esorbitante.
Anche dal punto di vista dell'essenza è un azione liberale e per niente di sinistra, non per niente anche le televisioni di Berlusconi sono sempre state gratuite.........
Anonimo ha detto…
mi scuso con te per non aver leto tutto.

dico solo una cosa: il comunismo come lotta politica è fallimentare. invece può avere un senso come pratica culturale. gli anarchici così fanno ora, e i comunisti così dovrebbero fare. anche perchè il confine tra anarchici e comunisti originari è veramente infima.

Rigitans'
http://blog.libero.it/rigitans
mario ha detto…
@pietro,
sarà come dici tu però fare lo sforzo di capire quello che si scrive?
Ho scritto che non mi interessa quella che è la logica commerciale (anche se la ritengo più furba di altre), mi interessa solo quello che voglio strumentalizzare di quello.
Potrà non starti bene ma il contenuto alle cose possiamo anche deciderlo di darlo noi, rovesciando anche il significato.
@Rigitans,
se fosse solo una battaglia fatta sui principi e sulla cultura direi di spendere in altro modo il tempo.
Non credo che ci si possa accontentare solo di quello. Anche perchè si diventa ipocriti. E si vive male.
meinong ha detto…
Non lo so.
Mi sembra una prospettiva ibrida.
Ma per me va bene tutto.
Quanto all'ortodossia io credo vada più che altro studiato bene il programma di ricerca marxista.
Poi si valuta.

Pensatoio
Anonimo ha detto…
Ottimo post, e ciò che affermi sull' ortodossia, in relazione alla prima citazione, è esattamente ciò che tanti "comunisti" dimenticano.
moltitudini

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