Il discorso di San Mastella e video di commento
Signor Presidente,
le considerazioni analitiche che avrei svolto in tutta la loro compiutezza le allego
alla sua attenzione e all’attenzione dei colleghi di quest’aula. Notizie di poche ore fa, di
quelle che tramano e sconvolgono la vita delle persone, annunciate al solito con
battage pubblicitario della stampa e finanche da qualche pamphlet editoriale che nelle
ultime pagine di un brillante giornalista aveva raccontato e profetizzato queste cose.
Mi fanno fare, ve ne chiedo scusa, un discorso forse molto diverso e certamente
diverso rispetto a quello che avevo maturato per le mie convinzioni e per il tratto di
funzionalità istituzionale che mi ha accompagnato in questa mia esperienza come
ministro Guardasigilli.
Vi parlo però Onorevoli Colleghi, col dolore nel cuore di chi sa che, a causa del suo
impegno pubblico, delle sue profonde convinzioni e delle sue idealità, si trova ad
essere colpito negli affetti più profondi, incredulo ed impotente.
Ho provato, ho creduto, ho sperato che la frattura tra magistratura e politica
potesse essere ricomposta, attraverso la dialettica, il confronto, il dialogo, l’incontro.
ESEMPIO DI DIDATTICA MASTELLIANA
In origine era un oscuro professore, da lì la sua abilità oratoria
Ma devo prendere atto che nonostante abbia lavorato giorno e notte per dimostrare la
mia credibilità e la mia buona fede di interlocutore affidabile per il mondo della
giustizia, oggi mi accorgo che sono stato invece percepito da frange estremiste come
un avversario da contrastare, se non addirittura come nemico da abbattere.
Ho creduto infatti, pur consapevole della estrema difficoltà di quella che alcuni
reputano una mission impossibile, di dover rifiutare la pericolosa tentazione di chi
vorrebbe indirizzare la Giustizia italiana verso la palude della rassegnazione e
dell’impotenza, suggerendo la ineluttabilità di un conflitto perenne e di
disfunzionamenti ormai cronici e ahimè irreversibili.
L’illusione di poterci riuscire mi ha fatto fare ogni sforzo, con un Parlamento mai
così fragile e incerto in tutta la mia trentennale esperienza d’Assemblea.
Ho avuto l’illusione di poter riformare l’ordinamento giudiziario in accordo con la
magistratura e nell’interesse del Paese. Ho avuto l’illusione che le soluzioni trovate per
migliorare l’efficienza, motivare il personale, ridurre costi dell’esposizione debitoria,
nonostante al mio arrivo a via Arenula non avessi trovato, non per responsabilità
alcuna, ma perché così era, né la benzina per le macchine, né la carta per i fax dei
magistrati, ho avuto l’illusione, lo ribadisco, che tutto ciò potesse essere prova della
mia onestà intellettuale e assenza di secondi fini.
LA MISSIONE DI SAN MASTELLA SECONDO SORDI
Il suo vicino il nostro caro amato paese
Ho avuto l’illusione di poter affermare con convinzione e senza riserve il valore,
fondamentale nel nostro assetto costituzionale, del principio dell’esclusiva soggezione
del giudice alla legge.
Soltanto – sottolineo soltanto – alla legge, ma almeno alla legge. In mancanza di
ciò, credevo e credo che è la base stessa su cui poggia l’autonomia e l’indipendenza
della magistratura ad essere messa a rischio e in discussione.
Queste mie convinzioni, purtroppo queste mie illusioni, oggi trovo frantumate
contro un muro di brutalità, di indisponibilità, di chiusure e di egoismi di parte.
Ho dedicato, e non per questo me ne rammarico, tutte le mie energie nell’ultimo
anno per affermare e dimostrare che ci si poteva riuscire, che tra i poteri e le
istituzioni il dialogo avrebbe premiato, convinto come sono, nella mia coscienza
ispirata dalla fede, che solo nell’incontro e nella relazione con l’altro si trova la
soluzione. Oggi qui le mie certezze vacillano, e con esse la mia storia di politico aperto
al dialogo e all’altro si trova in una crisi profonda.
Non si illudano però coloro che confidano nello sconforto, coloro che credono che le
ferite sul piano personale e sentimentale possano essere determinanti per farmi
cambiare idea e percorso.
Lo sapevamo, ce l’ha insegnato Aldo Moro, che non siamo chiamati a preservare un
ordine semplicemente rassicurante. Lo sapevamo che nello sfidare l’ordinaria
grettezza saremmo potuti rimanere impigliati nella palude degli egoismi, delle
diffidenze e delle cattiverie.
Mentre ero dedito a questo lavoro, modesto certo, lo so, ma pieno di granitica
sincerità, è iniziato un tiro al bersaglio nei miei confronti, quasi una ostinata caccia
all’uomo, un’autentica persecuzione umana, Sono state utilizzate centrali d’ascolto con
corsie privilegiate ogni qualvolta nel computer si accendeva la spia – mai parola fu più
usata a proposito – che segnalava il mio nome o quello dei miei amici. Tutta la mia
famiglia è stata in questo periodo intercettata.
MASTELLA LA FAMIGLIA ED I COMPUTER INTERNO E NATURA MORTA
Della serie i figli sò piez e core (e strunz!).Però fanno carriera senza capire un cazzo
Siamo così diventati, anche come partito, in quel di Potenza un partito di tale
rilevanza quanto ad intercettazioni subite, da poter superare, colleghi della
maggioranza e dell’opposizione, agevolmente la soglia di sbarramento di qualsiasi
percentuale elettorale. Eppure ho resistito a tutto questo.
Ho resistito a tutto questo forte della mia passione politica, delle mie convinzioni
del modo in cui si tenta di superare in sintesi anche contrasti e antagonismi
permanenti. Ma per delegittimarmi è bastato che un piccolo nucleo di magistrati, per
alcuni dei quali l’integrità è contestata da altri magistrati, dello stesso distretto, quelli
che hanno operato in questa vicenda.
E’ bastato che questo gruppetto innescasse un congegno violento, privo di obiettivi
e riscontri nella realtà, confondendo ciò che è tipico della politica anche in maniera
distorta, lo riconosco, ma che rivendico alla politica e ai conflitti interni della politica,
ai riti della politica, è bastato tutto questo per puntare al cuore con un pregiudizio che
desse l’idea di un sistema di potere in Campania da combattere, travisando realtà e
norme penali, per interrompere il mio lavoro. Avevo resistito nel fortino personale,
saldo in questa certezza nelle mie convinzioni, a tutte queste scorribande corsare
contro di me, contro la mia vita personale e politica con l’intento dichiarato di creare
panico e terrore tra i miei sostenitori i cui ideali ad ispirazione cristiana forse ancora,
chissà, creano motivo di preoccupazione politica.
Ora però, rispetto a componenti di un ordine che disinvoltamente hanno il
vantaggio, perché non riconoscerlo, di poter fare e di poter decidere dei tuoi destini
prescindendo dalla tua volontà e dai tuoi comportamenti; rispetto all’imprevedibile
apertura di varchi che toccano i miei affetti, la mia famiglia, mia moglie, getto la
spugna.
E’ la prima volta, confesso, che ho paura.
Ho combattuto la mia battaglia fin quando il combattimento era alla pari, leale e
non arrivavano colpi bassi e imprevisti, perché dalla tua condotta politica nulla
lasciava presagire, nonostante il mio temperamento, i miei eccessi un po’ barocchi, il
mio stile inconfondibile, il mio, eccessivo forse, lo riconosco, è bastato tutto questo e
nulla lo lasciava presagire rispetto a questo un concertato volume di fuoco per
distruggere la tua persona, la tua dignità, i tuoi valori.
Oggi tocca a me, in precedenza è toccato ad altri, tocca ai cittadini italiani per
questo potere straordinario che un ordine rispetto ad altri ha stabilito per sé.
Non fosse per il fatto, Onorevoli Colleghi, che patior ergo sum, soffro
ontologicamente con me stesso, tutto mi appare irreale, innaturale fuori da ogni logica
che si componga con la vita politica fatta anche di scontri, di rivalse, di umori, di
indicazioni, di nomine, ma perché quelle che fanno i politici sono illecite e quelle che
fanno i magistrati sono lecite?
Non è possibile che il potere di vita e di morte pubblica, di vita e di morte di un
Governo, possa appartenere oggi a questo pacchetto di mischia giudiziaria, in altre
circostanze ad altri pacchetti di mischia, senza che tutto questo avvenga, senza come
in questo caso, nel caso della mia famiglia, senza essere ascoltati, senza una
controprova, senza una richiesta di spiegazioni, in attesa di un giudizio che non si sa
né come né quando arriverà.
Questo criterio di valutazione ideologica non è mio ed appartiene per fortuna ad
una componente minoritaria, riconosco, della magistratura. Si tratta di un
neogiustizialismo che ho combattuto, che ha fatto capolino negli ultimi tempi della
storia giudiziaria del nostro Paese e che è soltanto intento a decretare l’umiliazione
umana, mediatica e politica di chi è contro di loro.
E qualora questo pacchetto di mischia si fosse sbagliato? Chi ripagherà un domani
la mia famiglia e la mia famiglia politica di questa umiliazione subita?
Le tante famiglie italiane, centinaia di migliaia che subiscono queste umiliazioni e
queste ferite?
E se eventualmente salissero in quota responsabilità per un opera di demolizione
eterodiretta tesa a scardinare il presunto sistema di potere, chi ne risponderà? E a chi
costoro risponderanno?
Oggi a me in questa giornata, confesso, molto molto particolare mi è dato solo
prendere atto di questa scientifica trappola che mi è stata mediaticamente prima e
giudiziariamente dopo tesa in modo vile ed ignobile.
Così come è altrettanto vile e ignobile prendere in ostaggio mia moglie cui voglio
un mondo di bene e a cui rinnovo il mio affetto e che si esalta in una vita comune e
che sperimenta anche nella sofferenza il valore della famiglia.
Per questo non posso consentirmi, proprio, per quest’ostaggio, né torsioni né
movimenti scomposti che apparirebbero come irregolari e non in linea con il rispetto
che si deve ad un giudizio di cui si è serenamente in attesa.
Nessuno si illuda, però. Da altre postazioni continuerò, continueremo a combattere
la nostra battaglia, con un’esperienza e con delle ferite in più, consapevoli di essere
arrivati al vero nodo della democrazia – lo scontro sotterraneo e violentissimo tra i
poteri – avendo subito ora, da Ministro della Giustizia, quello che dopo 30 anni di
specchiata carriera politica non ho mai subito e non avrei mai immaginato. In questi
pochi mesi ho avuto il triplo di avvisi di garanzia che mai ho avuto nella mia vita di
trent’anni di vita parlamentare politica ed umana.
Continuerò però insieme a tutti coloro i quali vorranno crederci, e che avranno la
speranza di chi, come me, è cresciuto ed ha imparato ad essere certo del bene, anche
quando, colpiti dall’ingiustizia e dalla violenza lo si intravede molto molto in
lontananza ed appare opaco.
Mi dimetto dunque, Onorevoli Colleghi mi dimetto, perché tra l’amore per la mia
famiglia e il potere scelgo il primo.
Io, questo onnipotente Mastella, sceglie il primo.
Avrei potuto operare sottili distinguo giuridici restando al mio posto.
Mi dimetto per essere più libero umanamente e politicamente, mi dimetto sapendo
che un’ingiustizia enorme è la fonte inquinata di un provvedimento perseguito con
ostinazione da un procuratore che l’ordinamento manda a casa per limiti di mandato e
per questo me ne addebita la colpa. Colpa che invece non ravvisa nell’esercizio
domestico delle sue funzioni per altre vicende che lambiscono suoi stretti parenti e
delle quali è bene che finalmente il CSM se ne occupi per dignità.
Mi dimetto riaprendo la questione delle intercettazioni assai spesso manipolate, a
volte estrapolate ad arte, assai spesso divulgate senza alcun riguardo per la
riservatezza dei cittadini e per la libertà della persona umana.
Mi dimetto perché ritengo, anche dopo la mia dolorosa esperienza, che vada
recuperata la responsabilità perlomeno civile dei magistrati, sulla scorta della
giurisprudenza della Corte di Giustizia di Strasburgo.
Ho trovato, lo riconosco, nel corso della mia attività istituzionale intensa una
stragrande maggioranza di magistrati seri e imparziali, ma mi sono imbattuto anche in
alcuni che fanno del pregiudizio, soprattutto contro la politica ed i politici, la ragion di
vita della loro attività professionale.
Come ci si può difendere però da questi il cui potere di interdizione, di vita e di
morte, di delegittimazione appare senza confini?
Mi dimetto per senso dello Stato e lo faccio senza tentennamenti in fondo avrei
potuto restare al mio posto.
Un Ministro della Giustizia che non è in grado di difendere neppure la moglie
dall’assalto violento ed ingiusto di accuse balorde e non riesce ad evitarne neppure
l’arresto ai domiciliari non è certo in grado di inquinare prove perché è talmente
risibile il proprio potere che lo si può lasciare tranquillamente al proprio posto.
Mi dimetto dunque per riaprire una questione fondamentale e democratica, di
emergenza democratica tra la politica e la magistratura.
Anche perché, come ha scritto Fedro: “Gli umili soffrono quando i potenti si
combattono”, grazie.
COMMENTO FINALE: MASTELLA SO CAZZI TUOI
Chiave di lettura:
ambientazione: parlamento o consigli di vario genere (comune/regione etc.)
protagonisti: classe dirigente
morale: ghigliottina unica speranza?
le considerazioni analitiche che avrei svolto in tutta la loro compiutezza le allego
alla sua attenzione e all’attenzione dei colleghi di quest’aula. Notizie di poche ore fa, di
quelle che tramano e sconvolgono la vita delle persone, annunciate al solito con
battage pubblicitario della stampa e finanche da qualche pamphlet editoriale che nelle
ultime pagine di un brillante giornalista aveva raccontato e profetizzato queste cose.
Mi fanno fare, ve ne chiedo scusa, un discorso forse molto diverso e certamente
diverso rispetto a quello che avevo maturato per le mie convinzioni e per il tratto di
funzionalità istituzionale che mi ha accompagnato in questa mia esperienza come
ministro Guardasigilli.
Vi parlo però Onorevoli Colleghi, col dolore nel cuore di chi sa che, a causa del suo
impegno pubblico, delle sue profonde convinzioni e delle sue idealità, si trova ad
essere colpito negli affetti più profondi, incredulo ed impotente.
Ho provato, ho creduto, ho sperato che la frattura tra magistratura e politica
potesse essere ricomposta, attraverso la dialettica, il confronto, il dialogo, l’incontro.
ESEMPIO DI DIDATTICA MASTELLIANA
In origine era un oscuro professore, da lì la sua abilità oratoria
Ma devo prendere atto che nonostante abbia lavorato giorno e notte per dimostrare la
mia credibilità e la mia buona fede di interlocutore affidabile per il mondo della
giustizia, oggi mi accorgo che sono stato invece percepito da frange estremiste come
un avversario da contrastare, se non addirittura come nemico da abbattere.
Ho creduto infatti, pur consapevole della estrema difficoltà di quella che alcuni
reputano una mission impossibile, di dover rifiutare la pericolosa tentazione di chi
vorrebbe indirizzare la Giustizia italiana verso la palude della rassegnazione e
dell’impotenza, suggerendo la ineluttabilità di un conflitto perenne e di
disfunzionamenti ormai cronici e ahimè irreversibili.
L’illusione di poterci riuscire mi ha fatto fare ogni sforzo, con un Parlamento mai
così fragile e incerto in tutta la mia trentennale esperienza d’Assemblea.
Ho avuto l’illusione di poter riformare l’ordinamento giudiziario in accordo con la
magistratura e nell’interesse del Paese. Ho avuto l’illusione che le soluzioni trovate per
migliorare l’efficienza, motivare il personale, ridurre costi dell’esposizione debitoria,
nonostante al mio arrivo a via Arenula non avessi trovato, non per responsabilità
alcuna, ma perché così era, né la benzina per le macchine, né la carta per i fax dei
magistrati, ho avuto l’illusione, lo ribadisco, che tutto ciò potesse essere prova della
mia onestà intellettuale e assenza di secondi fini.
LA MISSIONE DI SAN MASTELLA SECONDO SORDI
Il suo vicino il nostro caro amato paese
Ho avuto l’illusione di poter affermare con convinzione e senza riserve il valore,
fondamentale nel nostro assetto costituzionale, del principio dell’esclusiva soggezione
del giudice alla legge.
Soltanto – sottolineo soltanto – alla legge, ma almeno alla legge. In mancanza di
ciò, credevo e credo che è la base stessa su cui poggia l’autonomia e l’indipendenza
della magistratura ad essere messa a rischio e in discussione.
Queste mie convinzioni, purtroppo queste mie illusioni, oggi trovo frantumate
contro un muro di brutalità, di indisponibilità, di chiusure e di egoismi di parte.
Ho dedicato, e non per questo me ne rammarico, tutte le mie energie nell’ultimo
anno per affermare e dimostrare che ci si poteva riuscire, che tra i poteri e le
istituzioni il dialogo avrebbe premiato, convinto come sono, nella mia coscienza
ispirata dalla fede, che solo nell’incontro e nella relazione con l’altro si trova la
soluzione. Oggi qui le mie certezze vacillano, e con esse la mia storia di politico aperto
al dialogo e all’altro si trova in una crisi profonda.
Non si illudano però coloro che confidano nello sconforto, coloro che credono che le
ferite sul piano personale e sentimentale possano essere determinanti per farmi
cambiare idea e percorso.
Lo sapevamo, ce l’ha insegnato Aldo Moro, che non siamo chiamati a preservare un
ordine semplicemente rassicurante. Lo sapevamo che nello sfidare l’ordinaria
grettezza saremmo potuti rimanere impigliati nella palude degli egoismi, delle
diffidenze e delle cattiverie.
Mentre ero dedito a questo lavoro, modesto certo, lo so, ma pieno di granitica
sincerità, è iniziato un tiro al bersaglio nei miei confronti, quasi una ostinata caccia
all’uomo, un’autentica persecuzione umana, Sono state utilizzate centrali d’ascolto con
corsie privilegiate ogni qualvolta nel computer si accendeva la spia – mai parola fu più
usata a proposito – che segnalava il mio nome o quello dei miei amici. Tutta la mia
famiglia è stata in questo periodo intercettata.
MASTELLA LA FAMIGLIA ED I COMPUTER INTERNO E NATURA MORTA
Della serie i figli sò piez e core (e strunz!).Però fanno carriera senza capire un cazzo
Siamo così diventati, anche come partito, in quel di Potenza un partito di tale
rilevanza quanto ad intercettazioni subite, da poter superare, colleghi della
maggioranza e dell’opposizione, agevolmente la soglia di sbarramento di qualsiasi
percentuale elettorale. Eppure ho resistito a tutto questo.
Ho resistito a tutto questo forte della mia passione politica, delle mie convinzioni
del modo in cui si tenta di superare in sintesi anche contrasti e antagonismi
permanenti. Ma per delegittimarmi è bastato che un piccolo nucleo di magistrati, per
alcuni dei quali l’integrità è contestata da altri magistrati, dello stesso distretto, quelli
che hanno operato in questa vicenda.
E’ bastato che questo gruppetto innescasse un congegno violento, privo di obiettivi
e riscontri nella realtà, confondendo ciò che è tipico della politica anche in maniera
distorta, lo riconosco, ma che rivendico alla politica e ai conflitti interni della politica,
ai riti della politica, è bastato tutto questo per puntare al cuore con un pregiudizio che
desse l’idea di un sistema di potere in Campania da combattere, travisando realtà e
norme penali, per interrompere il mio lavoro. Avevo resistito nel fortino personale,
saldo in questa certezza nelle mie convinzioni, a tutte queste scorribande corsare
contro di me, contro la mia vita personale e politica con l’intento dichiarato di creare
panico e terrore tra i miei sostenitori i cui ideali ad ispirazione cristiana forse ancora,
chissà, creano motivo di preoccupazione politica.
Ora però, rispetto a componenti di un ordine che disinvoltamente hanno il
vantaggio, perché non riconoscerlo, di poter fare e di poter decidere dei tuoi destini
prescindendo dalla tua volontà e dai tuoi comportamenti; rispetto all’imprevedibile
apertura di varchi che toccano i miei affetti, la mia famiglia, mia moglie, getto la
spugna.
E’ la prima volta, confesso, che ho paura.
Ho combattuto la mia battaglia fin quando il combattimento era alla pari, leale e
non arrivavano colpi bassi e imprevisti, perché dalla tua condotta politica nulla
lasciava presagire, nonostante il mio temperamento, i miei eccessi un po’ barocchi, il
mio stile inconfondibile, il mio, eccessivo forse, lo riconosco, è bastato tutto questo e
nulla lo lasciava presagire rispetto a questo un concertato volume di fuoco per
distruggere la tua persona, la tua dignità, i tuoi valori.
Oggi tocca a me, in precedenza è toccato ad altri, tocca ai cittadini italiani per
questo potere straordinario che un ordine rispetto ad altri ha stabilito per sé.
Non fosse per il fatto, Onorevoli Colleghi, che patior ergo sum, soffro
ontologicamente con me stesso, tutto mi appare irreale, innaturale fuori da ogni logica
che si componga con la vita politica fatta anche di scontri, di rivalse, di umori, di
indicazioni, di nomine, ma perché quelle che fanno i politici sono illecite e quelle che
fanno i magistrati sono lecite?
Non è possibile che il potere di vita e di morte pubblica, di vita e di morte di un
Governo, possa appartenere oggi a questo pacchetto di mischia giudiziaria, in altre
circostanze ad altri pacchetti di mischia, senza che tutto questo avvenga, senza come
in questo caso, nel caso della mia famiglia, senza essere ascoltati, senza una
controprova, senza una richiesta di spiegazioni, in attesa di un giudizio che non si sa
né come né quando arriverà.
Questo criterio di valutazione ideologica non è mio ed appartiene per fortuna ad
una componente minoritaria, riconosco, della magistratura. Si tratta di un
neogiustizialismo che ho combattuto, che ha fatto capolino negli ultimi tempi della
storia giudiziaria del nostro Paese e che è soltanto intento a decretare l’umiliazione
umana, mediatica e politica di chi è contro di loro.
E qualora questo pacchetto di mischia si fosse sbagliato? Chi ripagherà un domani
la mia famiglia e la mia famiglia politica di questa umiliazione subita?
Le tante famiglie italiane, centinaia di migliaia che subiscono queste umiliazioni e
queste ferite?
E se eventualmente salissero in quota responsabilità per un opera di demolizione
eterodiretta tesa a scardinare il presunto sistema di potere, chi ne risponderà? E a chi
costoro risponderanno?
Oggi a me in questa giornata, confesso, molto molto particolare mi è dato solo
prendere atto di questa scientifica trappola che mi è stata mediaticamente prima e
giudiziariamente dopo tesa in modo vile ed ignobile.
Così come è altrettanto vile e ignobile prendere in ostaggio mia moglie cui voglio
un mondo di bene e a cui rinnovo il mio affetto e che si esalta in una vita comune e
che sperimenta anche nella sofferenza il valore della famiglia.
Per questo non posso consentirmi, proprio, per quest’ostaggio, né torsioni né
movimenti scomposti che apparirebbero come irregolari e non in linea con il rispetto
che si deve ad un giudizio di cui si è serenamente in attesa.
Nessuno si illuda, però. Da altre postazioni continuerò, continueremo a combattere
la nostra battaglia, con un’esperienza e con delle ferite in più, consapevoli di essere
arrivati al vero nodo della democrazia – lo scontro sotterraneo e violentissimo tra i
poteri – avendo subito ora, da Ministro della Giustizia, quello che dopo 30 anni di
specchiata carriera politica non ho mai subito e non avrei mai immaginato. In questi
pochi mesi ho avuto il triplo di avvisi di garanzia che mai ho avuto nella mia vita di
trent’anni di vita parlamentare politica ed umana.
Continuerò però insieme a tutti coloro i quali vorranno crederci, e che avranno la
speranza di chi, come me, è cresciuto ed ha imparato ad essere certo del bene, anche
quando, colpiti dall’ingiustizia e dalla violenza lo si intravede molto molto in
lontananza ed appare opaco.
Mi dimetto dunque, Onorevoli Colleghi mi dimetto, perché tra l’amore per la mia
famiglia e il potere scelgo il primo.
Io, questo onnipotente Mastella, sceglie il primo.
Avrei potuto operare sottili distinguo giuridici restando al mio posto.
Mi dimetto per essere più libero umanamente e politicamente, mi dimetto sapendo
che un’ingiustizia enorme è la fonte inquinata di un provvedimento perseguito con
ostinazione da un procuratore che l’ordinamento manda a casa per limiti di mandato e
per questo me ne addebita la colpa. Colpa che invece non ravvisa nell’esercizio
domestico delle sue funzioni per altre vicende che lambiscono suoi stretti parenti e
delle quali è bene che finalmente il CSM se ne occupi per dignità.
Mi dimetto riaprendo la questione delle intercettazioni assai spesso manipolate, a
volte estrapolate ad arte, assai spesso divulgate senza alcun riguardo per la
riservatezza dei cittadini e per la libertà della persona umana.
Mi dimetto perché ritengo, anche dopo la mia dolorosa esperienza, che vada
recuperata la responsabilità perlomeno civile dei magistrati, sulla scorta della
giurisprudenza della Corte di Giustizia di Strasburgo.
Ho trovato, lo riconosco, nel corso della mia attività istituzionale intensa una
stragrande maggioranza di magistrati seri e imparziali, ma mi sono imbattuto anche in
alcuni che fanno del pregiudizio, soprattutto contro la politica ed i politici, la ragion di
vita della loro attività professionale.
Come ci si può difendere però da questi il cui potere di interdizione, di vita e di
morte, di delegittimazione appare senza confini?
Mi dimetto per senso dello Stato e lo faccio senza tentennamenti in fondo avrei
potuto restare al mio posto.
Un Ministro della Giustizia che non è in grado di difendere neppure la moglie
dall’assalto violento ed ingiusto di accuse balorde e non riesce ad evitarne neppure
l’arresto ai domiciliari non è certo in grado di inquinare prove perché è talmente
risibile il proprio potere che lo si può lasciare tranquillamente al proprio posto.
Mi dimetto dunque per riaprire una questione fondamentale e democratica, di
emergenza democratica tra la politica e la magistratura.
Anche perché, come ha scritto Fedro: “Gli umili soffrono quando i potenti si
combattono”, grazie.
COMMENTO FINALE: MASTELLA SO CAZZI TUOI
Chiave di lettura:
ambientazione: parlamento o consigli di vario genere (comune/regione etc.)
protagonisti: classe dirigente
morale: ghigliottina unica speranza?
Commenti
Il Marchese del Grillo me lo vedo sempre.