Chi è pronto a momenti di sacrifici?


Era il 1887, il26 gennaio.La targa nella fotografia parla di quattro soldati siciliani che quel giorno morirono a Dogali, in Eritrea, insieme ad altri 400 compagni.
Li possiamo immaginare nella canicola provare a resistere.Ad impedire che la morte si presentasse lì ad aspettare la fine del loro viaggio.
Come sarà stata la loro vita non lo sappiamo.Quale la loro classe sociale solo immaginare.Forse "cafoni" con le mani callose, o muratori o gente destinata ad emigrare per trovare fortuna ed un'altra vita.
Quello che leggiamo sono le solite parole tronfie della retorica dei buoni contro i "barbari" abissini.
Cosa avranno avuto da gioire le madri al "novo esempio d'eroismo" non lo sappiamo.
Pensiamo che abbiano pianto, al contrario, la mancanza di braccia in grado di sfamare le loro famiglie.
C'è una retorica che anticipa di un po' quella degli otto milioni di baionette e che fa da prologo alla mattanza della guerra del 1915.
Un modo di raccontare la fine degli ultimi solo quando hanno assolto alla loro funzione di carne da macello per chi governa.

Un modo che non troviamo quando si tratta di celebrare altri tipi di eroi.
E' il caso di 5 ragazzi anarchici che morirono tragicamente in un "incidente"stradale.

Il 26 settembre 1970 cinque anarchici tra i 18 e i 26 anni di età morirono in un tremendo incidente stradale alle porte di Roma.

"Volevano manifestare contro la visita del presidente americano Nixon nella capitale, si scrisse; andavano a consegnare un dossier di controinformazione, dissero altri.

Sulla vicenda dei cinque ragazzi si aprirono numerose polemiche: “agitatori capelloni” per alcuni, “compagni” morti per difendere la verità per altri. In città e negli ambienti anarchici iniziarono a rincorrersi le voci: troppi elementi fuori posto, la dinamica dell’incidente mai esattamente ricostruita, strane coincidenze mai chiarite.

Sono anni travagliati: i ragazzi muoiono in un’Italia che, appena nove mesi prima, ha conosciuto l’orrore di piazza Fontana, dopo un’intensa stagione di scontri sociali; muoiono in un paese confuso, mentre il “mostro” Valpreda è ancora in carcere e in altre stanze pare si stia preparando- di lì a due mesi- un colpo di stato.

Dopo breve tempo, però, sui cinque giovani cala il silenzio. E la storia di Giovanni Aricò, di sua moglie Annelise Borth, in attesa di un bimbo, dell’anarchico pittore Angelo Casile, di Francesco Scordo e di Luigi Lo Celso rimane un ricordo privato delle famiglie.

Nel 1993 il pentito Giacomo Ubaldo Lauro, nel corso dell’inchiesta Olimpia, torna a parlare di quella vecchia storia dimenticata. Racconta di come quella morte, in realtà, possa avere una spiegazione, parla di conversazioni a proposito dei presunti mandanti; voci, appunto, non sufficienti, però,a riaprire il caso."


Nella loro breve vita si sono occupati di controinformazione, forse per quello non ci sono più.I lati oscuri della vicenda, che voglio qui ricordare, rimandano ad un'Italia in cui lo stragismo e la strategia della tensione dettavano l'agenda politica.Anni in cui la prudenza del PCI, la sua politica alla ricerca di un equilibrio in grado di garantirne la legittimità "democratica" si lasciavano alle spalle le scorie di una generazione per nulla disposta a chinare la schiena o, semplicemente,a voltarsi dall'altra parte.

"L’incidente di Ferentino nel quale persero la vita i cinque ragazzi fu, come abbiamo visto, rapidamente archiviato. Non sussisteva, secondo chi svolse le indagini, alcuna responsabilità da parte dell’autista dell’autotreno o di ignoti. Restano tuttavia alcune zone d’ombra che, nel corso degli anni, hanno alimentato i dubbi di chi non ha mai creduto alla tesi dell’incidente.

“In Italia va di moda l’incidente”: così si intitolava un articolo di Camilla Cederna che illustrava come nei mesi successivi la strage di piazza Fontana numerosi testimoni o persone in qualche modo legate alla vicenda persero la vita in misteriosi scontri d’auto. Elementi di varia natura, coincidenze, sospetti…non è certo questa la sede per giudicare, ma è senz’altro corretto esporli, lasciando sospesa ogni valutazione sulla loro attendibilità.

Le prime coincidenze riguardano la figura di Junio Valerio Borghese, che appare in maniera inquietante sullo sfondo in più occasioni.

I fratelli Aniello risultano essere suoi dipendenti; in secondo luogo l’incidente avviene in vista del castello di Artena, di proprietà del principe Borghese. Nello stesso punto, otto anni prima, era morta in un incidente d’auto la moglie del comandante della Decima Mas, la nobile russa Daria Osluscieff, e nella stessa occasione era rimasto ucciso Ferruccio Troiani, il giornalista che l’accompagnava: stesso incidente d’auto nello stesso punto.

Ancora più inquietanti appaiono però le dichiarazioni del pentito Giuseppe Albanese:“L’avvocato Barbalace di Pizzo Calabro, durante la comune detenzione nel carcere di Lecce, ebbe a confidarmi che i giovani anarchici erano stati uccisi da una squadra che era alle dipendenze del principe Borghese. Aggiunse che quello stesso sistema era stato utilizzato per eliminare una parente scomoda dello stesso Borghese”. Queste parole si aggiungono alle affermazioni dei pentiti dell’operazione Olimpia, di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti. Cosa c’è di vero in queste frasi?

E ancora, irapporti dell’incidente della polizia stradale sono firmati da Crescenzio Mezzana, che pochi mesi più tardi si precipiterà a Roma per partecipare al golpe di Junio Valerio Borghese.

Dieci giorni prima dell’incidente di Ferentino, inoltre, viene ucciso a Palermo il giornalista Mauro De Mauro, marò della X Mas; dopo la sua scomparsa molti affermarono che fossevenuto a conoscenza delle collusioni tra la mafia siciliana e i piani di realizzazione del colpo di stato diretto da Borghese. Dalla tessera ferroviaria di Casile risulta che il ragazzo aveva compiuto nell’estate 1970 numerosi viaggi proprio a Palermo: è possibile che anche l’anarchico stesse seguendo una traccia simile a quella di De Mauro? Cosa stava accadendo a Palermo in quei mesi tanto da richiamare tutta questa attenzione?

Infine, esiste un’informativa del controspionaggio su quello che è successo a Ferentino: il documento però, contro ogni logica, è compilata dal controspionaggio di Palermo, diretto nel settembre 1970 dal colonnello Bonaventura, braccio destro del generale Miceli, accusato di aver partecipato ad alcune riunioni a Roma come referente dei servizi deviati siciliani.

Nel novembre 2001 Aldo Giannuli, consulente della commissione stragi, consegna una relazione al tribunale di Brescia: sostiene di avere identificato una nuova struttura clandestina parallela ai servizi segreti, attiva dal secondo dopoguerra fino agli anni Settanta, denominata come “Noto servizio”. La struttura era stata fondata da un gruppo di ex repubblichini riuniti attorno alla figura di Junio Valerio Borghese, e può contare su un gruppetto di “specialisti” in grado di simulare incidenti stradali, eliminando così elementi scomodi." fonte:http://www.lsdi.it/dossier/anarchici/



Era l'epoca in cui Almirante parlava in questo modo


Oggi siamo in un periodo in cui fascisti imprenditori vengono ricevuti dal prossimo presidente del consiglio il giorno in cui è ricorso l'anniversario della liberazione,un periodo nel quale è difficile muovere passi che non siano condotti all'interno di una "dialettica" istituzionale e codificata, tempi nei quali qualsiasi cosa diremo o faremo passerà al vaglio di un'informazione nelle mani di pochi.Il tutto con l'accondiscendenza di chi ha permesso, senza un minimo di resistenza degna di questo nome, che tutto ciò accadesse.

Sono convinto che arriveranno altre lapidi a celebrare "cafoni" morti lontani da casa.La voglia di essere presenti dove è "strategicamente necessario per i nostri interessi", come ha detto l'ex compagno Violante a proposito della necessità di rafforzare la presenza italiana in Afghanistan,mi inducono ad immaginare un futuro prossimo venturo non molto diverso da ciò che si celebra su quella targa di marmo del 1887.

Cosa ne sarà di noi, cosa ci aspetta sul fronte della lotta? Tutto sembra indicare un periodo in cui potremo contare solo su noi stessi.Dovremo fare i conti con chi si scandalizza per frasi urlate e vive con la testa sotto la sabbia il suo presente.Oggi se ci si vuole opporre bisogna sapere che il prezzo sarà molto alto, si pagherà in termini di libertà negata, in emarginazione sui luoghi di lavoro e nella società.Quanto più saremo in grado di tessere la nostra tela fatta di relazioni e di luoghi in cui fare politica, tanto meno sarà efficace la loro egemonia culturale.C'è un filo rosso tra avvenimenti così distanti e noi, oggi.Il bivio tra essere carne da macello e da consumo indifferenti a tutto o gente pronta a mettersi in gioco. A qualsiasi costo.Niente di nuovo, come al solito.




Commenti

Anonimo ha detto…
Un abbraccio


Italo
Cloroalclero ha detto…
mi associo all'abbraccio di Italo
Ciao
cloro
Anonimo ha detto…
potremmo contare solo su noi stessi..appunto, mentre legevo quella riga, pensavo ciò che ho poi letto dopo nel finale.
Niente di nuovo, appunto.

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