La Resistenza ed i conti delle elezioni a Torino


E così è finita come sapevamo. Nel nostro piccolo, qui a Torino, abbiamo vinto.L'affluenza al voto è passata dall' 83,4% del 2006 al 78,42% di ieri. Solo al Senato, al momento, le schede bianche o nulle sono passate da 12.000 a 14.000. Il quartiere che ha registrato il maggior astensionismo è Mirafiori(quello degli operai per intenderci) dove è stato del 24% contro il 17% del 2006.
Andiamo adesso ai numeri e vediamo cosa è accaduto e perchè non ci stracciamo le vesti ma, al contrario, pensiamo che sia solo il caso di rimboccarci le maniche ed iniziare a raccogliere quello che inevitabilmente il Veltrusconismo seminerà da qui a poco.

Scriverò solo dei numeri della camera di Torino (per oggi) perché è il ramo del parlamento per cui vota più gente.
Le schede valide sono state 540.702 contro le 578.368 del 2006 (-37.666).
I geni del partito democratico hanno raccattato 208.997 voti contro i 213.328 del 2006 (-4331).
Miracoli della statistica, pur raccogliendo in valore assoluto di meno, rappresentano il 39,37% contro il 36,7% del 2006 (ah, questi numeri).
Il questurino Di Pietro passa da 17.256 a 35.931 voti.
Veniamo al tappo ramato.
La somma di Forza Italia e AN che nel 2006 poteva contare su 184.890 (sorpresa, sorpresa) passa a 167.556 voti nel 2008.Anche qui la statistica fa un miracolo dei suoi, la percentuale sul 100 non cambia nonostante la perdita di quasi 20.000 voti.
La lega Nord passa da 18.462 voti a 34.648 voti.Insieme al questurino sono i veri vincitori.
La sinistra arcobaleno, che nel 2006 tra tutti aveva circa 74.000 voti a Torino,nel 2008 ne raccoglie 22.283, un disastro (compagno Bertinotti dei miei coglioni, te ed il testa di cazzo che ti fa da segretario. ma come si fa a venire a parlare alla porta 2 di Mirafiori con l'auto blu e la scorta?).
Tra sinistra critica e Ferrando prendono 6.800 voti.
Ora possiamo inventarci tutte le analisi sociologiche di questo mondo, fare una minuziosa raccolta dei dati e sgrossare quelli che ci sono per cercare di capire ma, penso, che una prima lettura ci dice che chi non ha rinunciato alla sua identità (che sia questa rappresentata da xenofobia, territorio o valori quali la legalità) guadagna consensi nella società cosi' detta civile. Gli altri perdono voti.

I consigli interessati sono quelli di cercare di recuperare istituzionalmente la sinistra radicale.La questio è evidente. Il disagio di una fetta importante di questa società o si fa sentire nell'astensionismo e nel voto annullato oppure si radicalizza su posizioni che ricordano tanto la logica e l'ideologia dell'ordine e della disciplina.
I consigli sono interessati e non a caso. Torino, da decenni, recita il ruolo della città laboratorio. Mentre altri pontificano e chiacchierano qui si sedimentano gli umori ed i mal di pancia che, poi, radicalizzano la loro risposta.
E' stato così nel 61 con le rivolte operaie antisindacali di piazza statuto, è stato così nel 68 con la sollevazione di un intero quartiere e gli scontri di corso Traiano, è stato così nel 77 con le prime occupazioni di spazi pubblici trasformati in circoli del proletariato giovanile.

Il ruolo di un comunista è questo.Non basta stare su qualche blog o al chiuso di qualche sezione per "sentire" la gente.
Schiodate il culo, compagni. Nonostante tutto quello che si inventeranno, sulla sparizione della sinistra radicale, la situazione è eccellente.

Commenti

Anonimo ha detto…
dal 77 sono passati 30 anni.
Il proletariato giovanile non esiste più.
Gli spazi pubblici sono solo quelli televisivi.
Arrenditi penna rossa
mario ha detto…
Forse te vivi in campagna, vieni a farti un giro da queste parti (vallette e mirafiori) poi mi dici sul proletariato giovanile e gli spazi (Torino è la città con il n° di centri sociali più alto d'Italia).
Solo che quelli come te guardano le vetrine in centro.
faustpatrone ha detto…
non conosco Torino, ma qui in Valtellina la situazione è proprio quella che dice "anonimo".

è vero che le grandi città sono più sensibili al dibattito sociale e politico delle costellazioni di paesi dei vari Hinterland. Ma sono questi ultimi alla fine a fare massa.

credo anche io sia finita l'era del proletariato operaio. io piuttosto, Mario, se fossi di sinistra (ma del resto la cosa vale anche per la destra radicale e sociale....), andrei a cercare la galassia dei precari per fare militanza dura.
mario ha detto…
Furio,
sono anni che la classe operaia in quanto tale non è l'unico punto di riferimento.
Il recinto è fatto da quella galassia di disagio che è rappresentato da una pluralità di soggetti, tra questi precari e non solo.D'altra parte chi è precario vive in una famiglia, il più delle volte, che è una somma di soggetti a "rischio".
C'è però necessità di avere un punto di riferimento che sia facilmente raggiungibile in termini di lavoro politico e di luoghi di aggregazione.
Io sono un movimentista,e credo che in primo luogo bisogna avere la capacità di radicarsi sul territorio intorno a questioni "semplici" e pratiche.Mi riferisco al reddito, al diritto alla casa,alla lotta contro lo spaccio, occupazione di spazi pubblici che non sono usufruiti dalle persone e quant'altro.
Partendo dalle condizioni materiali puoi fare poi un salto qualitativo.
Chi si piange addosso non coglie un elemento banale, chi ha identità e fa militanza sul territorio può offrire un'alternativa al resto della merda. Al contrario tanto vale non piangersi addosso e andarsene al mare.
Unknown ha detto…
Prove di meticciato... mah...
prova ha detto…
ti do perfettamente ragione caro concittadino...
Anonimo ha detto…
Ciao. Mi sembra che in questo tuo post le nostre posizioni già si chiariscano. Quando intendi "chi non ha rinunciato alla sua identità guadagna consensi" esprimi quello che ho sostenuto io.
Poi riguardo hai confini del proletariato scrivi " Il recinto è fatto da quella galassia di disagio che è rappresentato da una pluralità di soggetti, tra questi precari e non solo.D'altra parte chi è precario vive in una famiglia, il più delle volte, che è una somma di soggetti a "rischio".
C'è però necessità di avere un punto di riferimento che sia facilmente raggiungibile in termini di lavoro politico e di luoghi di aggregazione." Ecco il punto di riferimento non è più il proletariato, questo intendo. La semplificazione è voluta per fare capire la mia analisi. La realtà è molto più complessa. Ma questi sono discorsi che non possono certo esaurirsi su un blog. Cmq secondo me sottovaluti il cambiamento verso una società post-industriale.
GRazie della visita
Anonimo ha detto…
Ottimo post, guardare quel tipo di dato è fondamentale.
Ora, la situazione eccellente in generale magari no...più articolata e con evidenze positive la fotografia dello spaccato che registri.
Chiaro che della sparizione della "sinistra", intendendo con ciò le organizzazioni che hano dato vita alla sarc, sono politicamente lieto.
Anonimo ha detto…
c'è un passaggio importante che fai, quello sull"identità".
Dicevo qualcosa di simile stasera in assemblea al centro sociale.
La lega guadagna voti anche perchè..."fa bene il suo lavoro" . Ossia: c'è un messaggio che è esposto in modo coerente con gli obiettivi di quela forza politica.
Cosa che non c'è a "sinistra", mi spiego con una battuta, che di per sè è una cazzata ma credo tu colga perfettamente la metafora: la sinistra questo suo lavoro invece non lo sa fare, perchè abbandona i suoi "territori".
Se vuoi..."rifondare il comunismo"..se vuoi (faccio una iperbole) fare la "rivoluzione", e per un uovo dichiari solidarietà a ferrara....mi spiego?

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