Nebbiaekiller
Si voltò dall'altra parte, disturbato da quel rumore puntuale come tutte le mattine. Immaginò il corpo di sua moglie alzarsi nel chiarore dell'alba. Quel giorno non avrebbe portato nulla di nuovo.Strinse gli occhi più forte. Maledisse quel rumore. Voleva tornare ai suoi sogni nel buio immaginario dove tutto si formava secondo i suoi desideri. Che cazzo si poteva aspettare. Le solite cose. Intanto l'assenza del discutere, di qualcuno, umano, con cui condividere qualche pensiero. Porcate e niente. Si rivoltò di nuovo. La bocca amara. La giornata stava per ricominciare allo stesso modo. Il solito odore del caffè. Il gatto che passava veloce. Il rumore del traffico che iniziava a farsi insistente.
Attese qualche minuto e si alzò. Passò nel cesso una buona mezza ora. Si guardò allo specchio e si lavò la faccia. Lasciò quel filo di barba. Salutò lei che partiva contenta e già indaffarata per il lavoro, guardò la desolazione della sua solitudine, latv accesa e la colazione pronta sul tavolo. Non rimaneva niente altro che far passare il tempo. In cucina il coltello, quello più grande, era fuori dal solito cassetto. Lo prese e lo nascose nel suo giaccone.
Passò per prima cosa dalla vicina. Provò a pensare agli attimi successivi.Si eccitò all'idea di quei minuti che separavano la vita dalla morte. Per la prima volta avvertì la sensazione di disporre di un potere enorme.Qualcosa che non avrebbe condiviso con altri.
Problemi di coscienza? neanche l'ombra. Avrebbe vivacizzato per un po' quella città vuota e piena di gente finta. Avrebbe scaricato la tensione e l'adrenalina sarebbe stata finalmente libera.
La gola arsa. Immagini come flash.Un cervello che lavorava velocemente.
E fuori una mandria di gente in fila.In attesa.
Suonò il campanello ed attese che gli aprissero l'uscio.
Quando uscì si sentì meglio. Tornò a casa e pulì la lama sotto il rubinetto. Il sangue ancora fresco scivolò via sul fondo. Risentì sotto le dita la pelle liscia aprirsi e colorarsi di rosso. Rivide quegli occhi sbarrati e si sentì più libero.Ridiscese le scale e si avviò verso il centro della città con chiaro in testa il percorso. Lo aspettava una lunga giornata.
Una cazzo di città.Da quando la guardava, quasi tutti i giorni, dal finestrino della sua auto di pattuglia gli sembrava solo una cazzo di città.Grigia e nera, con sprazzi di verde pieni di tossici.Parcheggi fatti per macchine finiti per ospitare topi ed uomini lerci e stanchi. Non gli piaceva molto fare quel mestiere,lui uomo del Sud . A Torino poi. La chiamata lo proiettò in quell'appartamento, primo piano. Un cancello, un piccolo cortile e due rampe di scale.Erano già arrivati tutti, le casse da morto aspettavano di essere riempite.
Nell'ingresso c'era la colazione del suo collega.Oltre che una cazzo di città, una giornata di merda. Ma come ti può venire in mente, se fai il poliziotto, di fare colazione con le uova ed il salame, penso'. Fanno schifo e puzzano lì sul pavimento. Lui si era abituato e la differenza tra i morti ed i vivi in fondo non era poi tanta. Le due vecchiette erano sedute per terra. Schiena contro schiena.Il nastro isolante intorno alla bocca. Lo sfregio dalla base dell'orecchio destro, girava intorno alla gola e scendeva in basso. Sotto la spalla. Le costole aperte, ed il cuore che penzolava rosso scuro e pieno di sangue.
Torino è una città di gente silenziosa. Si produce molto ferro rumoroso ma le persone non amano parlare. Pochi i curiosi sul marciapiede. Non una traccia. Niente. Risalì sulla macchina. Prestò il fazzoletto al collega. Avviò la macchina ed iniziò a guardare la gente. Non c'è nulla di più bello che fare lo sbirro, puntare gli occhi su uno stronzo in giacca e cravatta e fargli abbassare lo sguardo. Sentiva che sarebbe stata dura la giornata.
Ci sono viali lunghissimi a Torino. Gli alberi lungo le strade per lo più sono malati. Le foglie rosse di quest'autunno cadono in ritardo. Dicono che dipende dal clima che cambia. I viali sono larghi, per la maggior parte. Le macchine li percorrono veloci. Il paesaggio di questa città è ordinato, anche in periferia. Lungo il greto dei fiumi i rifiuti, e le buste di plastica, sventolano dai rami dei cespugli. In un posto simile trovi tempo per essere malinconico, triste, allegro, pazzo e depresso. E' quello che accade ora. A me!
Questi pensieri si muovevano nella sua testa. Mischiava tutto. Pensava senza un ordine logico a quello che la città stimolava in lui. Le cose che lo circondavano.E le persone. La differenza rispetto ad altri luoghi, in cui era stato, la faceva la gente. Forse era quello l'impulso che lo aveva fatto scendere dal letto con in testa l'idea di rimettere tutto in discussione. Non voleva cambiare le persone, il loro modo di pensare e di agire. Le voleva semplicemente eliminare. Per lui , in quell'istante, tutti erano uguali. Nulla che li differenziava. Non le loro storie, o i loro abiti. Non l'ostentazione del tanto o del niente. A tutti imputava una responsabilità. e per quello avrebbero pagato.
Le due signore . Si ricordò della volta in cui provò a chiedere una mano . Lo colpì la loro ritrosia. Il non volere immischiarsi. E lui era rimasto da solo, con il suo problema. Vivere chiusi diventando vecchi. Ed allora a cosa servi? Aveva pensato questo rimettendo in ordine le cose e pulendo il pavimento dalle macchie di sangue. Era questa la missione di una vita. Non giudicare passando dai se e dai ma. Fare pulizia. Rigenerare il paesaggio liberandolo dalle scorie. Gli venne in mente quella canzone che ascoltava da ragazzo. Parlava di quella città, dei viali alberati e delle montagne scintillanti all'orizzonte. Si rilassò e sorrise. Alla radio già parlavano di lui.Non lo sapevano che era lui e questo lo rese ancora più euforico.
Dicono che porta palazzo è il mercato di ambulanti più grande d'Europa.
Quando ci arrivi da via Milano, le prime bancarelle che vedi, a destra e sinistra vendono capi d'abbigliamento. I prezzi sono scritti con pennarelli su cartoni ritagliati e scoloriti.Cinesi, rumeni e napoletani si contendono lo spazio.
La parte che piaceva di più ad Eugenia era quella dei banchi di frutta e verdura.
Quella mattina gli odori erano più intensi, saranno state le verdure o i mazzi di basilico, o le foglie di menta che i marocchini vendevano ai margini della piazza.
Come d'abitudine si avvicino ad Hamed e lo salutò nel solito modo "salam aleik".
Lui la guardò nel solito modo ironico e le rispose in italiano "buonciorno".
Guardò nella sua borsa di plastica, toccò il pane caldo e se ne fece incartare una pagnotta.
Notò appena la macchina della polizia che, con i lampeggianti accesi,passava veloce .
Rifece a mente l'elenco della spesa e si inoltrò nel mezzo del mercato.
-continua?-
Attese qualche minuto e si alzò. Passò nel cesso una buona mezza ora. Si guardò allo specchio e si lavò la faccia. Lasciò quel filo di barba. Salutò lei che partiva contenta e già indaffarata per il lavoro, guardò la desolazione della sua solitudine, latv accesa e la colazione pronta sul tavolo. Non rimaneva niente altro che far passare il tempo. In cucina il coltello, quello più grande, era fuori dal solito cassetto. Lo prese e lo nascose nel suo giaccone.
Passò per prima cosa dalla vicina. Provò a pensare agli attimi successivi.Si eccitò all'idea di quei minuti che separavano la vita dalla morte. Per la prima volta avvertì la sensazione di disporre di un potere enorme.Qualcosa che non avrebbe condiviso con altri.
Problemi di coscienza? neanche l'ombra. Avrebbe vivacizzato per un po' quella città vuota e piena di gente finta. Avrebbe scaricato la tensione e l'adrenalina sarebbe stata finalmente libera.
La gola arsa. Immagini come flash.Un cervello che lavorava velocemente.
E fuori una mandria di gente in fila.In attesa.
Suonò il campanello ed attese che gli aprissero l'uscio.
Quando uscì si sentì meglio. Tornò a casa e pulì la lama sotto il rubinetto. Il sangue ancora fresco scivolò via sul fondo. Risentì sotto le dita la pelle liscia aprirsi e colorarsi di rosso. Rivide quegli occhi sbarrati e si sentì più libero.Ridiscese le scale e si avviò verso il centro della città con chiaro in testa il percorso. Lo aspettava una lunga giornata.
Una cazzo di città.Da quando la guardava, quasi tutti i giorni, dal finestrino della sua auto di pattuglia gli sembrava solo una cazzo di città.Grigia e nera, con sprazzi di verde pieni di tossici.Parcheggi fatti per macchine finiti per ospitare topi ed uomini lerci e stanchi. Non gli piaceva molto fare quel mestiere,lui uomo del Sud . A Torino poi. La chiamata lo proiettò in quell'appartamento, primo piano. Un cancello, un piccolo cortile e due rampe di scale.Erano già arrivati tutti, le casse da morto aspettavano di essere riempite.
Nell'ingresso c'era la colazione del suo collega.Oltre che una cazzo di città, una giornata di merda. Ma come ti può venire in mente, se fai il poliziotto, di fare colazione con le uova ed il salame, penso'. Fanno schifo e puzzano lì sul pavimento. Lui si era abituato e la differenza tra i morti ed i vivi in fondo non era poi tanta. Le due vecchiette erano sedute per terra. Schiena contro schiena.Il nastro isolante intorno alla bocca. Lo sfregio dalla base dell'orecchio destro, girava intorno alla gola e scendeva in basso. Sotto la spalla. Le costole aperte, ed il cuore che penzolava rosso scuro e pieno di sangue.
Torino è una città di gente silenziosa. Si produce molto ferro rumoroso ma le persone non amano parlare. Pochi i curiosi sul marciapiede. Non una traccia. Niente. Risalì sulla macchina. Prestò il fazzoletto al collega. Avviò la macchina ed iniziò a guardare la gente. Non c'è nulla di più bello che fare lo sbirro, puntare gli occhi su uno stronzo in giacca e cravatta e fargli abbassare lo sguardo. Sentiva che sarebbe stata dura la giornata.
Ci sono viali lunghissimi a Torino. Gli alberi lungo le strade per lo più sono malati. Le foglie rosse di quest'autunno cadono in ritardo. Dicono che dipende dal clima che cambia. I viali sono larghi, per la maggior parte. Le macchine li percorrono veloci. Il paesaggio di questa città è ordinato, anche in periferia. Lungo il greto dei fiumi i rifiuti, e le buste di plastica, sventolano dai rami dei cespugli. In un posto simile trovi tempo per essere malinconico, triste, allegro, pazzo e depresso. E' quello che accade ora. A me!
Questi pensieri si muovevano nella sua testa. Mischiava tutto. Pensava senza un ordine logico a quello che la città stimolava in lui. Le cose che lo circondavano.E le persone. La differenza rispetto ad altri luoghi, in cui era stato, la faceva la gente. Forse era quello l'impulso che lo aveva fatto scendere dal letto con in testa l'idea di rimettere tutto in discussione. Non voleva cambiare le persone, il loro modo di pensare e di agire. Le voleva semplicemente eliminare. Per lui , in quell'istante, tutti erano uguali. Nulla che li differenziava. Non le loro storie, o i loro abiti. Non l'ostentazione del tanto o del niente. A tutti imputava una responsabilità. e per quello avrebbero pagato.
Le due signore . Si ricordò della volta in cui provò a chiedere una mano . Lo colpì la loro ritrosia. Il non volere immischiarsi. E lui era rimasto da solo, con il suo problema. Vivere chiusi diventando vecchi. Ed allora a cosa servi? Aveva pensato questo rimettendo in ordine le cose e pulendo il pavimento dalle macchie di sangue. Era questa la missione di una vita. Non giudicare passando dai se e dai ma. Fare pulizia. Rigenerare il paesaggio liberandolo dalle scorie. Gli venne in mente quella canzone che ascoltava da ragazzo. Parlava di quella città, dei viali alberati e delle montagne scintillanti all'orizzonte. Si rilassò e sorrise. Alla radio già parlavano di lui.Non lo sapevano che era lui e questo lo rese ancora più euforico.
Dicono che porta palazzo è il mercato di ambulanti più grande d'Europa.
Quando ci arrivi da via Milano, le prime bancarelle che vedi, a destra e sinistra vendono capi d'abbigliamento. I prezzi sono scritti con pennarelli su cartoni ritagliati e scoloriti.Cinesi, rumeni e napoletani si contendono lo spazio.
La parte che piaceva di più ad Eugenia era quella dei banchi di frutta e verdura.
Quella mattina gli odori erano più intensi, saranno state le verdure o i mazzi di basilico, o le foglie di menta che i marocchini vendevano ai margini della piazza.
Come d'abitudine si avvicino ad Hamed e lo salutò nel solito modo "salam aleik".
Lui la guardò nel solito modo ironico e le rispose in italiano "buonciorno".
Guardò nella sua borsa di plastica, toccò il pane caldo e se ne fece incartare una pagnotta.
Notò appena la macchina della polizia che, con i lampeggianti accesi,passava veloce .
Rifece a mente l'elenco della spesa e si inoltrò nel mezzo del mercato.
-continua?-
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