Storie di irriducibili-1




Dopo il post dedicato Sante Notarnicola iniziamo un viaggio nelle storie di gente che non si è arresa mai.Irriducibili e resistenti nella vita.Accompagnati da Fabrizio De Andrè perché anche a noi "Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va" e di perdere la memoria neanche.

Muzio Tosi

Assunto il quattro agosto del '17, in qualità di operaio, negli altiforni piombinesi, Muzio vi lavora fino al ventisette ottobre del '19, poi, nel '24, si sposta a Torino e, nel '30, aderisce al gruppo anarchico clandestino della Barriera di Milano, insieme al fratello Vindice, a Dante Armanetti (3), a Arduilio D'Angina, ai fratelli Cornelio e Nuzio Giacomelli di Cascina (4) e al piombinese Settimio Guerrieri ("individuo molto attivo", che "si occupa di fare emigrare clandestinamente [i] compagni di fede").

Nella città opera un altro gruppo libertario, quello della Barriera di Nizza, di cui fanno parte il muratore torinese Cesare Sobrito, collaboratore dell'“Adunata dei refrattari” e del “Risveglio anarchico” e strettamente legato a Luigi Bertoni (5), il barbiere vercellese Emilio Bernasconi, che ha una bottega in via Saluzzo, il venditore ambulante Michele Guasco, che risiede in Corso Spezia, il torinese Michele Candela, il meccanico genovese Eugenio Martinelli e il meccanico vercellese Vittorio Levis.
I due gruppi sono in contatto con alcuni compagni di idee, emigrati a Lyon, che fanno capo al Circolo Sacco e Vanzetti. Alle riunioni del Circolo intervengono il meccanico torinese Giovanni Saroglia (6), il meccanico anconitano Alvaro Pietrucci (7), l'operaio piombinese Luigi Ravenni (8), il tappezziere montierino Gemisto Vallesi (9), il pittore livornese Tito Salvatori (10), i meccanici torinesi Mario Garello (11) e Marcello Basso (12), il meccanico piombinese Marino Ripoli (13), l'operaio massetano Socrate Franchi e il manovale modenese Giovanni Matteozzi (14). I rapporti fra gli anarchici di Lyon e quelli di Torino vengono tenuti da Giovanni Saroglia, da Marino Ripoli, da Carlo Oldani, da Pietro Mazzini e da Giuseppe Zagaria, che - secondo la polizia italiana - ha favorito l'espatrio clandestino della calzettaia anarchica Maria Bardazzi, legata sentimentalmente al Ripoli.

Al principio del '31 le maglie della polizia fascista si stringono intorno ai due gruppi libertari torinesi e i loro componenti finiscono nei giorni successivi in carcere. Muzio Tosi viene arrestato il dieci febbraio ed è subito deferito alla Commissione provinciale per l'assegnazione al confino. Il ventidue febbraio la Questura del capoluogo piemontese si occupa di lui per sottolineare che si è sempre “dimostrato anarchico irriducibile”, che appartiene “a famiglia i cui membri professano le stesse idee” e che, dai compagni di fede “è ritenuto elemento d'azione, capace cioè di scendere in piazza a prendere parte a movimenti turbolenti qualora si presentasse l'occasione favorevole”. L'undici marzo il sovversivo massetano è assegnato al confino per la durata di due anni “per attività contraria all'ordinamento nazionale dello Stato” e “incorreggibilità” e il quattordici viene schedato: nel Mod. A la Prefettura di Torino scrive che è alto m.1,81 e che ha corporatura esile, fronte alta e capelli castani lisci, che, dal '24, ha partecipato a tutte le manifestazioni sovversive del capoluogo piemontese e che è considerato “elemento di azione”, in grado di turbare l'ordine pubblico con le sue iniziative.

Tradotto a Ponza il dieci luglio, Tosi si appella contro la misura restrittiva, ma il suo ricorso viene respinto e, il due settembre, l'anarchico è denunciato per “manifestazione sediziosa” e contravvenzione agli obblighi del confino. Rinchiuso a Poggioreale, viene condannato, il trentuno di ottobre, a quattro mesi di carcere “per avere emesso in luogo pubblico [cioè nel camerone dei confinati] grida sediziose”. Ricondotto a Ponza il quattro gennaio del '32, ottiene dalla Corte d'appello di Napoli la riduzione della condanna da quattro a tre mesi di reclusione e il primo aprile indirizza al Ministero dell'Interno la lettera seguente: “E' vero che l'art.189, testo unico legge di P.S. 1931 dice che il tempo trascorso in espiazione di pena detentiva non è computato nella durata del confino. Ma se si considera che il confino si concreta in una rigorosa vigilanza da parte dell'Autorità di P.S. e che, perciò, il confinato può considerarsi in stato di detenzione, l'espiazione della pena di tre mesi d'arresto nel carcere di Napoli, mentre egli, come confinato, era già in stato di detenzione, rappresenterebbe, a suo modesto avviso, un bis in idem. E, pertanto, il sottoscritto nutre fiducia che cotesto on. Ministero vorrà, esaminato il caso, computare nella durata del confino i suddetti tre mesi di arresto...”

Il primo agosto Tosi viene nuovamente arrestato per violazione degli obblighi del confino, il nove agosto è scarcerato dopo che la Pretura di Ponza l'ha condannato a un'ammenda di 500 lire e il tredici novembre beneficia dell'“amnistia del decennale” e lascia l'isola. Tornato a Torino, abita, fino al novembre del '33, in via Spontini 5, poi si trasferisce al n.126 di Corso Giulio Cesare e, nel '34, accompagna - senza dar “luogo a rilievi” - l'anarchica Maria Bibbi (15) ad Avenza, dove la donna (16) visita lo zio Francesco Bibbi (17), già arrestato dopo l'attentato di Lucetti a Mussolini.
Rientrato nel capoluogo piemontese, Muzio valica a piedi le Alpi alla fine di aprile del '37, emigrando clandestinamente in Francia, poi prosegue fino a Barcellona, dove arriva insieme a Ugo Cardenti (un comunista di Capoliveri, che, in aprile, è evaso dal carcere militare dell'Elba e ha raggiunto la Corsica in barca per andare a battersi contro Franco), a Cornelio Giacomelli, a Bruno Tosarelli, a Vittorio Marchi, a Enea Landini, a Domenico Nizzi, a Giuseppe Formentoni, a Giorgio Rossi, a Armando Bientinesi, a Massimo Morisi e a Cesare Scarazzini, e si arruola in una formazione antifranchista.

Informata dell'espatrio, la Questura di Torino sollecita - il ventotto maggio - l'inclusione del Tosi nel Bollettino delle ricerche quale “anarchico da arrestare”, come si legge nella schedina n.0901 del “supplemento dei sovversivi”. L'otto agosto una spia dei fascisti racconta che Muzio si sarebbe imbarcato a Marsiglia - nel mese di maggio - su una nave diretta a Barcellona, e il cinque ottobre il console della città focese, Ettore Liberati, informa l'Ambasciata di Parigi che tutti i volontari antifascisti, che si trovavano sulla nave “Ciudad de Barcelona”, partita “da questo porto il ventinove maggio” sono morti, dopo il suo siluramento da parte dei sommergibili fascisti. Il diplomatico non è tuttavia in grado di precisare se il Tosi fosse o meno sull'imbarcazione.
Muzio è invece a Barcellona, dove dirige la sezione italiana della C.N.T. e collabora a “Guerra di classe”, il giornale che Aldo Aguzzi (18) e Domenico Ludovici dirigono dopo l'assassinio di Berneri. Nella capitale catalana si unisce in matrimonio a Adela, una militante della C.N.T., e invia più volte ai genitori e al fratello Vindice delle lettere, che giungono a destinazione, dopo essere passate per Parigi, dove - secondo la polizia fascista - è la famiglia del defunto prof. Berneri, che “senza dubbio si incarica” di spedirle a Torino. L'indirizzo, che figura sulle buste, è infatti quello della famiglia Berneri: rue de Terreneuve, 20, Paris.

In Spagna Muzio resta fino all'ottobre del '38, poi, tornato a Marsiglia, scrive ai genitori di avere incontrato Aldo Demi, un anarchico piombinese, che è stato volontario nella Brigata Garibaldi. In calce al foglio ci sono i saluti - per i suoi cari - di Albino Zazzeri e di sua moglie: “Saluti cari da noi tutti, famiglia Zazzeri”. Il ventisei marzo del '39 Tosi scrive di avere aperto a Marsiglia, assieme alla moglie Adela, un'attività commerciale simile a quella, che aveva a Torino nel '31: la sua lettera porta, questa volta, i saluti degli anarchici Settimo Guerrieri e Cornelio Giacomelli, già miliziani in Spagna.
Arrestato nei giorni seguenti, Muzio è rinchiuso, il ventisette aprile, nel terribile campo di internamento di Argelès, dove aderisce al gruppo anarchico “Libertà o morte”, insieme a altri 116 compagni di idee. Lasciati i reticolati, le guardie mobili e gli “spahis”, riannoda i legami con i familiari e nelle lettere nomina spesso Cornelio Giacomelli, Settimo Guerrieri, Aldo Demi e Dario Franci: del primo racconta - nel febbraio del '42 - che è ricoverato in ospedale, del secondo riferisce che è a Parigi, di Franci dice - l'otto ottobre 1942 - di non sapere nulla da molto tempo. Il due giugno 1943 Tosi è al Barrage de l'Aigle, da dove scrive ai genitori di non ricevere “posta” da più di tre mesi da Demi e da Guerrieri, mentre Giacomelli gli ha annunciato che gli manderà un pacco di pomodori da Perpignan.
Muzio collabora con i partigiani francesi della zona di Tolosa fino alla liberazione, poi, dopo nove anni di esilio, rientra a Torino. E nel capoluogo piemontese partecipa alle lotte operaie del dopoguerra e rimane fino alla morte, che lo coglie il tredici settembre 1990.

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