Stacanovismo e produttività

Lo Stacanovismo era nell’Unione Sovietica, nel periodo stalinista, il movimento politico e ideologico che tendeva a migliorare l’organizzazione del lavoro e ad aumentare la produttività stimolando un’accentuata emulazione tra i lavoratori(De Mauro).

Nulla di nuovo rispetto a ciò che si tentava di raggiungere (aumento della produttività) in altre parti nel mondo, in cui prevaleva l'idea capitalistica della produzione, se non per la diversa (in teoria) finalità che i due sistemi volevano perseguire.


Da una parte l'idea dello sviluppo delle forze produttrici (e del loro governo) in funzione di una crescita della società nel suo complesso, dall'altro l'idea della necessità di aumentare l'efficienza del sistema dell'impresa per migliorarne la competitività sul mercato.Produrre di più al minor costo unitario possibile.

Lasciamo, qui, in sospeso il giudizio sul risultato che l'idea dello stacanovismo produsse nella società sovietica.Non è questo il tema.Constatiamo brevemente come anche quell'idea annullava la condizione materiale della persona subordinandola ad un sistema di relazioni e di rapporti di forza che giustificarono qualsiasi tipo di sfruttamento degli individui.

Il rapporto tra ciò che viene prodotto (che sia espresso in valore o n° di unità di prodotto per ora lavorata) ed il tempo di lavoro necessario, rappresenta l'indicatore (di massima) di riferimento.
La differenza nel rapportare o il numero di unità prodotte o il valore di ciò che si produce può rappresentare uno dei criteri per la definizione di investimenti ad alta intensità di capitale, a dispetto dell'utilizzo del fattore di produzione uomo, in molti settori della produzione e dei servizi.
Il miglior mix possibile, per un capitalista, è nell'impiego della giusta tecnologia (in termini di investimenti necessari), dell'efficacia del suo sistema impresa (marketing, logistica etc.) combinato al fattore di costo produzione uomo( per far andare il sistema) necessario alla produzione di un X che subirà, sul mercato, la pressione di ciò che viene prodotto da qualcun altro.
Per un sistema sociale ( e per l'idea che ne abbiamo noi)è nell'impiego di tecnologia combinato al fattore lavoro uomo che permetta ai due (società ed individuo) di trovare il giusto equilibrio tra efficienza (aumento della produttività) con l'efficacia che questa deve avere in termini di ritorno per il sistema (miglioramento delle condizioni di vita in senso lato, liberazione del tempo dal lavoro etc.)

La produttività, di per sé, non ha un significato intrinseco che ci possa riportare a valori etici.L'assume, in quanto strumento, in funzione di ciò che gli uomini hanno in testa come idea di società e di sviluppo.
Non si investe in macchine per migliorare la produzione solo perché si vuole far star meglio le persone, in questo sistema.Lo si fa in funzione di compatibilità date dal mercato,da ciò che è necessario fare per poterci stare e da ciò che la maturità delle forze sociali ha permesso in termini di conquista di migliori condizioni di lavoro.
In astratto la produttività, come qualsiasi cosa su questa terra, può assumere una funzione razionalizzatrice che porta ad un miglioramento del sistema nel suo complesso.
Poter contare sulla necessità di produrre pochi input per avere (ad esempio)la disponibilità di un documento in poco tempo ci porta e risparmiare qualcosa che possiamo dedicare ad altro che riteniamo più interessante per noi stessi.
Legare la produttività, come spada di Damocle, alle condizioni materiali degli individui non risolve alcuna delle questioni che oggi vengono dibattute. Se non si lega questa(come uno degli elementi)all'idea di società e di rapporti tra gli individui ,a cui pensiamo, produrremo solo risultati di breve periodo( di tipo economico) e non cambieremo nulla mancando di efficacia per la società nel suo complesso.


Commenti

BC. Bruno Carioli ha detto…
Condivido le considerazioni che hai svolto.
In particolare vorrei sottolineare la mancanza intrinseca di valori etici della produttività.

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