No alla scuola di classe




Vedremo come andrà a finire la questione del decreto Gelmini.Quello che mi sento di dire, al momento, è che lo sviluppo della protesta e le modalità hanno, per una volta, preso in contropiede Berlusconi.
Di fronte ad un movimento che si sviluppa in modo pacifico ha provato a fare la faccia feroce.I primi ad essere interdetti sulla questione sembrano proprio i suoi.Sarebbe una pessima azione di marketing, per il nostro, reprimere con la forza questo movimento.
Questi ragazzi appartengono ad una generazione che non ha saldature ideologiche con altri movimenti della società civile e, anche la avessero, gli unici discorsi che sentono sono quelli alla Grillo o alla Di Pietro.
E' una generazione "istituzionalizzata" che al momento agisce seguendo una logica "corporativa".
Quello che osservo, a Torino, è che contemporaneamente si dispiega in tutti i suoi effetti una crisi economica che lascia a casa migliaia di persone.L'ultimo elenco di aziende coinvolte svaria dalla Universal alla Remmert, passando da Luxottica di Lauriano Po.Ieri un corteo di operai della Stampal ha presidiato l'aeroporto di Caselle e, contemporaneamente, la Fiat Powertrain informava il sindacato della prossima cassa integrazione per 1.600 addetti.
La scorsa settimana il saldo delle uscite per i contratti a tempo determinato non rinnovati era, nella sola provincia, di 2.600 unità.
Che quanto accada sul fronte della scuola non trovi un collegamento con quello che avviene a monte dove si produce è una cosa che dovrebbe far riflettere.
Sarebbe il caso di offrire chiavi di lettura meno settarie e separate, a chi protesta nelle scuole, perché quello che ci attende è un periodo di profonda crisi che avrà costi sociali altissimi.
Un movimento ha prospettive di crescita e riesce a cambiare il corso degli eventi se ha un progetto politico o una visione di società che sia qualcosa che vada al di là della pura rivendicazione "settaria".
Senza quello sarà uno dei tanti momenti in cui, per un attimo, un soffio di vento ha mosso un ramo di un albero che rimarrà contorto e radicato, con radici malate, al suo terreno.
I soldi in meno sulla scuola si sommano ai soldi in meno in busta paga, al lavoro che sarà precario ed alle pensioni che non ci saranno.Si somma ad una visione della società impaurita, divisa e concentrata sul proprio ombelico.
I ragazzi del Politecnico di Torino o di Palazzo Nuovo per quale idea di società si battono? Che consapevolezza hanno di quanto sia obsoleto il loro pezzo di carta rispetto alle profonde modificazioni che il sistema produttivo ha subito negli anni?Di quanto conti la produzione rispetto al sapere critico.Ed anche fossero in grado di svilupparlo e dargli sostanza al loro sapere, in che direzione si muoverà non lo decideranno loro.
Per arrivare ad un movimento maturo c'è bisogno di lavorare nel profondo della società, in tutte quelle che sono le sue articolazioni.C'è bisogno di fare parlare assieme i segmenti di società che pagheranno questa crisi.E' necessario tornare a parlare di interessi di classe.

Commenti

Anonimo ha detto…
Su queste cose convenivamo io ed un mio amico, bravo insegnante di scuola media inf e superiore.
D'altro canto il buon Emiliano Brancaccio (che interpellato ha detto di non essere nè genio nè incompreso) mi ha detto che dobbiamo rifiutare discorsi di moderazione salariale. Sarebbe peggio
Anonimo ha detto…
minchia compagno, avremo scritto le stesse cose, ma come le scrivi tu arrivano al nocciolo!

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