Nei panni di un israeliano non ci so stare.
Faccio fatica a cercare di mettermi nei panni di un israeliano che, per difendere il proprio insediamento di tipo coloniale, guarda alla TV i suoi aerei e carri armati che ammazzano qualche centinaio di palestinesi.
Faccio fatica per un semplice motivo, non credo che mi sarei messo in quella condizione. E non penso che quel diritto, conquistato contando sulla protezione di tonnellate di acciaio ad alta tecnologia, valga il mio stare lì a quel prezzo.
In quei panni non ci voglio proprio stare e, a questo punto, non mi interessano quelle ragioni.
Non mi ci ritrovo a condannare chi mi spara qualche missile sulla casa in cui abito, fatto da un territorio in cui lo spazio è sufficiente per 100.000 persone al massimo e dove vi abitano in un milione e mezzo.
Non riesco a trovare, neanche con il lanternino, il bandolo di un filo di quella matassa che mi faccia intravedere schiere di uomini di buona volontà. Semplicemente perché li hanno massacrati quando si limitavano a buttare pietre né più e né meno come quando, usando i loro corpi, si sono fatti esplodere.
Certo converrebbe a tutti mettersi lì intorno ad un tavolo e dividere del succo di arancia, discutendo del come e del quando. però non è così e quello che ci toccherà in sorte sarà qualche centinaio di corpi dilaniati.
Ed io non avrò' pietà per niente e per nessuno. Perché penso che tutto dipenda da un semplice gesto, che quei signori con la stella di Davide si tolgano dai coglioni.
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