Torino d'inverno
Springsteen mi fa pensare, con la sua musica,che se dovessi associare la sensazione di libertà a qualcosa avrei bisogno di quelle atmosfere per provare a definirla e sentirla epidermicamente.
Mi fa scorrere davanti agli occhi immagini di strade senza orizzonte, metallo e macchine.
Tute blu e lavoratori che escono a frotte da una fabbrica.
Ciminiere e fumo.
Un panorama desolato che ti spinge a cercare nelle tasche i pochi spiccioli per pagarti un biglietto ed andare via.
Ricordo quell'atmosfera strana di Torino, da ragazzo e d'inverno. L'attesa del pullman sotto casa. La nebbia che faceva fatica ad alzarsi.Il freddo che entrava nelle ossa.
Mio padre che sbrinava il vetro della sua macchina. Mia madre in vestaglia che ci salutava tutti e chiudeva la porta.
L'odore di sapone e di pulito di quelli che ti passavano accanto sul bus. Le voci quasi sussurrate e l'idea del tepore dei corpi che ognuno di noi aveva lasciato nel letto.
Mi scorrevano così le immagini di questa città più di trent'anni fa. Grigia e metallica. Rumorosa come il mantice di una pressa che si abbatte su una lamiera.
Una città con i ritmi della fabbrica, con i volti della fabbrica. Costruita con le mani callose di quelle persone. Gli occhi luminosi delle tante mamme che parlavano dei sogni da fare e realizzare per conto dei loro figli.
Gente forte, mille dialetti e la sensazione di essere a tempo in quel luogo.
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