Criminali di guerra
A proposito di crimini di guerra e di criminali, mi è venuto in mente il sito http://www.criminidiguerra.it da cui ho estratto pezzo di un articolo scritto sul perché, subito dopo la seconda guerra mondiale, non abbiamo fatto molto per farci consegnare gli autori dei crimini contro la popolazione civile.
Da un paese così "realista" e "pragmatico" nella coscienza dei suoi "dirigenti" politici, potete aspettarvi qualcosa di diverso da una connivenza omologante verso lo stato d'Israele?
"11 settembre 1946. In una lettera al Capo della Commissione Alleata Ammiraglio E. W. Stone, in risposta ad una sua in data 2 maggio 1946, il Presidente del Consiglio De Gasperi scrive che “la Commissione ha redatto un elenco di quaranta nomi di militari e civili, contro i quali può essere elevata l'accusa … di essere venuti meno ai principi del diritto internazionale di guerra e ai doveri dell'umanità”.
23 ottobre 1946. Un primo comunicato della commissione d'inchiesta indicava i nomi di sei inquisiti: i generali Roatta, Robotti e Magaldi, i ten. col. Sorrentino e Caruso, e l'ambasciatore Bastianini.
13 dicembre 1946. Un secondo comunicato della commissione indicava altri otto nomi (fra cui i generali Pirzio Biroli, Gambara e Coturri, e inoltre Giunta e Grazioli.
Dal gennaio al maggio 1947 vennero emessi altri comunicati che indicavano in una ventina gli inquisiti deferibili al tribunale militare per crimini di guerra.
Nell'archivio Gasparotto sono conservate tre liste di lavoro della commissione d'inchiesta in cui sono indicati i nomi di militari e civili accusati da paesi esteri di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità:
Situazione al 25 gennaio 1947 12 gennaio 1948 23 marzo 1948
Deferiti 13 28 29 (+1)
Discriminati 23 111 133
Sospesi 7 2 6
Totale 43 141 168
Quindi la lista smentisce i dati indicati da De Gasperi a Stone, ridimensionando le cifre.
Come indica la tabella i quaranta nomi in realtà si riducono a tredici presunti criminali di guerra da deferire al tribunale militare.
La commissione in quasi due anni di lavoro (maggio 1946 - marzo 1948) ha giudicato deferibili al Tribunale militare solo 29 inquisiti (su 168 accusati esaminati a cui vanno aggiunti il personale del campo di concentramento di Arbe, ufficiali, sottufficiali e truppa delle divisioni "Re" e "Zara").
In realtà al gennaio 1948 i criminali di guerra la cui consegna era richiesta al Governo italiano da paesi esteri erano 295, che devono essere aggiunti ai 1697 compresi nelle liste delle Commissioni Onu per i crimini di guerra.
Quindi a fronte di 1992 casi segnalati dai paesi che avevano subito l'accupazione militare italiana e dagli Alleati, la Commissione ne valutò, in base ai documenti citati, 168 e non prese in considerazione le azioni svolte dai militari italiani in Africa (Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia) dove vennero usate bombe a gas e venne praticata una durissima repressione, attraverso la deportazione in campi di concentramento, torture ed esecuzioni sommarie anche nei confronti dei civili.
Le conclusioni del Governo
Alla luce di quanto riportato e dei rivolgimenti politici avvenuti tra il 1947 ed il 1948, il processo contro i 29 deferiti al Tribunale militare non fu mai celebrato. Non solo per i noti motivi (la Guerra fredda, per cui si ripuliva il passato di nazisti e di fascisti per utilizzarli nella lotta al blocco sovietico), ma anche perché da parte degli alti generali italiani (per la maggior parte, i medesimi che comandavano l'esercito monarchico agli ordini del Comandante Supremo Mussolini) non vi era nessuna intenzione di condannare i propri colleghi, seppur responsabili di provati crimini efferati.
Infatti l'istruttoria per almeno 26 deferiti dalla Commissione d'inchiesta venne completata entro il gennaio 1948, ma d'altro canto lo stesso Governo italiano era conscio della non opportunità di svolgere processi contro presunti criminali di guerra italiani contemporaneamente a quelli contro i presunti criminali tedeschi (che stavano iniziando in Italia nei primi mesi del 1948), proprio perché “le accuse che noi facciamo ai tedeschi sono analoghe a quelle che gli jugoslavi muovono contro imputati italiani”.
Quindi, come scrisse il 20 agosto 1949 il Direttore Generale degli Affari politici del Ministero degli Affari Esteri, conte Vittorio Zoppi, all'ammiraglio Franco Zannoni, capo gabinetto del ministro della difesa, “la Commissione d'inchiesta che … non doveva dare l'impressione di scagionare ogni persona esaminata …selezionò un certo numero di ufficiali che furono rinviati a giudizio … Fu spiccato nei loro confronti mandato di cattura, ma fu dato loro il tempo di mettersi al coperto … ciò fu fatto con il preciso e unico intento di sottrarli alla consegna [agli jugoslavi ndr]… Ottenuto questo risultato e venuto meno le ragioni di politica estera … il Ministero degli Affari esteri considera la questione non più attuale”.
L'epilogo.
Le conclusioni della questione sono custodite gelosamente negli archivi del Ministero della difesa, ma si può presumere, alla luce dei documenti analizzati, che i mandati di cattura siano stati ritirati ed anche i militari rinviati a giudizio per crimini di guerra abbiano potuto poi concludere (per la maggior parte) la propria carriera nell'esercito dell'Italia democratica e antifascista.
Il Governo italiano, ex-ministri e gli alti quadri militari della neonata Repubblica italiana erano consci dei crimini operati dai militari italiani nel corso delle guerre coloniali e nel II conflitto mondiale e ne avevano le prove documentali.
Ma il Governo ha operato per evitare non solo di consegnare, ma anche di giudicare i presunti colpevoli delle stragi.
A questo scopo consapevolmente ha rinunciato al diritto/dovere di richiedere la consegna e di perseguire i militari tedeschi accusati di strage in Italia.
Infatti richiedere la consegna di numerosi presunti criminali tedeschi per processarli in Italia, avrebbe voluto ammettere il principio e quindi non potersi rifiutare di consegnare i propri presunti criminali di guerra ad altri paesi richiedenti.
Lo afferma l'ambasciatore italiano a Mosca, Pietro Quaroni, con la piena condivisione dei dirigenti del ministero stesso, in una lettera al Ministero degli Affari Esteri il 7 gennaio 1946: “… Il giorno in cui il primo criminale tedesco ci fosse consegnato, questo solleverebbe un coro di proteste da parte di tutti quei paesi che sostengono di aver diritto alla consegna di criminali italiani”.
Quindi la giustizia sta ancora aspettando, non solo per le vittime delle stragi tedesche, ma anche per tutti gli innocenti trucidati o mandati a morire da quei generali italiani primi protagonisti dell'aggressiva vocazione colonialista dello stato italiano."
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