Materialimo storico e dialettico e critica all'empiriocriticismo

MATERIALISMO STORICO E DIALETTICO

Sebbene sia stato esplicitato maggiormente nei testi di Engels, e sebbene alcuni ritengano che Marx non fosse molto interessato all'opera di sistematizzazione della sua dottrina filosofica realizzata dall'amico, in genere si ritiene che il materialismo dialettico fece la sua comparsa con la rivalutazione critica da parte di Karl Marx del metodo dialettico o evolutivo di Hegel che questi applicava all'analisi dell’Uomo, della sua storia e delle sue opere. Marx capovolse il metodo di Hegel che a suo giudizio "poggiava sulla testa" (cioè sullo Spirito, visto come entità fondante la dialettica storica) "riportandolo sui piedi" (cioè basando la sua filosofia sulla supremazia della materia, di cui i fenomeni spirituali o mentali nel cervello umano sono un prodotto).
Fondamentalmente, ciò che Marx trattenne dell'idealismo hegeliano applicandolo tuttavia al mondo reale (in opposizione al mondo delle idee) fu:
Il rifiuto sia della metafisica idealista (in particolare di tipo religioso) sia dell'empirismo, a favore di un metodo rivolto alla generalizzazione teorica basata sul metodo scientifico: scopo della scienza è scoprire quelle che nel gergo hegeliano sono le "leggi di movimento" dei sistemi che studia, basate sulle forze fondamentali che ne determinano l'evoluzione, rifiutando idee preconcette imposte sui fenomeni ma senza fermarsi neppure ad una mera descrizione statica della loro apparenza superficiale.
Una visione olistica per cui ogni cosa è una parte connessa del complesso che è l’Universo ed è sottoposta, in quanto comunque materia organizzata in forme storicamente determinate, alle medesime leggi fondamentali. Marx rifiuta dunque ogni forma di dualismo.
Il riconoscimento del mutare incessante della realtà, per Hegel frutto del dipanarsi teleologico della dialettica dello Spirito, per Marx al contrario frutto del risolversi e del continuo ricrearsi della contraddizione all'interno degli oggetti materiali, in un'evoluzione che non ha una direzione data dall'esterno ed è intervallata da balzi qualitativi (che nella storia umana sono le rivoluzioni).


Dalla visione materialista tradizionale, ormai già suffragata dalle scoperte dei naturalisti (specialmente Charles Darwin) Marx assume l'idea che la natura non-vivente precedette le forme viventi della natura, che come animali capaci di pensiero astratto e coscienti di sé gli esseri umani si sono evoluti da animali senza questa capacità, e che la mente e la coscienza non possono esistere separatamente da un corpo vivente.


Ludwig Feuerbach
Conseguenza fondamentale della filosofia marxiana è il nuovo ruolo del filosofo materialista-dialettico. Come il mondo secondo Marx non è basato sull'Idea ma sulla materia, così scopo del filosofo non è più solo "interpretare il mondo", ma "mutarlo"

A Lenin si deve l'introduzione dell'espressione "materialismo dialettico", che mette l'accento non più sul rovesciamento materialista della dialettica hegeliana ma soprattutto sul fatto che il marxismo rappresenta una forma nuova di materialismo, distinto dal "materialismo volgare" o "materialismo metafisico" o anche "meccanicismo" tipico di una branca del pensiero filosofico, specie illuminista, che riconduceva tutti i processi naturali al paradigma della meccanica (perfino il pensiero, come esemplifica l'aforisma "Il cervello secerne pensiero come il fegato secerne la bile" attribuito al fisiologo illumista Cabanis).
Nel 1909 Lenin pubblica Materialismo ed empiriocriticismo, in polemica con il compagno di partito Aleksandr Bogdanov il quale sostiene che l'unica realtà (o perlomeno l'unica effettivamente conoscibile) è l'esperienza, contenuta nel lavoro collettivo; in questo Bogdanov riprende e modifica le tesi filosofiche di Richard Avenarius e di Ernst Mach e propone di conciliare con esse il marxismo, giustificando questa operazione sulla base di alcuni nuovi risultati delle scienze naturali. Lenin contesta la filosofia empiriocritica di Mach, a suo parere analoga all'empirismo e al kantismo (che si autodefiniva "filosofia critica"), e tenta di dimostrare la sostanziale somiglianza tra il machismo e il bogdanovismo. Questo libro vuole essere una difesa appassionata e molto dettagliata del materialismo in particolare rispetto ai problemi gnoseologici, partendo dalle posizioni espresse dal "maestro" di Lenin, Georgij Plechanov (autore di testi come Lo sviluppo della visione monista della storia e La concezione materialista della storia)

SOSTANZA DELL'EMPIRIOCRITICISMO

L'empiriocriticismo è un termine usato nel 1894 da Richard Avenarius (1843–1896), professore di filosofia induttiva dell'Università di Zurigo, con il quale voleva definire, attraverso una «critica dell'esperienza pura», una filosofia come scienza che elimini ogni metafisica, mettendo in primo piano «l’esperienza pura», quella che precede la distinzione tra fenomeno fisico e fenomeno psichico. Per lui,l' individuo e l'ambiente in cui è inserito non sono due realtà separate e opposte: l'esperienza che l’uomo ha dell’ambiente esterno è simile a quella di se stesso. Distinguere l'elemento fisico da quello psichico è il risultato di una falsificazione dell’esperienza, causata dall'introiezione, dal riportare all'interno ciò che è esterno, un processo mistificante , che genera le sensazioni personali e dissolve la naturale unità dell'esperienza.
Nelle opere Contributi all'analisi delle sensazioni (1866) e Conoscenza ed errore (1905), Ernst Mach (1838–1916), professore di fisica e poi di filosofia all’Università di Vienna, convergeva con il pensiero di Avenarius, considerando la distinzione tra fenomeno fisico e fenomeno psichico come puramente convenzionale e di carattere pratico.
Quella falsa differenza dipende dall'approccio che si ha nei confronti delle sensazioni, che sono gli elementi costitutivi e primitivi dell'esperienza: per questo, ad esempio, un colore, che è un puro e semplice fatto fisico se lo si mette in relazione ad una fonte luminosa, diventa una realtà psichica se correlato alla retina dell’occhio.
La scienza è dunque una economica elaborazione di leggi naturali con le quali attraverso le sensazioni si mettono in relazione tra di loro i caratteri distintivi dei fenomeni.

Ambedue gli autori prendono spunto dal fenomenismo, ma mentre Mach mette in discussione, con argomenti di tipo epistemologico, il meccanicismo deterministico della fisica e la pretesa della sua metodologia di esercitare un primato su tutto il sapere, Avenarius, che non a caso si riferisce al criticismo kantiano, ha l'obiettivo di liberare la filosofia da ogni impedimento metafisico, sul quale si sono fondate sia le dottrine idealistiche sia quelle positivistiche che esaltavano il metodo scientifico come l'unico valido per un vero sapere.
Sia Avenarius che Mach sono però convinti della validità della conoscenza scientifica per cui si trattava con l'empiriocriticismo di limitare le ingenue pretese del positivismo materialistico e naturalistico e assumere il metodo scientifico come base della conoscenza.
L'obiettivo era quello di trasformare il positivismo in qualcosa di più raffinato eliminando le pretese di dare spiegazioni ultime e definitive della realtà, tipica esigenza della metafisica che genera a sua volta dualismi contrapposti di materialismo e spiritualismo o tentativi di riportare una interpretazione all'altra.
L'errore del positivismo è stato quello di credere al valore assoluto delle leggi scientifiche mentre queste si basano su una necessità economica descrittiva consistenze nell'assumere la molteplice varietà dei fatti particolari empirici con un ristretto numero di segni convenzionali sui quali condurre verifiche sperimentali e le possibili inferenze.
Base della conoscenza scientifica deve essere dunque considerata la pura e semplice esperienza indifferenziata di fisico e psichico che si origina dal rapporto dell'organismo con l'ambiente e delle connessioni di adattamento ed evoluzione secondo le teorie darwiniane. Tutto deve procedere quindi dalle sensazioni, elementi primi della conoscenza, dati definitivi, nè interni ne esterni, nè soggettivi nè oggettivi.

(fonte Wikipedia)

CRITICA ALL'EMPIRIOCRITICISMO

Empiriocriticismo

Concezione filosofica sviluppata da E. Mach e R. Avenarius e affrontata criticamente da Lenin in Materialismo ed Empiriocriticismo. Il punto di partenza della riflessione, in particolar modo di Mach, è il tentativo di liberare il positivismo dal dogmatismo e dalla metafisica di cui era intriso verso la fine del sec. XIX, attraverso la critica dei concetti e dei metodi delle scienze e la definizione di una filosofia il più possibile rigorosa e adeguata allo sviluppo scientifico.

Mach parte nella sua analisi dall'«esperienza pura», cioè dalla sensazione come sola realtà certa e fonte prima di ogni vera conoscenza. La tesi fondamentale è che l'esperienza pura precede la distinzione tra l'aspetto fisico e quello psichico della realtà, che perciò non può e non deve essere interpretata né in senso materialistico né in senso idealistico. Non vi è quindi alcuna distinzione tra soggetto e oggetto: ambedue si identificano in un'unica realtà psicofisica. Gli elementi di questa realtà sono le sensazioni, che, in sé neutre, si qualificano conformemente ai rapporti che di volta in volta vengono a stabilirsi tra di esse.

Così ciò che noi chiamiamo «cose» e «pensiero» sono soltanto forme diverse di rapporto degli stessi complessi elementi, nel senso che la loro diversità dipende solo da una diversità di caratteri e di rapporti. Per Mach le cose al di là di questi elementi sono un'illusione metafisica. In questa concezione anche le teorie scientifiche e le leggi di natura non corrispondono a entità oggettive, ma hanno un carattere convenzionale e di economicità, dipendendo da criteri di utilità, comodità e abitudine.

Lenin combatté aspramente la posizione filosofica di Mach e dei suoi seguaci in Russia mettendone in luce, dietro la facciata critica e aperta, la realtà idealistica e reazionaria. Il significato dell'intervento leniniano può essere compreso solo all'interno della situazione politica e culturale creatasi nella socialdemocrazia russa dopo il fallimento della rivoluzione del 1905. Gli interlocutori di Lenin erano quei pensatori che, pur richiamandosi al marxismo, ne abbandonavano la concezione materialistico-dialettica per farsi portatori della sintesi tra marxismo ed empiriocriticismo, ritenuto idoneo a modernizzare il marxismo, alla luce dei più moderni sviluppi delle scienze e della più avanzata cultura europea. Per Lenin, in una situazione di ripensamento della propria strategia da parte del partito, tale operazione, sotto l'apparenza di un raffinato spirito critico, non solo portava a posizioni idealistiche in filosofia, ma, trattando problemi solo apparentemente slegati dall'azione politica e dalla battaglia teorica, giungeva all'agnosticismo anche nel campo delle scienze sociali e alla negazione della lotta rivoluzionaria.

La critica di Lenin non si rivolse solo ai machisti russi, ma anche e soprattutto a quel movimento più vasto che dominava gli ambienti filosofici e scientifici d'Europa e che ambiva a presentarsi come la più valida scuola di interpretazione dei nuovi risultati scientifici. In questo senso il testo leniniano assume il valore di opera teorica di difesa del marxismo e di suo sviluppo in relazione alle nuove condizioni delle scienze all'inizio del sec. XX. All'empiriocriticismo che riteneva il materialismo superato, Lenin oppose la validità delle tesi del materialismo dialettico, come le uniche capaci di sciogliere il nodo della crisi delle scienze dell'Ottocento, la considerazione della quale portava i filosofi a conclusioni di tipo convenzionalistico e idealistico.

La realtà esiste oggettivamente, dice Lenin, e l'uomo la conosce attraverso un attivo processo di rispecchiamento teorico e di trasformazione pratica. Mach, nel suo tentativo di superare sia il materialismo che l'idealismo, non si rende conto dell'assoluta opposizione delle due tendenze. Il partire dalle sensazioni di Mach quindi è equivoco finché non si precisa la natura delle sensazioni. Per Lenin «la sensazione è realmente il legame diretto della coscienza col mondo esterno». E' proprio questo legame che nega Mach, vedendo anzi la sensazione come un muro invalicabile tra la coscienza e il mondo esterno, in definitiva pertanto come l'unica realtà conoscibile. Così o gli elementi sono sensazioni e allora non esistono fuori della coscienza, o non lo sono e allora si dovrebbe in un modo o nell'altro accedere a posizioni materialistiche, in quanto si dovrebbe ammettere l'esistenza di oggetti indipendentemente dalla coscienza. Per Lenin sono le stesse scienze e il loro sviluppo che confermano la validità delle posizioni materialistiche.
fonte: resistenze.org

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