Indagine sul futuro prossimo del capitalismo
Cosa ci può dire l'esperienza?
Prologo alla definizione dell'economia
"Chiunque faccia una previsione deve basarsi sul metodo induttivo, cioè sulla conoscenza dei dati che hanno preceduto e determinato la situazione attuale, che a sua volta porta a quella futura. Naturalmente sul metodo induttivo s'innesta sempre quello deduttivo, cioè un'elaborazione dei dati a fini teoretici, di conoscenza (i procedimenti matematici sono indiscussi in questo senso). Ma per indagare sul futuro spesso non esiste altro che l'induzione su ciò che è disponibile realmente. Un esempio che riportano tutti i manuali è quello della proposizione "tutti i cigni sono bianchi"… finché non si scoprono i cigni neri in Australia. Ora, per sapere quando avverrà una eclisse di Sole o di Luna la conoscenza precedente ci basta per raggiungere una precisione predittiva notevolissima anche a distanza di decenni, mentre non è sufficiente per sapere se a distanza di tre giorni pioverà o ci sarà il sole in un certo luogo. Questo classico confronto fra un sistema "newtoniano" e uno "caotico" ci obbliga ad introdurre dei correttivi al concetto di previsione, a parlare ad esempio di possibilità e probabilità. Se un evento fosse ritenuto impossibile sarebbe inutile ogni previsione. Se fosse ritenuto solo probabile avremmo un certo grado di aleatorietà nella previsione. D'altra parte il lettore avrà notato che la formulazione è: "ritenere impossibile o probabile"; l'osservatore "ritiene" di sapere qualcosa a priori. Si introduce un elemento soggettivo che di per sé escluderebbe il carattere scientifico dell'indagine.
Qui le cose si possono complicare fino a precipitare nella filosofia. Gramsci ad esempio sosteneva che la volontà influenza la previsione, e ciò è senz'altro vero ogni volta che individui o gruppi si mettono a progettare il proprio futuro; ma ciò è del tutto idealistico al di fuori di un quadro che ponga l'individuo come parte di un tutto, ininfluente sulle sorti dell'universo circostante (non si tratta di giocare con il paradosso dell'uovo e della gallina: per noi non sono i Napoleoni che fanno la storia, bensì è la storia materiale che ne produce fin troppi, con contorno di santi, profeti e demoni del male). Quindi, per non scadere nella filosofia, tagliamo corto con un'affermazione apodittica: noi in quanto rivoluzionari riteniamo a priori che il sistema capitalistico sia transitorio, che esso sarà abbattuto come gli altri diversi sistemi che l'hanno preceduto e che sarà sostituito da un altro caratterizzato dal fatto di esserne la negazione in tutte le sue categorie sociali. L'operazione è lecita perché 1) è basata su leggi dello sviluppo umano dimostrabili empiricamente; 2) tali leggi producono una forza in grado di "rovesciare la prassi" e partecipare al verificarsi del cambiamento che questa stessa forza aveva previsto.
Ovviamente un'operazione analoga è lecita anche per il borghese. Egli, in quanto borghese, ritiene che il sistema capitalistico sia in eterna evoluzione (progresso), che non esistano classi ma fasce di reddito entro le quali una sana concorrenza dispone gli uomini, che questi possano afferrare delle opportunità per salire di livello e che possano "governare", cioè intraprendere azioni per controllare il Capitale in modo che la crescita e lo sviluppo siano assicurati tramite la riforma continua dei meccanismi economici e politici. Un'osservazione induttiva alla scala di tre secoli gli dà ragione: nessuna forza ha mai scalzato il capitalismo e al momento non ne se ne manifesta alcuna in grado di farlo a orizzonte visibile e ragionevole.
Il bello viene quando noi adoperiamo i dati forniti dal borghese per dimostrare il contrario di quanto egli dimostra sulla base degli stessi dati. Siccome non esistono né una scienza né una storia "proletarie", noi e il borghese attingiamo dalla stessa conoscenza. È la conoscenza disponibile che ci dimostra come i sistemi evolvano, come le società si alternino, come sia matematicamente impossibile una crescita infinita in un mondo finito, come sia impossibile continuare a bruciare in un giorno ciò che la Terra ha accumulato in cento milioni di anni. O come, semplicemente, sia impossibile che tre miliardi di cinesi e indiani possano raggiungere un giorno il livello di vita del miliardo di occidentali e usare l'automobile, leggere il giornale allo stesso ritmo: non ci sono né acciaio, né petrolio, né alberi da cellulosa sufficienti sul pianeta perché si possa giungere a ciò. Quindi anche il borghese è costretto ad ammettere che "qualcosa deve cambiare". Ma noi possiamo andare più a fondo con la critica, scaricando bordate d'artiglieria là dove la sua ideologia s'immerge nel portafoglio, per il quale deve fare i conti e scrivere bilanci a fine d'anno usando un metodo condiviso da tutti i suoi simili: egli deve calcolare il PIL, il Prodotto Interno Lordo registrando il "valore aggiunto", per di più omologandolo alla somma dei redditi, nient'altro che il Wert totale di Marx, il plusvalore più il salario. Applica integralmente il succo del Capitale di Marx nello stesso tempo in cui nega la legge del valore!"
estratto da http://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/24/modello_dinamico_01.htm
Titolo:Un modello dinamico di crisi
Indagine sul futuro prossimo del capitalismo
Prologo alla definizione dell'economia
"Chiunque faccia una previsione deve basarsi sul metodo induttivo, cioè sulla conoscenza dei dati che hanno preceduto e determinato la situazione attuale, che a sua volta porta a quella futura. Naturalmente sul metodo induttivo s'innesta sempre quello deduttivo, cioè un'elaborazione dei dati a fini teoretici, di conoscenza (i procedimenti matematici sono indiscussi in questo senso). Ma per indagare sul futuro spesso non esiste altro che l'induzione su ciò che è disponibile realmente. Un esempio che riportano tutti i manuali è quello della proposizione "tutti i cigni sono bianchi"… finché non si scoprono i cigni neri in Australia. Ora, per sapere quando avverrà una eclisse di Sole o di Luna la conoscenza precedente ci basta per raggiungere una precisione predittiva notevolissima anche a distanza di decenni, mentre non è sufficiente per sapere se a distanza di tre giorni pioverà o ci sarà il sole in un certo luogo. Questo classico confronto fra un sistema "newtoniano" e uno "caotico" ci obbliga ad introdurre dei correttivi al concetto di previsione, a parlare ad esempio di possibilità e probabilità. Se un evento fosse ritenuto impossibile sarebbe inutile ogni previsione. Se fosse ritenuto solo probabile avremmo un certo grado di aleatorietà nella previsione. D'altra parte il lettore avrà notato che la formulazione è: "ritenere impossibile o probabile"; l'osservatore "ritiene" di sapere qualcosa a priori. Si introduce un elemento soggettivo che di per sé escluderebbe il carattere scientifico dell'indagine.
Qui le cose si possono complicare fino a precipitare nella filosofia. Gramsci ad esempio sosteneva che la volontà influenza la previsione, e ciò è senz'altro vero ogni volta che individui o gruppi si mettono a progettare il proprio futuro; ma ciò è del tutto idealistico al di fuori di un quadro che ponga l'individuo come parte di un tutto, ininfluente sulle sorti dell'universo circostante (non si tratta di giocare con il paradosso dell'uovo e della gallina: per noi non sono i Napoleoni che fanno la storia, bensì è la storia materiale che ne produce fin troppi, con contorno di santi, profeti e demoni del male). Quindi, per non scadere nella filosofia, tagliamo corto con un'affermazione apodittica: noi in quanto rivoluzionari riteniamo a priori che il sistema capitalistico sia transitorio, che esso sarà abbattuto come gli altri diversi sistemi che l'hanno preceduto e che sarà sostituito da un altro caratterizzato dal fatto di esserne la negazione in tutte le sue categorie sociali. L'operazione è lecita perché 1) è basata su leggi dello sviluppo umano dimostrabili empiricamente; 2) tali leggi producono una forza in grado di "rovesciare la prassi" e partecipare al verificarsi del cambiamento che questa stessa forza aveva previsto.
Ovviamente un'operazione analoga è lecita anche per il borghese. Egli, in quanto borghese, ritiene che il sistema capitalistico sia in eterna evoluzione (progresso), che non esistano classi ma fasce di reddito entro le quali una sana concorrenza dispone gli uomini, che questi possano afferrare delle opportunità per salire di livello e che possano "governare", cioè intraprendere azioni per controllare il Capitale in modo che la crescita e lo sviluppo siano assicurati tramite la riforma continua dei meccanismi economici e politici. Un'osservazione induttiva alla scala di tre secoli gli dà ragione: nessuna forza ha mai scalzato il capitalismo e al momento non ne se ne manifesta alcuna in grado di farlo a orizzonte visibile e ragionevole.
Il bello viene quando noi adoperiamo i dati forniti dal borghese per dimostrare il contrario di quanto egli dimostra sulla base degli stessi dati. Siccome non esistono né una scienza né una storia "proletarie", noi e il borghese attingiamo dalla stessa conoscenza. È la conoscenza disponibile che ci dimostra come i sistemi evolvano, come le società si alternino, come sia matematicamente impossibile una crescita infinita in un mondo finito, come sia impossibile continuare a bruciare in un giorno ciò che la Terra ha accumulato in cento milioni di anni. O come, semplicemente, sia impossibile che tre miliardi di cinesi e indiani possano raggiungere un giorno il livello di vita del miliardo di occidentali e usare l'automobile, leggere il giornale allo stesso ritmo: non ci sono né acciaio, né petrolio, né alberi da cellulosa sufficienti sul pianeta perché si possa giungere a ciò. Quindi anche il borghese è costretto ad ammettere che "qualcosa deve cambiare". Ma noi possiamo andare più a fondo con la critica, scaricando bordate d'artiglieria là dove la sua ideologia s'immerge nel portafoglio, per il quale deve fare i conti e scrivere bilanci a fine d'anno usando un metodo condiviso da tutti i suoi simili: egli deve calcolare il PIL, il Prodotto Interno Lordo registrando il "valore aggiunto", per di più omologandolo alla somma dei redditi, nient'altro che il Wert totale di Marx, il plusvalore più il salario. Applica integralmente il succo del Capitale di Marx nello stesso tempo in cui nega la legge del valore!"
estratto da http://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/24/modello_dinamico_01.htm
Titolo:Un modello dinamico di crisi
Indagine sul futuro prossimo del capitalismo
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