Sguardo al passato e fuga nel futuro incerto

Scrivevano un paio di anni fa quelli del Cerm:


L’
ISTAT segnala il buon andamento dei conti pubblici. Il saldo primario è in significativo miglioramento: 4,4% del PIL nel terzo trimestre 2007; dal 2001 non si registrava un dato così elevato (4,6). Nei primi nove mesi del 2007, il saldo primario è al 3,5% e l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche all’1,3%. Per trovare dati migliori si deve andare al 2000, quando l’indebitamento netto annuo fu dello 0,8%.
..........
La situazione economica del Paese richiede di interrogarsi, da subito, su quali siano i requisiti per la sostenibilità dei conti pubblici negli anni a venire e su quali siano le scelte da compiere per una ricomposizione della spesa a sostegno della crescita, della produttività, della coesione sociale.
Innanzi tutto, l’annoso capitolo delle pensioni. Si fatica a far comprendere, e il Protocollo Welfare lo testimonia, che per ottenere sostenibilità della spesa e adeguatezza delle prestazioni è necessario accelerare l’entrata a regime delle regole della “Dini” e dare impulso allo sviluppo dei fondi pensione. Si tratta di un percorso obbligato, se si vuole concorrere positivamente al funzionamento del mercato del lavoro e del sistema produttivo, rafforzando gli istituti redistributivi del welfare. La troppo vantata stabilizzazione sul PIL della spesa pensionistica rivelerà nel tempo le proprie ricadute sociali negative e troppe pensioni - quelle del lavoro discontinuo, con fasi lunghe da parasubordinato, o con avvio tardo della carriera - saranno così basse da sollevare gravi problemi di adeguatezza e da richiedere interventi compensativi che graveranno sugli altri istituti del welfare, a cominciare dall’assistenza e dalla sanità.
Me è proprio sulla sanità che si giocherà un’altra partita decisiva, se è vero che le proiezioni considerate dalla Commissione e nel Programma di Stabilità, incentrate sulle variabili demografiche, sottostimano le necessità di spesa. Le analisi del CERM (cfr. Editoriale n. 1/2008) rivelano che, quando si considerano le determinanti extra demografiche (elasticità al reddito, progresso tecnico, determinanti istituzionali), a policy invariata, l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul PIL sarebbe destinata a raddoppiare al 2050, con la conseguenza che per riassorbire il debito, servirebbero avanzi crescenti nel tempo sino a valori del 9/10%. Naturalmente, una voce di spesa con una crescita così intensa sarebbe assoggettata a restrizioni nei finanziamenti e a razionamenti, con un impatto sociale sempre più forte: ad esempio, per stabilizzare nel lungo periodo l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul PIL ai valori attuali si richiederebbe una riduzione della copertura pubblica dal 74,7 al 49,5. Per di più, agli effetti redistributivi delle misure di contenimento si aggiungerebbero, per le generazioni più giovani, quelli della riduzione dei tassi di sostituzione pensionistici. Scenari che rendono urgente trovare soluzioni alla nuova governance del SSN tra Stato e Regioni (scegliendo l’assetto regolatorio migliore per stimolare i comportamenti più virtuosi dei decisori politici, dei medici, dei responsabili delle strutture erogatrici di prestazioni e dei cittadini), e allo sviluppo del pilastro di finanziamento sanitario privato (i fondi “doc”).

Tra l’altro, nei documenti previsionali ufficiali alla stabilità dei conti pubblici concorrono anche le riduzioni delle uscite per i capitoli delle indennità di disoccupazione e dell’istruzione, che vanno in compensazione degli aumenti su sanità e pensioni. Uno scenario, questo, difficilmente conciliabile con l’innalzamento della partecipazione al mercato del lavoro, l’aumento dei tassi di occupazione, l’incremento della produttività e dei salari (obiettivi dell’agenda di Lisbona).

La strada imboccata è quella giusta. Ma l’auspicio è che le celebrazioni del momento cedano prontamente il passo alla consapevolezza delle scelte politiche da compiere, a valere nel tempo.


Ora, gli scenari sono radicalmente cambiati. In primo luogo credo che nessuno si senta di sostenere che una delle modalità per risolvere la questione delle pensioni sia quella di fare affidamento sui fondi gestiti da privati e legati alle logiche del mercato finanziario.Viste le ultime esperienze.
Nello stesso tempo questo paese, che vive ormai con lo stomaco qualsiasi questione di carattere sociale ed in particolare quella dell'immigrazione, non ha coscienza del graduale invecchiamento della sua popolazione "indigena" e delle conseguenze che questo fatto avrà sui conti dello stato in materia di sostenibilità della spesa sociale.
Per rispondere ad esigenze legate alla ricerca del nemico, su cui sfogare le frustrazioni, le ricette sociologiche in voga sono quelle di chiudersi in noi stessi, alzare muri e barriere e fare di tutto per rendere difficile la vita a tutti quelli che vengono da noi in cerca di un lavoro.
In questo si sono distinti un po' tutti.
Ora, per gente che si richiama (genericamente) alla necessità di rendere efficiente il sistema impedire che lo stesso tragga nuova linfa e nuove risorse (umane ed economiche) per sostenere una società che lentamente, ma inesorabilmente, è destinata all'ospizio è una roba da neurodeliri.
Lo schema a cui faceva riferimento il documento proposto è saltato. Siamo in un nuovo mondo (quasi) e la schematicità con cui si cercava di conciliare il concetto di risorsa disponibile con la necessità di mantenere un equilibrio con i bisogni sociali non ha più valore.
Ed allora quali sono i nuovi paradigmi? Perché alcune questioni sono sicure:
-noi invecchiamo
-la capacità di generare ricchezza diminuisce
-la ricchezza prodotta sempre più si polarizzerà e questo genererà tensioni
-noi/loro hanno paura
-sono saltati i vincoli di solidarietà e sopravvivono pochi luoghi/enti di coesione sociale
-socialismo e comunismo, come processo graduale di uscita dallo stato presente ,siamo rimasti (contati i miei gatti) in pochi a sostenerlo
-i liberisti si sono nascosti
-i no-global anche
-i monetaristi parlano sotto voce ed hanno flebili argomenti
-l'economia (quella astratta e fatta di modelli)non prevede più per non fare figure di merda

E allora?


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