Apartheid Israeliano e Sudafricano, i due modelli.Noam Chomsky
I. IL SUDAFRICA, ISRAELE E LA PALESTINA: SOMIGLIANZE E DIFFERENZE.
Christopher J.Lee (Safundi): Dato il pubblico di lettori di questo giornale e il suo interesse per le questioni relative all'apartheid e alle relazioni razziali, voglio iniziare con un evento specifico: le udienze che si sono tenute presso la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia alla fine di febbraio, dal 23 al 25, sulle "Conseguenze legali della costruzione di un muro nel territorio palestinese occupato".
Alle udienze hanno partecipato dirigenti sudafricani, e in particolare Aziz Pahad, viceministro agli Affari Esteri e capo della delegazione sudafricana, ha sostenuto di fronte alla corte che "il muro di separazione non è un muro di sicurezza, è un muro per rafforzare l'occupazione, un muro che ha separato centinai di migliaia di Palestinesi dalle loro famiglie, dalle loro case, dalle loro terre e dai loro siti religiosi". Ha parlato anche dell'attuale situazione sudafricana. Ha detto: "Il Sud Africa sta celebrando i primi 10 anni di democrazia. Dopo secoli di divisione e di conflitto, il Sud Africa ha trovato la volontà politica di costruire una nuova società democratica, basata sulla riconciliazione e la coesistenza pacifica". Così, delineava un confronto fra le due situazioni.
Nello stesso tempo, il ministro Pahad ha detto che "il Sud Africa sostiene una soluzione a due stati: lo stato d'Israele dentro confini sicuri, e uno stato palestinese realizzabile dentro confini egualmente sicuri. Il 'muro di separazione' è una maledizione per il processo di pace, così come è concepito nella road map, perché elimina la prospettiva di una soluzione a due stati".
Dall'inizio degli anni 1990, con la coincidenza degli incontri di Oslo e della fine dell'apartheid, lei ha messo a confronto le due situazioni...
Noam Chomsky: Come hanno fatto in molti.
Safundi: Come hanno fatto in molti; e lei ha sostenuto che la soluzione politica dei due stati, come proposta, è simile al sistema dell'apartheid che esisteva in Sud Africa.
Chomsky: Dipende da quale soluzione a due stati.
Safundi: In un confronto di questo genere, qual è il suo punto di vista? Come si mettono a confronto le due situazioni? Come risponde al sostegno della soluzione dei due stati da parte del Sud Africa? Lo ritiene forse illogico da parte loro?
Chomsky: No. Prima di tutto, a proposito del muro di separazione, la prima dichiarazione, che lei ha riportato, è del tutto corretta. È del tutto evidente che non si tratta di un muro di sicurezza. È inconfutabile. Se Israele avesse voluto un muro di sicurezza, nessuno avrebbe obiettato, non ci sarebbe stata nessuna obiezione internazionale e noi sapremmo esattamente dove lo costruirebbero: un paio di chilometri dietro la Linea Verde. Questo è il modo in cui si potrebbe costruire un perfetto muro di sicurezza: lo si fa alto un miglio, si può avere l'esercito di difesa israeliano a pattugliarlo da ambo i lati, sarebbe del tutto impenetrabile. Se si vuole la sicurezza, questo è il modo per averla.
Salvo il fatto che ciò non è mai stato preso in considerazione. E la semplice ragione è che il problema non è la sicurezza. Il problema è espandere il trasferimento nei Territori Occupati, che sta andando avanti da 35 anni. E questo è un ulteriore passo avanti in questa direzione. La sola sicurezza, che dà, è per quei coloni israeliani, che sono illegalmente là, dall'altro versante della Linea Verde. Non ci dovrebbero essere comunque. Se si traccia il percorso del muro, sottrae, si estende in maniera tale da integrare all'interno di Israele settori dei Territori Occupati, che è quello che hanno sempre voluto.
Safundi: Si estende ad est del confine precedente il 1967.
Chomsky: Sì. Non c'è un solo pollice del muro ad ovest. Una parte è sulla Linea Verde, ma neanche un pollice è sul versante israeliano ... è tutto sul versante palestinese, e in aree cruciali.
Larga parte di esso mette sotto controllo le risorse idriche. Il principale strato acquifero è per lo più sotto la Cisgiordania...Gran parte dei programmi di colonizzazione a partire dal 1967 sono stati definiti, avendo in mente preoccupazioni idrologiche di lungo periodo, per assicurarsi che Israele controllasse lo strato acquifero. In realtà Israele ne utilizza quasi l'80% o giù di lì. I coloni hanno addirittura prati all'inglese e piscine, mentre i villaggi palestinesi vicini possono essere totalmente privi d'acqua. Magari hanno da camminare per miglia per riempire un secchio d'acqua. Il muro di separazione favorirà un controllo di cemento sulle risorse idriche, porterà via ai Palestinesi parte della migliore terra coltivabile ed, infine, esproprierà duecentomila Palestinesi, che è molto probabile che non saranno più in grado di sopravvivere là.
Di fatto, persino le condizioni giuridiche sarebbero molto simili a quelle dell'apartheid in Sudafrica: la zona fra il muro di separazione e il confine internazionale -la Linea Verde- è chiamata "la Giuntura" e per la Giuntura ci sono nuove leggi. Se abiti nella Giuntura, ti è permesso di richiedere formalmente il riconoscimento del diritto di abitare a casa tua. Ci sono due categorie di persone che non devono far richiesta formale per questo diritto: la prima sono gli Israeliani, non devono far richiesta formale per godere di questo diritto. E l'altra è quella indicata da una formula, costantemente usata in Israele. L'altra categoria sono le persone che non sono israeliane, ma a cui sarebbe stato permesso immigrare in Israele, se avessero deciso di farlo. In altre parole, ebrei. Non si può essere espliciti e dire che lì "gli ebrei hanno il permesso", ma hanno il permesso quelle che vengono denominate "persone che avrebbero avuto il permesso di immigrare in Israele", principalmente ebrei, se si tien conto del sistema giuridico. E questa è una formula che viene usata sempre, per evitare di dire esplicitamente che il sistema giuridico è razzista. Ma la verità di fatto è che quello che la formula dice è che là possono abitare gli Israeliani e gli ebrei, o forse altri, se loro gli danno il permesso.
Così si sta estendendo -e certo in maniera significativa- lo stato verso est. Ci sono dei problemi. Il piano a lungo termine, che è stato proposto, ingabbia letteralmente le rimanenti zone palestinesi. Là viene pianificato anche un muro orientale.
Safundi: Fra il Giordano e ...
Chomsky: Sì. Non sono andati molto avanti nella cosa, ma è nei piani. E significa essenzialmente portare a termine un piano, che Sharon aveva quasi annunciato almeno dieci, quindici, anni fa, che è un piano per il riconoscimento di uno stato palestinese in probabilmente meno del 50% del territorio della Cisgiordania e che, probabilmente comprenderà Gaza. Penso che sia sincero quando dice di voler lasciare Gaza, che è un buco maledetto. Non la vogliono.
Così si avranno due gabbie -una gabbia a Gaza e una gabbia in Cisgiordania- e probabilmente qualche piccola area della parete orientale di Gerusalemme, che sarà collegata in qualche modo. Ma i piani di Sharon non sono poi così differenti dai piani del Partito Laburista. Infatti, il Partito Laburista -Rabin, Peres e compagnia- non sono mai arrivati neanche a riconoscere uno stato palestinese.
Safundi. Così questa è una parte di un processo a lungo termine.
Chomsky: Proprio così, è parte di un programma a lungo termine. Ora, che il Sudafrica sostenga un accordo per due stati è quasi senza senso. Dalla metà degli anni 1970 il mondo intero ha sostenuto una soluzione a due stati.
Dalla metà degli anni 1970 c'è stato un consenso internazionale particolarmente ampio, che comprende appunto quasi tutti, compresi i maggiori stati arabi, l'OLP, l'Europa, l'Europa orientale, il blocco sovietico, l'America Latina, di fatto praticamente tutti. C'era una certa frangia, il cosiddetto "fronte del rifiuto" nel mondo arabo, che non l'accettava. Ma tutti quelli, che contavano, l'accettavano. Dalla metà degli anni 1970 è stato bloccato dagli stati Uniti. Gli USA posero il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU con questa finalità nel gennaio del 1976; e da allora, anno dopo anno, bloccano un'iniziativa dopo l'altra. Gli accordi di Oslo in realtà hanno mandato all'aria tutto questo. Le modalità non sono generalmente conosciute troppo bene. Ma ecco i fatti.
Dopo la guerra del Golfo, l'amministrazione di Bush I ha capito che ora era in condizione di attuare unilateralmente la sua soluzione al conflitto israelo-palestinese, perché il resto del mondo vi aveva rinunciato. E l'ha fatto. Aprì i negoziati a Madrid, proprio dopo la Guerra del Golfo, sotto gli auspici degli USA. Tirarono dentro i Russi, simbolicamente visto che allora i Russi sopravvivevano appena, ma solo perché sembrasse un'iniziativa internazionale. Ma di fatto fu condotta dagli Stati Uniti. C'era un team di negoziatori palestinesi, condotto dalla persona probabilmente più rispettata della comunità palestinese, Haider Abdel Shafi, un nazionalista conservatore, una persona d'alta integrità. Non è corrotto, è serio e molto rispettato. Infatti [nel 1996] ha ottenuto il più alto numero di voti alle elezioni parlamentari. È stato il capo del team di negoziatori palestinesi, che si è incontrato a Washington, essenzialmente per negoziare un accordo. E si arrivò in un vicolo cieco.
Il vicolo cieco consisteva nel fatto che il team palestinese insisteva perché l'accordo ponesse fine agli insediamenti di coloni nei Territori Occupati. Israele e gli Stati Uniti dissero di no. Questo era il vicolo cieco. A quel punto si mosse Arafat. I Palestinesi erano divisi in due gruppi: gli interni e gli esterni, la gente dei territori e il gruppo di "Tunisi" dei pezzi grossi, gli esterni. Arafat stava perdendo il sostegno nei Territori Occupati e nei campi profughi. Infatti ci furono molti appelli alla sua rimozione. E, a quanto pare, si rese conto che l'unico modo, per rimettersi in gioco, fosse svendere il negoziato palestinese. Così misero su un canale laterale di negoziati ad Oslo -non so se i Norvegesi capivano cosa stavano facendo, ma era molto chiaro., misero su un canale laterale, in cui i negoziati avrebbero potuto procedere fra i Palestinesi del gruppo "Tunisi", Arafat e l'OLP e la leadership israeliana, sotto lo sguardo vigile di Clinton. E raggiunsero un accordo, l'accordo di Oslo, la famosa stretta di mano sul prato all'inglese, alla quale Abdel Shafi si rifiutò di partecipare, perché non avevano insistito sulla fine degli insediamenti di coloni. Questo è tutto.
Safundi: Poi Arafat ha preso questa posizione.
Chomsky: No, non l'ha presa. La posizione di Arafat era simile a quella della leadership nera del Transkei [all'epoca dell'apartheid]. Sulla base degli accordi di Oslo la sua responsabilità era quella di controllare la popolazione palestinese ed assicurare che non si opponesse in alcuna maniera significativa agli accordi di Oslo. E fu molto violento. Uno dei primi atti, dopo gli accordi di Oslo, fu di cominciare ad arrestare quelli che si opponevano all'accordo. E gli USA pensavano che fosse bene, Israele pensava che fosse bene.
Era corrotto, si sa. I suoi amici compravano ville a Gaza. Aveva del denaro messo via lontano. Nessuno se ne curava. È proprio come il Sudafrica.
Safundi: Assomiglia allora a Mangosuthu Buthelezi, capo dell'"Inkatha Freedom Party", che si comportava come la cinghia di trasmissione fra il governo dell'apartheid e la sua base locale di sostegno.
Chomsky: Può darsi. I capi dei Bantustans sono un termine di paragone più preciso. Il loro compito era di tener calma la popolazione...Potevano essere corrotti, violenti, ricchi, quanto volevano. Di fatto l'intera storia dell'imperialismo funziona così. Chi governava l'India sotto i Britannici? Gli Indiani. Chi governava l'Europa sotto i Nazisti? I Francesi, i Norvegesi e così via. Chi governava l'Europa Orientale, soggetta al Kremlino? I Polacchi, i Cechi. Funziona così.
Nel frattempo la colonizzazione è continuata, ha continuato a usurpare nei Territori Occupati: era chiarissimo...Devo dire che proprio dopo Oslo, ho subito scritto un articolo -uscito un mese dopo Oslo- dicendo che questa era la fine dell'accordo per due stati, perché avrebbe eliminato ogni possibilità di realizzarlo; ed è proprio quello che è successo. I programmi di insediamento coloniale sono continuati regolarmente. Di fatto l'anno record per gli insediamenti coloniali è stato l'ultimo anno della presidenza Clinton: il 2000, l'anno di Clinton e di Barak, il 2000, l'anno di Camp David, la colonizzazione ha raggiunto il livello più alto da prima di Oslo. Ed è continuata.
Safundi: Così c'era in discussione una soluzione a due stati?
Chomsky: L'idea di una soluzione a due stati non si presentò. Questo è un mito. Nella comunità internazionale è stato praticamente costante a partire da metà degli anni 1970. Che il Sudafrica lo abbia condiviso non ha significato molto: lo hanno condiviso tutti.
Gli USA erano contrari ad esso, ad esso era contrario Israele; e sono rimasti contrari per tutto il periodo di Oslo. Di fatto il primo accenno israeliano a uno stato palestinese è stato del governo Benjamin Netanyahu, un governo di estrema destra. Vi hanno accennato, ma proprio per metterlo in ridicolo. Dissero: "Bene, lo vogliono chiamare stato? D'accordo, lo possono chiamare pollo fritto, se vogliono". Questo è stato il commento. USA ed Israele hanno cominciato a parlare di uno stato palestinese attorno al 1999-2000, poi sono arrivate le proposte di Camp David, che sono un sistema a Bantustan.
Safundi: Così è sostanzialmente una copertura allora.
Chomsky: Una copertura. Ed era chiaro fin dal 1993. Ora in realtà, se si fa veramente attenzione all'intrico dei dettagli, il cambiamento avviene dopo l'Intifada.
Safundi: La seconda Intifada.
Chomsky: La seconda Intifada. La prima Intifada ha dato inizio a tutta la faccenda. Prima di essa nessuno ci avrebbe fatto caso. Ma la prima Intifada chiarì che si doveva fare qualcosa, così andarono ad Oslo. Poi, dopo, la seconda Intifada scatenò l'offensiva e è diventata una cosa seria.
Per la prima volta [gli Israeliani] incontravano nei Territori una resistenza organizzata. Erano andati avanti per 35 anni di dura occupazione militare senza che accadesse nulla di importante. Mi spiego, i Palestinesi "sopportavano". Resistenza voleva dire sopportare. Non alzare la testa, ma rimanere fermi. Non farti cacciare via a calci. Questa era la resistenza. C'era qualche eccezione, ma sostanzialmente era così.
Dopo, l'offensiva della seconda Intifada, ha dato la sveglia. Nel dicembre 2000, alla fine del suo mandato, dopo le elezioni, Clinton propose quelli, che chiamava "parametri informali", che non erano mai stati resi pubblici, ma era chiaro cosa fossero. Dopo questo, a Taba, in Egitto, nel gennaio 2001, ripresero i negoziati fra negoziatori israeliani e palestinesi d'alto livello (non era una cosa formale, ma era ad alto livello) e in realtà pervennero a una proposta, che era un gran passo in avanti rispetto a Camp David. Non era ancora accettabile -lasciava ancora che gli insediamenti coloniali israeliani dividessero la Cisgiordania-, ma era un gran passo in avanti. In seguito, Israele si ritirò dai negoziati, prima delle elezioni; poi arrivò Sharon ed ufficialmente non Israele non è mai tornata al tavolo dei negoziati. Ma nel frattempo inaspettatamente, non lo si sapeva, sono continuati negoziati informali, che hanno portato a quelli che vengono chiamati Accordi di Ginevra.
Gli Accordi di Ginevra dello scorso dicembre sono stati fatti formalmente, fra ex dirigenti governativi israeliani di un certo livello e alti dirigenti dell'Autorità Palestinese. Nessuno li ha formalmente accettati. L'Autorità Palestinese -alla sua maniera- li ha più o meno ambiguamente accettati. Israele li respinge. Gli USA non li considerano neanche. Ma questa è la base per un accordo a due stati, di un tipo non troppo differente da quello che per quasi 30 anni ha goduto del consenso internazionale.
La questione cruciale è: gli USA lo accetteranno? Il muro di separazione è proprio un altro passo in avanti verso la sua inaccettabilità. Siamo fermi a questo punto. Il governo USA, compreso Colin Powell e gli altri, si rifiuta semplicemente di modificare la propria linea di rifiuto di un accordo politico. Accetteranno qualcosa, ma quello che accetteranno saranno i Bantustans.
Safundi: Ritiene, allora, che per questa situazione sia appropriato il termine "apartheid"?
Chomsky: L'apartheid in Sudafrica significava qualcosa di diverso. L'apartheid non erano [solamente] i Bantustans, l'apartheid era l'ordinamento interno del Sudafrica. I Bantustans erano abbastanza brutti, ma si trattava di qualcos'altro, si trattava di ingabbiare la popolazione in territori invivibili. Come mettere gli Indiani nelle riserve. Questo non lo chiamiamo apartheid. La chiamiamo in un altro modo.
Safundi: Ma il termine è stato invocato da qualcuno in Israele, come anche fra gli esperti.
Chomsky: E' stato invocato, ma per motivi differenti.
Safundi: Quali sono questi motivi?
Chomsky: Quelle ragioni hanno a che fare con Israele stesso. Uri Davis -[che] è impegnato nella disobbedienza civile dagli anni 1960, è stato il primo vero attivista a praticare la disobbedienza civile in Israele- negli anni 1960, denunciò la vera apartheid dentro Israele. Questa ha percorso l'intera storia dello stato, ma è stata particolarmente drammatica attorno il 1967-1968.
Israele ha una tecnica ha una tecnica per espropriare i cittadini israeliani non ebrei: questo è apartheid. Uno dei modi, per farlo, è dichiarare un'area zona militare, così per motivi di sicurezza la gente la deve sgombrare, e accade sempre che non è mai un'area appartenente a Ebrei, ma è palestinese; poi, dopo che è stata dichiarata zona di sicurezza, si costruiscono insediamenti coloniali. Questo è quanto va avanti ancora oggi. I villaggi palestinesi si son visti portar via le loro terre.
Safundi: Così assomiglia alle rimozioni forzate, che avvenivano in Sudafrica.
Chomsky: Sì, dello stesso tipo. E poi, quando la gente se ne è dimenticata, entri e costruisci una città di soli ebrei. Ecco cosa è accaduto. I villaggi palestinesi sono stati ristretti e hanno cominciato a costruire una città di soli ebrei, Karmiel. Questa era un'area chiusa. Uri Davis vi entrò, infrangendo la legge, per protestare per quello che stava avvenendo. Questa fu la prima vera azione di disobbedienza civile.
Safundi: Questo, quando avvenne?
Chomsky: Negli anni sessanta, non ricordo precisamente quando. Siamo amici da anni. Poi, dopo, ha cominciato a scrivere un saggio scientifico su quello, che chiama l'"Israele dell'apartheid". E tale è la struttura interna della società -di fatto, anch'io ho scritto qualcosa sull'argomento- e Ian Lustick, che forse lei conosce, un professore della Pennsylvania, ha scritto qualcosa a proposito. Ma internamente, dentro Israele stesso, senza considerare i Territori Occupati, c'è un sistema estremamente discriminatorio. È sottile, certo. Non hanno una legge, che dice "solo gli ebrei", ma è lo stesso.
Safundi: Assomiglia allora al Jim Crow South (al Sud di Jim Crow). [Alla discriminazione razziale negli stati del sud degli USA]
Chomsky: Ancora peggio. Il Jim Crow South era un apartheid di tipo non ufficiale, qui è formalizzata. Così, per esempio, se prendi in esame le leggi sulla terra e le decodifichi del tutto, quello che significano è che circa il 90% della terra di Israele è riservata a coloro che vengono definiti "ebrei per razza, religione e origine".
Safundi: Usano il termine "razza".
Chomsky: "Razza, religione e origine". Questo è contenuto nell'accordo fra lo stato d'Israele e il Fondo Nazionale Ebraico, che è un'organizzazione non israeliana, che -comunque-, attraverso diversi congegni burocratici, amministra la terra. Così accade che ha il ruolo principale nell'autorità per l'amministrazione della terra.
Tutto questo è coperto abbastanza perché nessuno possa dire: "Vedi, c'è una legge da apartheid". Devi tirarla fuori dai vari regolamenti e procedure, ma c'è. In effetti, vuol dire che il 90% della terra, in una maniera o nell'altra è riservata ai cittadini israeliani ebrei. C'è il caso sporadico di un contratto a breve termine concesso a un beduino, ma sono vicini allo [zero]. Di fatto viene presentata come una legislazione molto progressista, socialista. Perché la terra è nazionalizzata, non è sotto proprietà privata; e questo è considerato molto progressista, occidentale, di sinistra. Certo, "questo è spaventoso", ma è proprio una tecnica per assicurare che la terra sia riservata ai cittadini ebrei, non a quelli arabi.
E allora ciò rivela, in tutti i modi che si possono immaginare, se c'è uno sviluppo di villaggi o scuole o acque di scolo, le cose usuali che discriminano proprio in maniera netta. Così, in questo senso, c'è una sorta di struttura d'apartheid ed è fondata dentro il sistema. È fondata anche sulle leggi per l'immigrazione e su ogni tipo d'altre cose.
Safundi: Pensa che questo termine, l'invocazione di questo termine, significhi qualcosa a livello di massa?
Chomsky: Io stesso non lo uso, a dire il vero. Proprio come non uso [spesso] il termine "impero", perché sono termini veramente incendiari...Penso che sia sufficiente descrivere solamente la situazione, senza paragonarla ad altre. Ogni paese è destinato ad avere la sua propria forma: Jim Crow è differente dall'apartheid del Sudafrica.
Io sono cresciuto qui, negli USA, in un periodo di antisemitismo estremo. Quando ero bambino negli anni '30, quando mio padre riuscì a mettere insieme abbastanza denaro per acquistare un'automobile di seconda mano e ci volevamo spingere insieme per il weekend fino alle colline vicino alla città, dove abitavamo, dovevamo verificare i motels. Se un motel segnalava "restricted" (ristretto), ciò significava che non potevamo andarci, perché voleva dire che non era permesso agli ebrei (agli ebrei, non ai neri). E al tempo in cui frequentai Harvard, nei primi anni 1950, a causa di tanto antisemitismo non c'era nessuna facoltà ebraica. Una delle ragioni, per cui il MIT (Massachusetta Institute of Tecnology) è diventato una grande università, è che un'altra facoltà ebraica non si sarebbe potuta attivare ad Harvard, così gli ebrei andavano alla facoltà di ingegneria che trovavano lungo la strada. Non è la stessa cosa che l'apartheid sudafricana, non so che nome le si possa dare, ma è qualcosa. Bisogna descriverla per quello che è.
Negli USA il razzismo antiarabo è endemico. È grandissimo. Di fatto è il solo tipo di razzismo legittimo. I professori di Harvard possono scrivere articoli con condanne degli arabi apertamente razziste, senza che vi si presti attenzione. Qualche volta ho tenuto discorsi dove facevo simili dichiarazioni e mettevo "ebrei" al posto di "arabi" e la gente diceva: "Mio Dio, questo è orrendo. Come può qualcuno dire questo?" Si dice loro che si tratta di arabi, non di ebrei, e si rilassano.
Il razzismo è endemico. Non so come lo si possa chiamare con precisione. Non c'è alcuna base legale, ma c'è. Israele ha la sua propria forma. Molti altri paesi anche.
Safundi: Certamente non vogliamo fissare principi universali, ma quel che lei suggerisce è che molti posti sperimentano queste forme di discriminazione razziale e culturale, che sono collegate a certe situazioni di potere.
Chomsky: Si trovano dappertutto.
Safundi: Così, "apartheid" non è che un termine che designa questo fatto.
Chomsky: L'apartheid è stato un sistema particolare e una situazione particolarmente ignobile. Davis è un buon amico e non mi importa se usa il termine "apartheid", ma io personalmente non l'avrei usato. È come segnalare un segnale di pericolo, quando va benissimo descrivere semplicemente la situazione. Ma direi che è completamente diverso da quello che accade nei Territori Occupati.
Safundi. Lei, quindi fa una distinzione fra l'"apartheid", come essa è ben conosciuta all'interno di Israele, in confronto alla situazione generale fra Israele e i Territori Occupati.
Chomsky: Sì.
Safundi. Così, applicherebbe il termine "apartheid" a quella situazione generale?
Chomsky: La chiamerei un assetto a Bantustans. È molto simile a questo. Le iniziative sono prese con il contributo finanziario decisivo degli USA. Il sostegno diplomatico, militare ed economico USA è decisivo. Non lo si può fare senza di esso.
Safundi: E questo è simile al sostegno USA al Sudafrica durante il periodo dell'apartheid negli anni 1980.
Chomsky: Sì. Come sono sicuro che lei sa che l'amministrazione Reagan -che è sostanzialmente la stessa che è al potere adesso e che comprendeva persone come Colin Powell- trovò il modo per evitare le restrizioni del Congresso, così da continuare a sostenere l'amministrazione dell'apartheid, quasi fino alla fine.
Safundi: Collegato a questo...
Chomsky: Nel caso di Israele, non devono nasconderlo, perché non ci sono sanzioni.
Safundi: Questa è la mia domanda. Un'importante tattica contro l'apartheid è stato l'uso finale della sanzioni. La considera una possibilità?
Chomsky: No. Infatti sono sempre stato molto contrario, nel caso di Israele. Per un certo numero di ragioni. Persino nel caso del Sudafrica, penso che le sanzioni siano state una tattica molto discutibile. Nel caso del Sudafrica, penso, che alla fine siano state legittime, perché era chiaro che la grande maggioranza della popolazione del Sudafrica era a loro favore.
Le sanzioni colpiscono la popolazione. Non le si impone, a meno che la popolazione non le richieda. Questa è la questione morale. Così. Il primo punto nel caso di Israele è questo: "Le chiede la popolazione?" Beh, certamente no.
Ma c'è un altro punto. Le sanzioni contro il Sudafrica sono state alla fine imposte dopo anni, decenni di organizzazione e di attivismo, che erano arrivati al punto che le persone potevano capire perché volevamo farlo. Così dal momento che le sanzioni furono imposte, a sostenerle c'erano le multinazionali. C'erano i sindaci delle città che facevano arresti, a sostegno delle sanzioni.
Così fare appello alle sanzioni qui, quando la maggioranza della popolazione non capisce quello che si fa, dal punto di vista tattico è assurdo (persino se fosse moralmente corretto, che penso non lo sia).
Il paese, contro il quale si dovrebbero imporre le sanzioni, non le richiede.
Safundi: I Palestinesi non stanno richiedendo le sanzioni?
Chomsky: Le sanzioni non sarebbero imposte contro i Palestinesi, sarebbero imposte contro Israele.
Safundi: Vero ... e gli Israeliani non richiedono le sanzioni.
Chomsky: Inoltre, non ce n'è bisogno. Dovremmo chiedere le sanzioni contro gli Stati Uniti. Se gli USA smettessero di aiutarlo massicciamente, sarebbe finito. Così non è necessario che ci siano sanzioni contro Israele. Sarebbe come si fossero messe sanzioni alla Polonia, sotto il dominio russo, per quello che facevano i polacchi. Non avrebbe avrebbe avuto senso. Qui, i responsabili erano i Russi.
Israele, naturalmente, farà tutto ciò che vorrà, fin quando gli USA lo autorizzano. Appena gli USA dicono no, allora è finito. I rapporti di forza sono determinanti. Non è bello, ma il mondo funziona così.
II. ISRAELE-PALESTINA, SUDAFRICA E LE ORIGINI DEL CONFLITTO POLITICO. LA QUESTIONE DEL COLONIALISMO DEGLI INSEDIAMENTI.
Safundi: Vorrei spostare la discussione per riflettere su una categoria diversa da quella dell'"aparteid", per riflettere sul categoria del "colonialismo degli insediamenti". Il colonialismo degli insediamenti è sicuramente un fenomeno sperimentato in un certo numero di regioni del mondo: il Nord Anerica, il Sudafrica, l'Algeria, l'Australia, molti posti.
Chomsky: in quasi tutto il mondo. Dipende da quanto indietro si va.
Safundi: Giusto. [Risata] Alcuni esperti la applicano al periodo post 1967. Se la sente lei di applicare questa categoria a questo periodo.
Chomsky: Il periodo successivo al 1967 è differente. Il concetto di colonialismo degli insediamenti si riferisce al periodo precedente al 1948. E' chiaramente una popolazione straniera che arriva e che sostanzialmente espropria una popolazione indigena.
Safundi: C'era una comunità ebraica, tuttavia...
Chomsky: Beh, c'era una piccola comunità ebraica, che era per lo più antisionista. A Gerusalemme e in pochi altri posti c'era una comunità ebreo ortodossa tradizionale, ma, prima che i coloni europei cominciassero ad arrivare, era fortemente antisionista e i suoi discendenti sono antisionisti ancora oggi. Questo è ormai un gruppo marginale, un piccolo gruppo. Erano ebrei ortodossi, che volevano pregare a Gerusalemme; hanno persino chiesto alla Giordania di riprendersi Gerusalemme, così avrebbero potuto avere la libertà religiosa, che pensano di non avere sotto Israele. Ma hanno una storia a parte, si sa. Non erano così al 100%. Fra di loro c'era anche una cellula sionista, ma la loro maggioranza "prima di quella, che è chiamata Aliyah, cioè "il raggiungimento della terra", l'arrivo degli europei- era antisionista. Dal 1948, questo argomento è superato. Là "bene o male- c'era uno stato. E quello stato avrebbe dovuto godere dei diritti di ogni stato nel sistema internazionale, né più né meno. Dopo il 1967 c'è una situazione completamente differente. Si tratta di un'occupazione militare.
Safundi: I coloni avevano occupato parte del territorio.
Chomsky: Non prima del 1967. Non potevano. Sarebbero stati uccisi.
Safundi. Ma dal 1967...
Chomsky: Dal 1967, dopo l'occupazione dei territori, Sinai compreso, lentamente i programmi di insediamento furono avviati nei Territori, che erano sotto occupazione militare.
In realtà, l'insediamento più grande era nel Sinai. Nel 1971 dall'Egitto fu offerto ad Israele un trattato di pace. Dicevano che avrebbero accettato la risoluzione n.° 242 dell'ONU, il ritiro ai confini internazionali, i diritti di navigazione, tutto, ma volevano che Israele ponesse fine agli insediamenti nel Sinai, a nord-est. Allora c'era un governo laburista. Non c'era Sharon. Israele cacciò via migliaia di contadini, Beduini li chiamavano, ma erano contadini stanziali, nel nord-est del Sinai, spingendoli nel deserto per costruire una città esclusivamente ebraica. L'Egitto era infuriato. Sadat avanzò la richiesta di un ampio accordo politico, che ponesse fine alla colonizzazione del Sinai. La sua principale preoccupazione era la salvaguardia del territorio egiziano. Israele e gli Stati Uniti la respinsero. Questo il motivo per cui il conflitto militare è andato avanti. Alla fine, nel 1978, a Camp David, Israele e gli USA accettarono la proposta, che Sadat aveva fatto nel 1971, e, che loro avevano respinto: e la ragione per questo era stata la guerra del 1973.
Nel frattempo, Israele ha cominciato con la colonizzazione della Cisgiordania e di Gaza: e questa è aumentata. È un programma molto sistematico.
Safundi: E' un orientamento di lunga data.
Chomsky: E' un orientamento di lunga durata, ma è una colonizzazione illegale nei territori sotto occupazione militare. È del tutto differente da qualsiasi cosa si descriva, che sia accaduto prima del 1948. Del tutto differente.
Ora "se vuole la mia opinione- sono stato coinvolto in questo fin dalla mia fanciullezza negli anni 1930. Facevo parte del movimento sionista, di fatto, ero un leader della gioventù sionista, ma ero contrario a uno stato ebraico, e questa era una componente del movimento sionista allora. Non era la componente principale, ma era considerata sotto l'ombrello [del sionismo], così potevo essere un attivista, leader della gioventù ebraica "la cosa più importante nella mia giovinezza-, ma contrario a uno stato ebraico, fino al 1948.
Safundi: Perché lei pensava che uno stato ebraico sarebbe stato in conflitto con alcuni principi secolari socialisti.
Chomsky. Vede, sono contrario a uno stato mussulmano, sono contrario a uno stato bianco, a uno stato cristiano, perché mai dovrei essere a favore di uno stato ebraico? È uno stato, che discrimina, quasi per definizione. Se fosse una cosa simbolica del tipo "la domenica non si va a scuola", non costituirebbe un problema, ma era chiaro che sarebbe stata qualcosa di più di una cosa simbolica, come le leggi sulla terra, per esempio.
Per questo, sì, pensavo che fosse un'idea terribile. Ma una volta che, nel 1948, fu costituito, io sono stato là ... realmente, ho vissuto là in un kibbutz per un po' di tempo. Se continuavi a considerare te stesso parte di questo movimento generale, quello, per cui eri a favore, era l'eliminazione degli elementi più discriminatori interni ad Israele e, naturalmente, l'opposizione alla conquista di terra straniera.
Safundi Così diventa in un certo senso un movimento per i diritti civili.
Chomsky: Sì, interno ad Israele. Comunque, nel 1967 pensavo che, dopo la guerra del '67 Israele avesse un'opportunità fantastica: avrebbe potuto avanzare in direzione della pace con i maggiori stati arabi, come l'Egitto e la Giordania, che sostanzialmente erano d'accordo ad arrivare alla pace nel giro di due anni. E all'interno della Cisgiordania "l'area fra il Giordano e il Mediterraneo- quello, che secondo me si doveva fare era andare verso una federazione di due nazioni, cioè due unità federate, in un certo senso, come il Belgio. Una sostanzialmente ebraica, l'altra sostanzialmente araba. Ciascuna delle due all'interno avrebbe discriminato "non c'è maniera di evitarlo- , ma ciò sarebbe stato compensato dal fatto che erano due società parallele, che poi si sarebbero integrate... più le associazioni si sviluppano lungo linee non nazionali, più grande è l'integrazione, che può progredire fino a un punto in cui, per qualche accordo, il popolo stesso può formare uno stato di tipo laico.
Ora, ciò non è qualcosa su cui si possa legiferare. È qualcosa, che deve crescere. Ritengo che la possibilità di crescere sarebbe venuta fuori da un accordo di tipo federale.
Safundi: Che, però,...
Chomsky: I Palestinesi l'avrebbero sicuramente accettato, gli stati arabi l'avrebbero accettato, il mondo non avrebbe fatto obiezioni. Israele non l'avrebbe accettato.
Safundi: Ritiene che un'opzione del genere riemerga?
Chomsky: Beh, penso che abbiano perso l'occasione buona. È interessante quanto è accaduto fra il 1967 e il 1973, questa era un'opzione molto brillante. C'erano pochissime persone che ne parlavano. Io ero uno dei pochi ed eravamo molto odiati da entrambe le parti. Nessuno voleva parlare con noi. Nel 1973, è stata superata. Nel 1973 ci fu la guerra, fu una guerra seria. Per Israele fu molto pericolosa. Dopo la guerra, riconobbero di non poter respingere le proposte dell'Egitto. Gli Usa ed Israele cominciarono a operare in direzione di un accordo con l'Egitto. Ma da allora la questione palestinese entrò nell'agenda internazionale, anche la comunità palestinese; dal 1973 in poi, l'unica opzione reale è stata quella dei due stati.
Ora si può tornare indietro all'epoca delle possibilità, che si sono perse? Ne dubito. Di fatto, riscuote poco interesse negli Stati Uniti e in Israele, parlare di uno stato bi-nazionale è poco giustificato, mentre nel periodo dal '67 al 73 era considerato un anatema. Cos'è cambiato? Penso che quello, che è cambiato, è che ora viene riconosciuto come impossibile. Cos', dunque, se qualcuno vuole scrivere su questo un articolo per la "New York Review of Books", non è più un problema. Al tempo in cui era realizzabile, non era permesso. Di fatto, è stato disdegnato. Una delle ragioni, per cui -relativamente agli intellettuali americani- la mia posizione desta un certo interesse, era che io ne parlavo allora. Adesso puoi parlarne, perché è irrealizzabile. Non è possibile in alcuna maniera che Israele ora sia d'accordo per una forma qualsiasi di stato federale bi-nazionale. Così, bene, se gli intellettuali vogliono parlarne, non è un problema.
Safundi. Ne ha parlato Edward Said.
Chomsky: Edward Said è un vecchio amico, ma "alla fine degli anni 1990- era in ritardo di 30 anni, e gli è stato anche permesso di scriverlo sul New York Times. Se avesse provato a far intendere la cosa al tempo, in cui era realizzabile, in pratica sarebbe stato impiccato. Ma, alla fine degli anni 1990, andava bene, perché non rientrava fra le cose possibili. Edward è stato un sostenitore della soluzione a due stati.
Safundi: Ma ha finito con l'essere sostenitore di [una soluzione a] un solo stato.
Chomsky: Alla fine degli anni 1990. Dopo Oslo. Ma proprio nel periodo dell'accettazione della soluzione a due stati da parte dell'OLP "di fatto è stato uno di quelli che l'ha proposta- (siamo vecchi amici) non ha avuto una posizione diversa. Forse nei recessi della sua mente. Ma condivideva il generale consenso internazionale e l'ipotesi dominante palestinese per un accordo a due stati. Alla fine degli anni 1990 "da allora forse era possibile- dopo che si è potuto vedere dove portava Oslo.
Si è opposto immediatamente ad Oslo. Sapeva esattamente cosa sarebbe successo. Era uno dei pochi a capire subito che Oslo era una svendita. E si è opposto dall'inizio. E allora ha agito per richiedere l'abbandono dell'accordo a due stati, così come era definito dal processo di Oslo.
Ma il periodo, in cui [la soluzione federale] era realizzabile, è stato dal 1967 al 1973. Cioè, quando proprio non se ne poteva parlare. E se si considera l'attuale discussione, non fa mai riferimento a quella. Hanno avuto una possibilità di farlo, e questa possibilità non c'è più. Forse un giorno tornerà, ma non adesso. Il solo accordo possibile oggi passa attraverso il consenso internazionale: Una soluzione a due stati o qualcosa di simile, su o vicino il confine internazionale.
Safundi. Ritiene che si sia passati "parlando del colonialismo degli insediamenti- dal modello algerino a quello sudafricano?
Chomsky: Ancora. Io penso che si debba distinguere fra Israele e i Territori Occupati. Nei Territori Occupati si tratta propriamente di un'illegale conquista territoriale.
Safundi: Come il Sudafrica.
Chomsky: No, perché il Sudafrica operava all'interno della legalità internazionale. Il Sudafrica era considerato uno stato che aveva il controllo del suo territorio. Israele non ha alcun diritto sui territori occipiti, più di quanti non ne avesse Saddam Hussein sul Kuwait .è una faccenda completamente diversa. Quello che accade all'interno dell'Iraq di Saddam Hussein è una cosa, ma quello che accade in Kuwait è completamente diverso. Non che siano entrambe accettabili, ma sono diverse. E i Territori Occupati sono come la conquista del Kuwait.
Quando Israele conquistò metà del Libano, ora quella fu aggressione; e, se avesse dato inizio ad insediamenti in Libano, questo sarebbe stato del tutto diverso da quello che accade in Israele. Questa distinzione è fondamentale.
III. IL SUDAFRICA: IL SUO ESEMPIO, LE SUE SFIDE.
Safundi: Vorrei passare al Sudafrica. So che lei c'è stato e ha tenuto conferenze all'UCT e altrove. Sono curioso di conoscere qual è la sua attuale opinione sul Sudafrica, come stato che ha affrontato una transizione drammatica. Ho letto passi della nuova edizione di "Fateful Triangle" (Triangolo Fatale), dove lei lo descrive come un successo, e si tratta di una storia finita bene di una certa importanza.
Chomsky: Di una certa importanza.
Safundi: Sono curioso di conoscere le sue impressioni sull'ANC (African Natonal Congress), in quanto antico partito di opposizione "qualcosa di simile all'OLP, in quanto organizzazione considerata per molto tempo marginale almeno negli USA-, che poi è arrivato al potere ed è stato riconosciuto dagli USA. Cosa ne pensa?
Chomsky: Bene, l'ANC è una storia diversa. Ovviamente ho letto su di essa un sacco di cose, e sono stato là; ma quando sono stato là, ha arricchito il bagaglio di esperienza personale, che mi ero fatto comunque leggendo.
Si prenda, ad esempio, Città del Capo, dove sono stato: se si è dentro, dentro Città del Capo, ha l'aspetto di una città progressista. Neri e bianchi mischiati fra loro, i neri girano in limousine, proprio come i bianchi. Ed ha le sue zone povere, ma fa vedere che c'è pieno di visi neri, così da sembrare una città integrata.
D'altro canto, se ci si allontana dalla città solo di un pollice, è una storia dell'orrore. Ci sono alcuni dei più spaventosi slums, che abbia visto in vita mia. Ho potuto entrarvi a malapena, perché gli attivisti, che mi hanno portato là [nel 1997] avevano paura ad entrarvi. Sono un brulicare di masse di poverissimi, tutti neri naturalmente. Quando ci sono stato, non c'era elettricità. Non so se c'è adesso. Questa è l'altra faccia del Sudafrica.
Perciò, quello che sostanzialmente è successo "non penso che sia un segreto-, è che il sistema di discriminazione razziale è stato tecnicamente eliminato, ma che il sistema di classe è rimasto. È vero che adesso c'è qualche viso nero fra i ricchi. Il sistema di classe è molto simile al sistema di discriminazione razziale. Non è rigido e non è formalmente razzista. Di fatto, per gran parte della popolazione può essere peggio di quando c'era l'apartheid. L'ANC ha intrapreso un programma standard neoliberista, che rovina la maggior parte della popolazione, in qualsiasi luogo sia imposto. E si sa perfettamente il perché: è fondato sul sistema. Persino negli Stati Uniti. Tuttavia, se si considera quello che è accaduto, da quando sono state imposte politiche più o meno neoliberiste, negli USA non sono così rigorose, come lo sono in un paese del terzo mondo, perché la popolazione non lo permette: queste misure sono prima di tutto per i deboli, i ricchi non le accetterebbero mai. Ma persino in un paese ricco come gli USA, c'è stato qualche passo in questa direzione: l'amministrazione Reagan, l'amministrazione Clinton, che non è stata molto diversa e l'attuale versione più estremista. Alcuni trovano molto difficile smantellare la legislazione e i programmi dello scorso secolo, che hanno in qualche modo protetto l'insieme della popolazione dai saccheggi di un incontrastato sistema capitalistico monopolistico. Ed è molto difficile.
Safundi: Così lei ritiene che il Sudafrica segua lo stesso percorso.
Chomsky: Beh, è molto più estremo, perché si tratta di terzo mondo. Il Sudafrica è un caso molto più estremo. Questi programmi neoliberisti possono essere applicati con un rigore di gran lunga più grande nei paesi, in cui la popolazione non ha conquistato molti diritti per sé. Negli Stati Uniti, ci sono stati duecento anni di lotta, in cui il popolo ha conquistato un sacco di diritti. Ora imporgli le misure, che si impongono al terzo mondo, è estremamente difficile.
Non c'è nulla di nuovo. La distinzione moderna fra primo e terzo mondo si è venuta sviluppando principalmente a partire dal diciottesimo secolo. Nel diciottesimo secolo non c'era molta differenza fra quello, che ora è chiamato terzo mondo, e quello, che ora è chiamato primo mondo. La Gran Bretagna, per esempio, era uno stagno al confronto con l'India e la Cina, che erano i principali centri commerciali e manifatturieri del Mondo. Per cominciare a sviluppare la propria industria. In competizione con le superiori manifatture indiane, la Gran Bretagna ha dovuto imporre alte barriere protezionistiche. Di fatto la Gran Bretagna ha dovuto distruggere con la forza l'industri laniera irlandese. Da allora, ci sono stati sviluppi molto regolari. I paesi, che hanno il controllo del mercato, esercitano la forza su quelli, che sono diventati il terzo mondo. I paesi, che si sono protetti dalle regole del mercato, sono diventati il primo mondo. Non esiste alcuna eccezione significativa.
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