Il mio 25 Aprile

La retorica che accompagna le celebrazioni è una roba con cui ho fatto i conti un sacco di volte nella mia famiglia.
Sarà stato per il fatto che con la retorica della guerra( la mia famiglia) ha avuto una certa dimestichezza, e che a me è capitato di vederla e toccarla da vicino.
Una retorica che creò miti e statue intorno alle quali celebrare il ricordo degli avvenimenti
La retorica  portò mio nonno a combattere nell
a guerra del 15 quando ancora non aveva compiuto 18 anni. A ricevere un paio di medaglie al valore ed una ferita in testa ricucita alla meno peggio.
In seguito lo vestirono con un casco coloniale, gli fornirono  un fucile e, nel 1936, lo imbarcarono su una nave diretta in Africa.
Quando tornò, nel 1947, trovò un figlio che non aveva fatto in tempo a veder nascere ed altri che non riconosceva.
In compenso parlava bene l'inglese appreso nei campi di prigionia e sapeva come recuperare da un paio di sandali un po' di cuoio con cui attenuare i morsi della fame. 

Partì perché doveva scegliere tra la fame qui ed un cumulo di cazzate che gli avevano raccontato per giustificare quel viaggio.
Combattè in tanti posti diversi e fu catturato insieme ad altri a Gondar.
Quando tornò non ringrazio' chi lo aveva mandato lì. Quella gente era sparita o si era riciclata. Aveva altro a cui pensare e pensò solo lavorare ed a tirare avanti.

Quello che i suoi figli gli raccontarono al suo ritorno era, però, l'immagine di un'Italia che era stata ridotta con le pezze al culo, un posto in cui se non eri fascista avevi un po' di problemi. Anche se tuo padre, o tuo marito, combattevano per quello con il cranio pelato che si era divertito a dichiarare guerra a mezzo mondo.

Gli raccontarono dei libri dati a scuola con la scritta "regalo del fascio per miserabilità accertata". Di come la miseria li aveva costretti a cercare con mille espedienti di sopravvivere.
Della gente fucilata davanti al cimitero dai tedeschi, del gerarca che passava tutte le sere con i suoi stivaloni lucidati a specchio sotto casa. Dell'odio che saliva piano. 
Della strage di Pietransieri. Un posto in cui i nazisti ammazzarono 128 persone, di questi 60 erano donne. Il motivo era dato da un sospetto: l'appoggio ai partigiani.
Solo un sospetto.
Gli raccontarono anche dei partigiani e della Brigata Maiella. Dei tanti, dei troppi morti.

E allora quando celebrerò il 25 Aprile penserò a lui, a mio padre ed a quelli come loro. Gente che ha pagato un prezzo altissimo e che è stata liberata.
Celebrerò, con chi di loro c'è, la resistenza ed i suoi partigiani e manderò affanculo revisionisti ex fascisti e gente di merda che con quella storia e quella gente non hanno niente ma niente da spartire. E godrò, nel tenere viva quella retorica, salutando e ricordando con il pugno chiuso il compagno Giovanni Visone Pesce.




Commenti

korvorosso ha detto…
sempre compagno, sempre. C'è una cosa che mi consola in questo stagno che non è più il nostro mare: dopo più di trent'anni c'è gente tipo te o il sottoscritto e altri, che non si è spostata indietro di un millimetro.

Post popolari in questo blog

Meglio di così si muore

I poveri e l'economia delle brave persone.