Che domani ci aspetta? Quello che costruiamo oggi.
Ieri a Torino c'è stata una manifestazione non programmata dell'onda. Studenti, precari e ricercatori si sono ritrovati in centro. Diverse centinaia di ragazzi hanno occupato le vie del centro ed hanno mandato di traverso la passeggiata a più di un torinese.
Nella stessa giornata una melassa indistinta di giovani, vecchi e famiglie hanno occupato piazza S.Carlo ed hanno assistito allo spettacolo della De Filippi. Sul palco gli eroi del grande fratello.Più o meno 50.000 persone dice la stampa.
Questa mattina corso Massimo D'Azeglio è stato occupato, il traffico bloccato e ci sono stati scontri con la polizia. Niente di grave.
Vi saprò dire di quello che accadrà domani perché andrò con loro.
Ci sono due Italie? Una maggioranza silenziosa, senza pensieri con la voglia di divertirsi e guardare al futuro pensando solo a come tirare fino al prossimo giorno? Un'Italia che non si interroga di nulla, che reagisce solo in funzione di ciò che l'onda emotiva del momento la costringe a guardare?
E l'altra Italia com'è? Minoritaria, divisa, rissosa, senza risposte e progetti?
Troppo semplice raffigurare le cose così.
L'altro giorno, mentre volantinavo, un tizio che si è definito anarchico, poi socialfascista ed infine di ordine nuovo (tanto per non farsi mancare niente) mi ha detto " ma non lo vuoi capire che le rivoluzioni si fanno solo se la borghesia si rompe i coglioni?"
Anche lui ha ragione.
Hanno tutti ragione. ha ragione quello che pensa a come sfangarla giorno per giorno, che per questo si raccomanda l'anima ed i figli a qualche ras della politica e del sindacato.
ha ragione quello che dice"ognuno pensa ai cazzi suoi, ed io ai miei"
Ha ragione quell'altro che fa analisi brillanti sui massimi sistemi e che rimanda a dieci anni le risposte in attesa che le coscienze si sveglino.
ha ragione Caio che racconta come consumare meno per vivere meglio.
Ha ragione Tizio che vorrebbe di più per tutti.
In tutto questo bailame sembra che nulla si muova. Ma la visione è distorta.
Le rivoluzioni e le controrivoluzioni sono questioni di minoranze. la maggior parte della gente guarda e pensa a tirare avanti.
Se il tessuto si lacera, se la corda si spezza allora anche gli equilibri (tra minoranze) vanno a farsi fottere.
Lor signori queste cose le sanno molto bene. E' questione di organizzazione, di progetti, di realismo e di leadership.
Costruire significa fare. Oggi la politica, quella che vuole costituire un'alternativa al sistema, deve sapersi muovere in modo concreto sul territorio. per rappresentare delle esigenze devi avere la capacità di dare risposte. Che siano in grado di risolvere questioni dell'oggi. Un modo per costruire la piattaforma del futuro.
Esperienze da questo punto di vista ci sono, hanno bisogno di una maggiore visibilità, di una maggiore forza e devono porsi come soggetto in grado di rompere gli schemi e praticare del contropotere sul territorio.
Partiamo da fatti.
Askatasuna, qui a Torino, ha lanciato un progetto che è quello di una ludoteca in cui ospita bambini del quartiere. Rifondazione, attraverso il "partito sociale", ha riesumato la pratica dei mercatini rossi ed ha iniziato a costruire una rete di distribuzione di generi di prima necessità.
Nel corso di un dibattito ho parlato della necessità di occupare degli spazi fisici, in cui sviluppare una serie di servizi per le persone del quartiere. Una rete di "resistenza" e di risposta per le esigenze di chi vive nel territorio.
Occupare spazi significa togliere territorio al degrado, allo spaccio, all'intolleranza.
"Rete di resistenza" significa avere anche gli strumenti, in termini di organizzazione, in grado di rispondere alla repressione.
Politica della casa? Iniziamo a censire le case vuote, gli immobili non usati dagli enti pubblici ed occupiamole. Mettiamoci dentro le famiglie, costruiamo spazi per farli usare ai bambini. Circoli in cui riunire gli anziani.
Lavoro? Iniziamo a girare per i cantieri, costringiamo le imprese a far lavorare le persone in sicurezza, picchettiamo i luoghi di raccolta della manovalanza da parte dei caporali.
Quando ci si muove, anche in modo caotico, si semina quel tanto che basta a scuotere l'albero. E' questione di forza e di tempo per sradicarlo. Le lotte studentesche, ad esempio, hanno prodotto oltre che risultati pratici, come un ridimensionamento del primo progetto della Gelmini, anche risultati in termini di rappresentanza. Ogni dove liste promosse dall'onda si sono persentate, queste hanno sbaragiato il campo. Qui da noi hanno raccolto più della metà dei consensi riuscendo a far aumentare anche il numero dei votanti.
Fare significa anche avere chiaro che la questione ineludibile, per qualsiasi alternativa o progetto, è il lavoro. Come produci, perché, cosa e secondo quale visione di rapporti sociali.
Si tratta di questo, seminare e lavorare duro formando una nuova generazione di protagonisti. Un lavoro ed un progetto che tenga conto della necessità di spazzare via un'intera schiera di quella classe dirigente della sinistra istituzionale (presente dal PD a Rifondazione passando per Sinistra e libertà) che non ha più un cazzo da dire oggi. Hanno avuto a disposizione 50 anni e li hanno sprecati ritrovandosi intorno a quel tavolo che volevano rovesciare.
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