Giustizia esemplare


"Nulla rimarrà impunito, pagherete caro e pagherete tutto"

Era uno slogan. Aveva l'ambizione di indicare una modalità per fare giustizia, aveva però  sostanza ideologica alle spalle. 

L'idea di una società di ineguali che produce ingiustizia e non giustizia. L'evocazione di un obiettivo. fare pagare l'ingiustizia con una sorta di pena morale e allo stesso tempo dolorosa senza, però, specificare il come applicarla.

Adesso abbiamo una società che non è molto diversa, nella sostanza delle relazioni, da quelle del passato. C'è ,come sempre,una sorta di pruderia che vuole la pena esemplare a garanzia di certi valori .

In primis la proprietà ed il possesso  per quanto riguarda la categoria astratta dei valori da difendere, ed alcuni reati come il furto per quelli  da sanzionare per chi viola quei valori.

La questione è che queste pene, "esemplari", valgono per lo più per i poveracci. Certi comportamenti sono penalmente rilevanti in funzione di momenti, periodi storici e sentire dell'opinione pubblica.

La questione rimane sempre quella della bilancia su cui mettere le "cose" da pesare. Ed allora un furto di 20 centesimi merita di essere più sanzionato rispetto ad una evasione fiscale, ad esempio? Qual'è la differenza? Lo scasso rispetto al non battere un tasto? Il risultato non è comunque lo stesso per la collettività?

A quanto corrisponde l'equivalente di 20 centesimi in rapporto ad uno scontrino fiscale non battuto?


In California si discute della necessità di depenalizzare il consumo di droghe leggere. Si vuole in questo modo fare cassa mettendo una tassa sulla dose di marijuana venduta sul mercato.

E' bastata una crisi finanziaria per mutare il sentire popolare e predisporre l'opinione pubblica all'idea che consumare droga può essere un fatto lecito, se si pagano le tasse con cui mettere a posto i bilanci.

Lo stesso vale per la prostituzione.Ad esempio in Austria.


Una questione di costi/benefici,di opportunità e priorità.

Se così è, quanto è costato fare un processo ad uno che ruba 20 centesimi tra giudici, avvocati, foto copie, trascrizione degli atti etc..?

Non è per fare del moralismo peloso, ma ne valeva la pena?



Fonte: ilGiornale

Cremona - Il codice penale parla chiaro: chiunque si impossessi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé e per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 ad euro 526. Non si fanno distinzioni sul valore. Anche se si tratta di soli venti centesimi, sempre di furto si tratta. Lo sa bene Gabriele L., residente a Monte Cremasco (Cremona): è stato condannato dal tribunale di Crema (Cremona) a due mesi per il furto di 20 centesimi da una cappellina nei pressi di Caravaggio (Bergamo).

Forzata la cassetta per le elemosine Aveva appena forzato la cassetta per le elemosine quando, per usa sfortuna, è passata una pattuglia della polizia. Gli agenti lo hanno visto aggirarsi nei pressi della cappelletta e lo hanno subito bloccato.

Il processo L'accusa, rappresentata da Andrea Boschiroli, aveva chiesto 4 mesi e 110 euro di multa, mentre l’avvocato difensore, Giulia Bravi, ha chiesto che il reato fosse derubricato da furto aggravato a furto semplice. Il giudice, Arianna De Martino, ha accolto la richiesta del pm, dimezzando però la pena: due mesi e settanta euro di multa. L’uomo è stato rimesso in libertà. Il giudice gli ha anche intimato di restituire i 20 centesimi che erano stati prelevati dalla casetta delle elemosine

Commenti

faustpatrone ha detto…
Sul piano del diritto e della logica credo che ne valesse la pena - di fare il processo - ma trovo la sentenza sproporzionata.

Sarebbe stato un processo in grado di salvaguardare giustizia e equilibrio tra effettivo dolo / danno inflitto alla società e punizione se per esempio avessero condannato il colpevole a lavorare per un giorno alla mensa dei poveri, restituendo con qualche ora di lavoro utile il "valore" dei 20 centesimi.

Giusto fare il processo proprio perché rubare è una colpa indipendentemente dall'entità del danno ed è giusto - anche rimettendoci - che lo Stato dia segno di attenzione al fatto in sé e non alla sua mera monetizzazione.

Anche perché altrimenti torneremmo al sistema più pragmatico, ma certo meno morale, del guidrigildo per cui: monetizzata la colpa, basta pagare per tornare puliti.

il problema c'è, caro Mario, inutile negarlo: i ricchi non vanno in galera per ruberie fuori scala rispetto a quella del nostro sprovveduto "ladro" di Cremona.

questo perché la giustizia è costruita in modo tale da garantire rinvii e scappatoie solo a chi può pagare fior fiori di studi legali e avvocati capaci di scardinare la legge attraverso cavilli farisaici e improbabili.

cosa che è negata per definizione ai poveracci.

e - se allora vogliamo farne una questione di pena - magari celebriamo comunque il processo ma rapportiamo la pena in modo inversamente proporzionale al censo del reo: il più ricco, se colpevole, paghi più del povero.

tu che ne pensi?
mario ha detto…
Quello che penso è che nel sistema pragmatico ci siamo già. Solo che è sbilanciato in termini di classe. Dopo di che penso che sul piano simbolico lo scasso del tipo vale come l'evasione del mio barista che non batte il 30/40% degli scontrini. Con la differenza che il barista produce più danni.
Però siamo indotti ad accettare il secondo come una questione di sopravvivenza rispetto ad uno stato predatore di tasse (come pensa Silvio), e magari a linciare il tipo se capita che da quelle parti passa una "ronda" di bravi cittadini (tra cui un pò di baristi).
Sempre per stare sul piano simbolico credo che una giustizia non possa essere applicata senza tenere conto delle condizioni materiali in cui si commette un reato e, da questo punto di vista, dovrebbe proprio avere la capacità di produrre "pene" alternative. Poi, pensare di mettere uno che ruba 20 centesimi con Totò Riina in galera è come dargli la possibilità di conseguire il master e la specializzazione in "delittologia"

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