Non votate il referendum che sarebbe piaciuto a Benito Mussolini


Non la farò lunga sulla questione, mi limito solo ad osservare che se uno ha intenzione di rimettere mano ad una riforma, che è stata definita una porcata, non lo fa mettendo in piedi un referendum che sancisce definitivamente la morte della politica e spinge verso un sistema che di democratico non ha nulla. Che come unico obiettivo ha la negazione di quel minimo di rappresentanza a chi, in parlamento, rappresenta istanze che stanno fuori dal gioco degli schieramenti.
Ma voi che contestate il cesarismo di Berlusconi vi sentireste al sicuro in un sistema che consente di avere la maggioranza per poter fare quello che si vuole pur rappresentando, in realtà, 20 italiani su 100?
Se avete voglia di rinfrescarvi la memoria date un'occhiata a quello che combinò l'onorevole Acerbo. Correva l'anno 1923.

Fonte:MSN encarta
"Legge Acerbo Legge di riforma elettorale emanata il 18 novembre 1923. Elaborata da Giacomo Acerbo, deputato fascista e sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo presieduto da Benito Mussolini, la riforma era intesa a favorire il Partito nazionale fascista. In base a essa, infatti, alla lista che avesse ottenuto anche una lieve maggioranza (con almeno il 25% dei voti), sarebbero spettati i due terzi dei seggi alla Camera; i seggi rimanenti sarebbero stati ripartiti proporzionalmente fra le altre liste. La legge Acerbo trovò immediato riscontro nel 1924, quando il PNF, ricorrendo all’intimidazione e alla violenza, riuscì a vincere le elezioni."

"L'avvento del fascismo di ieri
La realizzazione del regime fascista avvenne, grazie alle suddette capitolazioni, gradualmente, attraverso una serie di tappe successive. Dal punto si vista elettorale, la tappa decisiva fu appunto la legge Acerbo che attraverso il controllo assoluto del parlamento, permise a Mussolini, in maniera formalmente "legale" e utilizzando, proprio come vuole fare il suo epigono Berlusconi, una procedura di revisione costituzionale, di assicurarsi tutto il potere esecutivo attraverso una serie di leggi. 
Tra queste vanno ricordate la legge del 1925 per la riforma dello Stato; quella del novembre del 1926 per la soppressione dei partiti politici e l'istituzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato; la trasformazione del Gran consiglio del fascismo in organo dello Stato nel 1928, per poi arrivare alla definitiva soppressione della camera dei deputati e l'istituzione in sua vece della camera dei Fasci e delle Corporazioni i cui componenti erano designati per legge tra i gerarchi del partito fascista e delle corporazioni.
Alle elezioni del 1921 i fascisti raccattarono 2 seggi, in proporzione lo 0,4%; alle elezioni successive, quelle del 1924, ottennero invece 374 seggi, il 69,9%. Questo sbalorditivo incremento fu l'amara conseguenza del clima di terrore e di intimidazione fasciste in cui si svolsero le elezioni del 1924, ma anche della legge elettorale che era stata approvata dal parlamento il 18 novembre 1923, n. 2444. Tale legge è conosciuta come legge Acerbo dal nome del sottosegretario alla presidenza del consiglio che la redasse su indicazione di Mussolini, cioè Giacomo Acerbo.
La legge Acerbo era imperniata su un meccanismo tanto semplice quanto antidemocratico e truffaldino, cioè l'assegnazione della maggioranza assoluta dei seggi al partito che otteneva la maggioranza relativa dei voti. In tal modo si stravolgeva e falsificava l'effettivo peso elettorale dei partiti, attribuendo a quello più forte elettoralmente la maggioranza assoluta dei seggi e quindi il predominio parlamentare e governativo. La legge Acerbo stabiliva che fossero assegnati ben due terzi del numero totale dei deputati al partito che avesse ottenuto il maggior numero di voti, comunque non meno del 25% dei voti validi. L'altro terzo dei deputati veniva ripartito tra le liste minoritarie in base alla percentuale dei voti ottenuti da ciascuna di esse. Era inoltre costituito un unico collegio nazionale, suddiviso in circoscrizioni elettorali regionali, che abbracciava l'intero territorio dello Stato. Era del tutto evidente che la legge Acerbo avrebbe permesso, come infatti avvenne, a Mussolini e ai fascisti di impadronirsi del parlamento e quindi di compiere un altro passo decisivo per la piena realizzazione del regime fascista.
Eppure vi fu un'infame capitolazione da parte degli altri partiti, in particolare dei popolari, i riformisti e i liberali. Del resto, allorché il re affidò a Mussolini la guida del governo - dopo le dimissioni del governo Fatta -, governo costituitosi il 31 ottobre 1922, accettarono di farne parte oltre ai fascisti e ai nazionalisti anche i liberali di destra e di sinistra, i democratici-sociali e i popolari, a dimostrazione che intorno al fascismo si erano già coagulate tutte le principali frazioni della borghesia. La capitolazione nei confronti della legge Acerbo non fu comunque immediata. Anzi, quando Mussolini la propose, non solo i socialisti e il PCI si opposero, ma anche i popolari. Mussolini allora, nel tentativo di aggirare l'ostacolo, propose che la legge Acerbo fosse discussa da una apposita commissione parlamentare composta da 18 rappresentanti di tutti i partiti. Accettare di far parte di quella commissione era già una capitolazione, significava accettare il terreno imposto da Mussolini, eppure nessuno si tirò indietro.

L'opposizione parlamentare capitolò
Ne fecero parte Giolitti, presidente; Orlando e Salandra, vicepresidenti; Falciani (democratico); Fera e Casertano (democratici sociali); Grassi (demoliberale); Paolucci e Terzaghi (fascisti); Orano (gruppo misto); Chiesa (repubblicano); Lanza di Scalea (partito agrario); De Gasperi e Micheli (popolari); le tre formazioni dei socialisti, con Turati (socialista unitario), Bonomi (riformista), Lazzari (massimalista) e persino il PCI con Graziadei.
I popolari proseguono la loro capitolazione con il loro leader De Gasperi, che prima afferma che il "no" dei popolari alla legge Acerbo non è pregiudiziale e poi, in commissione, avanza la proposta del suo partito: sì alla legge Acerbo purché il minimo di voti necessari per farla scattare sia portato da 25% a 40%.
Tale proposta sarà fatta propria anche dai socialisti e dal PCI, che insieme ai popolari l'avanzarono ufficiamente nella relazione di minoranza della commissione. Sarà ripetuta in parlamento dal popolare Gronchi nel dibattito sulla legge Acerbo che si apre alla Camera il 10 luglio 1923. Il 15 luglio interviene nel dibattito parlamentare Mussolini che, in un discorso nel quale alterna minacce a menzogne, irride la "proposta" di popolari, socialisti e PCI affermando: "I piccoli mercanti dei due quinti, dei tre quarti, o di qualche altra frazione di questa abbastanza complicata aritmetica elettorale, non mi interessano e non mi riguardano". Al termine dell'intervento di Mussolini i fascisti chiedono il voto. Iniziano nel frattempo le defezioni, con deputati che dal "no" alla legge Acerbo passano al sì, come Falciani (democratico), o come il socialista riformista Bonomi che dal "no" passa all'astensione. Mussolini pone allora il voto di fiducia al governo sia sulla decisione di passare alla discussione della legge che sulla legge stessa. I popolari, decidono di astenersi e con ciò danno il via libera a Mussolini. Alcuni deputati popolari, come Vassallo, dichiarano addirittura che voteranno a favore della legge. L'infausta marcia della legge Acerbo non incontrerà più ostacoli e verrà approvata definitivamente dalla Camera il 21 luglio 1923 con 223 voti contro 123, dal Senato il 13 novembre dello stesso anno con 165 voti contro 41 e trasformata in legge il 18 novembre, n. 2444.
I capitolazionisti tentarono di giustificare il loro infame comportamento sostenendo di aver voluto evitare la "guerra civile" che Mussolini avrebbe scatenato nel Paese se la legge Acerbo non fosse passata. Cosicché, anziché combattere, preferirono capitolare senza colpo ferire, macchiandosi di un indelebile crimine storico.
I nefasti effetti della legge Acerbo non mancarono di farsi sentire nelle elezioni del 6 aprile 1924. Mussolini presentò un "listone" governativo con dentro noti esponenti liberali come Orlando e Salandra, ex popolari e numerosi industriali fra cui lo stesso presidente della Confindustria, Benni. Questo blocco elettorale ricevette il sostegno di tutti i centri decisivi della vita italiana: dall'esercito ai giornali della borghesia, dal Vaticano alla Casa Savoia. Del "listone" furono eletti 356 membri, dei quali due terzi esponenti fascisti e un terzo fiancheggiatori. A questi vanno aggiunti gli eletti delle "liste bis" che i fascisti avevano creato per disturbare le opposizioni. In tutto il 56,54% dei voti. Scattò allora il "premio" previsto dalla legge Acerbo e i fascisti ottennero il 69,9% dei seggi, dunque il totale controllo del parlamento in attesa di sopprimerlo totalmente nel 1938."
Fonte: PCM

Commenti

Rigitans' ha detto…
io è piu' di un anno che parlo di legge acerbo, e che questo referendum è un peggiorativo. sono contento che ora anche altri si sono svegliati, come i radicali, che per altro sono credibili perchè loro vorrebbero un sistema principalmente bipartitico, ma dicono no al referendum.

io però probabilmente andrò a votare, perchè rispetto l'istituzione referendum che è stata annullata dalla partitocrazia negli ultimi 10 anni facendo fallire il quorum. bisogna ridare dignità al referendum, anche quando non ci piace affatto, altrimenti stavolta facciamo saltare il quorum sulla legge, un altra volta lo faranno chessò, sulla fecondazione assistita(come già accaduto)? una regola vale sempre, non solo quando ci fa comodo, e siccome rimasi schifato dalla chiesa e da rutelli che dissero di astenersi, non ci sto piu' a questo gioco, a costo di rimetterci.

anche se probabilmente il quorum non verrà raggiunto. e alla fine meglio così .
mario ha detto…
@rigitans,
Poiché l'astensione ha valore politico, nel senso che respinge il quesito e la logica che gli sta dietro, e poiché penso che i sofismi non servono a niente quando sono in pericolo elementi elementari di democrazia farò campagna per l'astensione.
Matteo ha detto…
E' davvero interessante il parallelo che fai. Il fascismo è cominciato così. Con la differenza che almeno allora c'erano persone come Turati e Bordiga. Oggi ci sono Franceschini e Di Pietro. Io perciò non andrò a votare a questo schifo di referndum perché quei criminali del PdL vanno ricambiati con la stessa moneta. Come loro fecero fallire il referndum sulla fecondazione assistita adesso bisogna far fallire un referendum che fa comodo a loro.
Ma è davvero assurda la posizione di Franceschini, ma perché lui e Di Pietro non si svegliano?
Cloroalclero ha detto…
no io vado e voto sì. Vorrei vedere gli squadristi uscire dalle fogne e con la divisa da ronda combattere per la secessione.
Allora ci sarebbe da divertirsi.

I pdellini han fatto 30. Noi facciamo 31: aiutiamo berlusconi a disfarsi della lega. Chè questi mica restano fermi, che ti credi?

cloro
faustpatrone ha detto…
io al referendum andrò e voterò SI.

perché SE accadesse alla sinistra magari radicale di vincere le prossime elezioni, Mario, tu che cosa diresti?

per me l'astensione a un quesito referendario è disonesta, a differenza dell'astensionismo alle elezioni politiche.

credo che comunque si debba migliorare la selezione naturale in seno ai partiti. anche correndo il rischio di una dittatura.

quello che portò il Fascismo al potere fu proprio l'opposto: parlamenti paralizzati da correnti e correntine che fecero schifare le persone.

hai ragione sul rischio.

ma credo valga la pena correrlo.

al referendum vado e voto SI.
Sir Percy Blakeney ha detto…
@Cloro: Che secessione, stacca un check Silvio e via.
@Per chi va a votare e vota si:Non tutto è perduto offertone last minute post elezioni che arriveranno causa crisi logica e necessaria per finire il piano gelli:affitto posti letto in Brasile a prezzi modici :-D
mario ha detto…
Cloro e Furio
direi che è singolare la vostra posizione. In sostanza diamoci una martellata sulle palle così soffriamo di più.
Non sono usciti sufficientemente dalle fogne per te, Cloro?

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