Cosa è il capitalismo?
Nel titolo di questo studio appare il concetto, che suona un po' pretenzioso, di «spirito del capitalismo». Che cosa si deve intendere sotto questa espressione? Nel tentativo di darne una definizione, si palesano subito talune difficoltà che sono inerenti allo scopo stesso della nostra indagine. Se si può trovare un oggetto, per cui l'impiego di quella espressione abbia un senso qualsiasi, esso può essere soltanto un'individualità storica; cioè un complesso di relazioni nella realtà storica, che noi dal punto di vista della sua importanza per la storia e per la civiltà, riuniamo in un unico concetto. Ma un tale concetto storico, poiché per il suo contenuto si riferisce ad un fenomeno importantissimo nel suo carattere individuale, non può essere definito e limitato secondo lo schema, genus proximum, differentia specifica, ma deve essere costruito a poco a poco dalle parti che lo compongono e che vanno tolte dalla realtà storica. La perfetta definizione concettuale non può perciò stare al principio ma deve esser posta alla fine dell'indagine; si paleserà perciò nel corso della trattazione e ne costituirà l'importante resultato, come debba formularsi nel miglior modo, più adeguato ai punti di vista che qui ci interessano, ciò che noi comprendiamo come «spirito del capitalismo». Tali punti di vista - di cui dovremo parlare ancora - non sono gli unici dai quali possano essere analizzati quei fenomeni storici che qui consideriamo. Altri punti di vista darebbero come resultato, in questo come in ogni fenomeno storico, aspetti diversi da quelli per noi essenziali; dal che senz'altro segue, che per «spirito del capitalismo» non si può né si deve necessariamente comprendere soltanto quel che apparirà essenziale per la nostra concezione. Ciò è inerente all'essenza stessa della formazione dei concetti storici la quale, ai fini del suo metodo, non cerca di incasellare la realtà in astratti concetti di genere, ma bensì di inserirla in concreti nessi generici di colore specificamente individuale. Se si deve dunque fermare l'oggetto, che si vuole analizzare e spiegare storicamente, non si potrà avere una definizione concettuale; ma dapprima soltanto una considerazione provvisoria di quel che si intende per spirito del capitalismo. Un tale sguardo d'insieme è infatti indispensabile per intenderci circa la materia della nostra indagine, e per raggiungere questo scopo ci atteniamo a un documento di quello «spirito» che contiene, in una purezza quasi classica, quel che per ora ci interessa, ed offre al tempo stesso il vantaggio di esser libero da ogni rapporto diretto con argomenti religiosi, di esser dunque, per il nostro tema, senza presupposti: Ricordati che il tempo è denaro; chi potrebbe guadagnare col suo lavoro dieci scellini al giorno, e va a passeggio mezza giornata, o fa il poltrone nella sua stanza, se anche spende solo sei pence per i suoi piaceri, non deve contare solo questi; oltre a questi egli ha speso, anzi buttato via, anche cinque scellini. Ricordati che il credito è denaro. Se uno lascia presso di me il suo denaro esigibile, mi regala gli interessi, o quanto io in questo tempo posso prenderne. Ciò ammonta ad una somma considerevole se un uomo ha molto e buon credito, e ne fa buon uso. Ricordati che il denaro è di sua natura fecondo e produttivo. Il denaro può produrre denaro, ed i frutti possono ancora produrne e cosi via. Cinque scellini impiegati diventano sei, e di nuovo impiegati sette scellini e tre pence e cosi via finché diventano cento lire sterline. Quanto più denaro è disponibile, tanto più se ne produce nell'impiego, cosi che l'utile sale sempre più alto. Chi uccide una scrofa, uccide tutta la sua discendenza fino al millesimo maialino. Chi getta via un pezzo di cinque scellini, uccide (!) tutto quel che si sarebbe potuto produrre con esso: intere colonne di lire.
(Max Weber, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, I)
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