Da Marx alla decrescita passando da Roegen
La trattazione dell'argomento dal marxismo antropologico a Latouche ci ha portato a scrivere, in modo sintetico, di una contrapposizione tra una visione marxista dello sviluppo della società ed una che, partendo dal marxismo antropologico, individua nelle teorie della decrescita modelli antitetici a quelli che ci vengono proposti dall'economia "capitalista".
La categoria decrescita somma una serie di variabili che in vario modo sviluppano questa corrente di pensiero. Si mischiano visioni "comunitariste" ed anarco primitive con declinazioni del pensiero meno estreme.
Un mondo variegato che sviluppa il suo pensiero intorno al concetto della sostenibilità della "crescita" in relazione alle risorse utilizzate ed alla loro dipsonibilità.
Un teorico richiamato nei post precedenti è Geogescu-Roegen di questo vi fornisco:
-una scheda che tratta del suo pensiero,
-un link che lo sviluppa con un riferimento alla critica che gli viene mossa, i
-un link al testo di una sua conferenza all'università di Yale nel 1975
- un suo scritto tratto da "energia e miti economici".
La questione è: avesse avuto Marx a disposizione delle riflessioni di questo tipo come avrebbe sviluppato il suo pensiero partendo dalla "critica all'economia politica?"
"Il pensatore della decrescita di cui parliamo è NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN (Costanza, 4 febbraio 1906 – Nashville, 30 ottobre 1994). Egli stato un geniale economista ribelle, di nazionalità rumena, il primo a comprendere i limiti termodinamici dell’economia e fondatore della bioeconomia (o economia ecologica).
La categoria decrescita somma una serie di variabili che in vario modo sviluppano questa corrente di pensiero. Si mischiano visioni "comunitariste" ed anarco primitive con declinazioni del pensiero meno estreme.
Un mondo variegato che sviluppa il suo pensiero intorno al concetto della sostenibilità della "crescita" in relazione alle risorse utilizzate ed alla loro dipsonibilità.
Un teorico richiamato nei post precedenti è Geogescu-Roegen di questo vi fornisco:
-una scheda che tratta del suo pensiero,
-un link che lo sviluppa con un riferimento alla critica che gli viene mossa, i
-un link al testo di una sua conferenza all'università di Yale nel 1975
- un suo scritto tratto da "energia e miti economici".
La questione è: avesse avuto Marx a disposizione delle riflessioni di questo tipo come avrebbe sviluppato il suo pensiero partendo dalla "critica all'economia politica?"
"Il pensatore della decrescita di cui parliamo è NICHOLAS GEORGESCU-ROEGEN (Costanza, 4 febbraio 1906 – Nashville, 30 ottobre 1994). Egli stato un geniale economista ribelle, di nazionalità rumena, il primo a comprendere i limiti termodinamici dell’economia e fondatore della bioeconomia (o economia ecologica).
Ecco brevemente il suo pensiero. Secondo Georgescu-Roegen, qualsiasi scienza che si occupi del futuro dell'uomo, come la scienza economica, deve tener conto della ineluttabilità delle leggi della fisica, ed in particolare del secondo principio della termodinamica, secondo il quale alla fine di ogni processo la qualità dell'energia (cioè la possibilità che l'energia possa essere ancora utilizzata da qualcun altro) è sempre peggiore rispetto all'inizio. Qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e cose materiali.
Inoltre, egli ritiene che nel processo economico anche la materia si degrada ("matter matters, too"), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell'ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, queste possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore ed a prezzo di un alto dispendio di energia. Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un'entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici.
Autore: P. Brisotto
Uno sviluppo più analitico delle sue tesi ed una sintesi degli aspetti criticati lo trovate qui
Qui conferenza di Yale
Testo tratto da Energia e miti economici Boringhieri, 1982 di G. Roegen
"Il processo economico non è isolato e autosufficiente; esso non può sussistere senza un interscambio continuo che provoca cambiamenti cumulativi sull'ambiente, il quale ne è a sua volta influenzato. Gli economisti classici, Malthus in particolare, insistevano sulla rilevanza economica di questo fatto, mentre tanto gli economisti tradizionali quanto i marxisti hanno preferito ignorare completamente il problema delle risorse naturali.
L'orientamento di entrambe le scuole è stato dominato da un concetto fondamentale, che fu espresso nel modo più esplicito da Pigou: "In condizioni stazionarie i fattori di produzione sono stock, di quantità non variabile, da cui emerge un flusso continuo, anch'esso di quantità non variabile, di reddito reale." Lo stesso concetto - che in altre parole da una struttura che non varia possa derivare un flusso costante - è alla base del diagramma di riproduzione semplice di Marx.
La sola differenza sta nel fatto che Marx proclamava esplicitamente che la natura ci offre tutto gratis, mentre gli economisti tradizionali aderiscono a questo dogma senza dirlo.
Proprio in questo concetto risiede il germe del mito economico che, come vedremo, viene ora predicato da molti ecologi preoccupati e da alcuni economisti ravveduti; mito secondo il quale un mondo stazionario, una popolazione a crescita zero, porrebbe termine al conflitto ecologico del genere umano, che non dovrebbe più preoccuparsi della scarsità delle risorse o dell'inquinamento: un altro programma miracolistico per realizzare la Nuova Gerusalemme.
Il processo economico, come qualunque altro processo vitale, è irreversibile (e in modo irrevocabile); di conseguenza, non può essere spiegato in termini esclusivamente meccanici. È la termodinamica, tramite la legge dell'entropia, che riconosce la distinzione qualitativa, che gli economisti avrebbero dovuto fare fin dagli inizi, fra input di risorse dotate di valore (bassa entropia) e output di scarti privi di valore (alta entropia).
Siamo costretti a renderci conto che il vero prodotto del processo economico (o, in effetti, di qualunque processo vitale) non è il flusso materiale degli scarti, ma l'ancora misterioso flusso immateriale del godimento della vita. Se non si capisce questo, non si può operare nel campo dei fenomeni vitali. (…)
La verità è che qualunque organismo vivente si sforza, semplicemente, in ogni momento, di ovviare alla propria continua degradazione entropica assorbendo bassa entropia (quantità di informazione) ed espellendo entropia elevata.
Importante è il fatto che la legge dell'entropia sia la sola legge naturale che non fa predizioni quantitative; non specifica la grandezza dell'aumento in un momento futuro o il particolare modello entropico che ne risulterà. Per questo, nel mondo reale c'è un'indeterminazione entropica che non solo permette alla vita di acquisire una gamma di forme senza fine, ma anche alla maggior parte delle azioni di un organismo vivente di godere un certo grado di libertà.
E' sempre a causa dell'indeterminazione entropica che la vita ha importanza nel processo entropico. Non si tratta di vitalismo mistico, ma di crudi fatti. Alcuni organismi rallentano la degradazione entropica: le piante verdi immagazzinano parte delle radiazioni solari che, in loro assenza, verrebbero immediatamente dissipate in calore, in entropia elevata. è per questo che possiamo adesso bruciare l'energia solare salvata dalla degradazione milioni di anni fa, sotto forma di carbone, o pochi anni fa, sotto forma di albero.
Per lo studioso di economia il punto più importante è che la legge dell'entropia costituisce la radice della scarsità economica. Se non fosse per questa legge, potremmo continuare a riutilizzare l'energia di un pezzo di carbone, trasformandola in calore, il calore in lavoro, e il lavoro di nuovo in calore.
Gli economisti hanno sempre insistito sul fatto che "non si fanno pasti gratis", vale a dire che il prezzo di ogni cosa deve essere pari al suo costo, altrimenti si otterrebbero le cose per niente. Credere che questa parità sia valida anche in termini di entropia costituisce uno dei miti economici più pericolosi. Nel contesto dell'entropia, qualunque azione, di uomini o di organismi, anzi, qualsiasi processo naturale, deve risultare in un deficit per il sistema nel suo insieme. Non solo l'entropia dell'ambiente aumenta di qualcosa per ogni litro di benzina versato nel serbatoio della macchina, ma anche una parte rilevante dell'energia libera contenuta in quella benzina, invece di far funzionare l'automobile, si trasformerà direttamente in un ulteriore aumento di entropia.
Nessuna macrostruttura materiale (sia essa un chiodo o un aereo a reazione) che abbia un'entropia più bassa di quella di ciò che la circonda può conservare per sempre la forma originale; neppure le singole organizzazioni caratterizzate dalla tendenza a sfuggire al decadimento entropico - le strutture biologiche - ci riescono. I manufatti che costituiscono ora parte essenziale del nostro modo di vivere si devono quindi continuamente rinnovare attingendo a qualche fonte. Il fatto è che la Terra è un sistema termodinamico aperto solo per quanto riguarda l'energia.
Il solo modo in cui possiamo sostituire bassa entropia materiale con energia è attraverso manipolazioni fisico-chimiche. Utilizzando quantità sempre maggiori di energia disponibile, possiamo setacciare rame da depositi sempre più poveri, a profondità sempre maggiori, ma il costo energetico dell'estrazione da miniere a basso contenuto di minerale aumenta molto rapidamente.
Lo scarto è un fenomeno fisico che generalmente è dannoso per qualche forma di vita e, direttamente o indirettamente, è dannoso alla vita degli uomini.
La limitatezza dello spazio che abbiamo a disposizione rende più pericolosi gli scarti che perdurano a lungo, e in particolare quelli che sono completamente irriducibili. Tipico di quest'ultima categoria è l'inquinamento termico, i cui pericoli non vengono adeguatamente valutati. Il calore addizionale, nel quale viene alla fine trasformata tutta l'energia di origine terrestre utilizzata dall'uomo, è in grado di alterare il delicato equilibrio termodinamico del globo.
Continuare a suggerire che l'uomo possa costruire, con un determinato costo, un ambiente nuovo secondo i suoi desideri, significa ignorare che tale costo consiste essenzialmente in bassa entropia, non in denaro, ed è soggetto a tutti i limiti imposti dalle leggi naturali..
Spesso le nostre argomentazioni sono basate sull'ipotesi che esista un attività industriale non inquinante. Si tratta di un mito illusorio quanto quello di una durabilità perenne.
Lo stato stazionario: un miraggio di attualità.
L'errore cruciale consiste nel non vedere che, in un ambiente finito, non solo la crescita, ma nemmeno uno stato di crescita zero, anzi, addirittura nemmeno uno stato di contrazione che non converga verso l'annichilimento, può esistere indefinitamente.
Le risorse naturali non sono costituite da sola materia e sola energia, ma da materia organizzata in strutture ben precise e da energia disponibile. La semplice materia, come l'oro disperso nel fondo degli oceani, non ha per noi alcun valore: abbiamo bisogno di giacimenti auriferi in luoghi in cui l'oro sia disposto in modo da poterlo estrarre in un tempo utile. Nemmeno l'immensa energia termica contenuta nelle acque degli oceani ha per noi alcun valore: una nave che solca i mari ha bisogno di combustibile, cioè di energia allo stato libero; tutto il carbonio, l'ossigeno, l'idrogeno ecc. del mondo non potrebbero sostentare la vita dell'uomo se non fossero organizzati in una molecola di zucchero, amido o proteina.
Nella metà della storia raccontata dalla termodinamica, le cui leggi sono inesorabili come quelle della meccanica, la materia-energia che costituisce le risorse naturali è qualitativamente diversa da quella che forma lo scarto: quella delle risorse naturali è organizzata secondo schemi ordinati o, come dicono i fisici, ha bassa entropia; negli scarti troviamo solo disordine, cioè alta entropia. E non è tutto; la seconda legge della termodinamica ci dice anche che tutto l'universo è soggetto a una degradazione qualitativa continua: l'entropia aumenta, e tale aumento è irreversibile. Di conseguenza, le risorse naturali possono passare attraverso il processo economico solo una volta: lo scarto rimane irreversibilmente uno scarto. L'uomo non può sconfiggere questa legge, più di quanto non possa arrestare l'azione della legge di gravità; il processo economico, come la stessa vita biologica, è unidirezionale.
Solo il denaro si muove in un flusso circolare perché nessuno lo butta via anche se è solo un contrassegno artificiale.
Inoltre, egli ritiene che nel processo economico anche la materia si degrada ("matter matters, too"), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell'ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, queste possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore ed a prezzo di un alto dispendio di energia. Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un'entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici.
Autore: P. Brisotto
Uno sviluppo più analitico delle sue tesi ed una sintesi degli aspetti criticati lo trovate qui
Qui conferenza di Yale
Testo tratto da Energia e miti economici Boringhieri, 1982 di G. Roegen
"Il processo economico non è isolato e autosufficiente; esso non può sussistere senza un interscambio continuo che provoca cambiamenti cumulativi sull'ambiente, il quale ne è a sua volta influenzato. Gli economisti classici, Malthus in particolare, insistevano sulla rilevanza economica di questo fatto, mentre tanto gli economisti tradizionali quanto i marxisti hanno preferito ignorare completamente il problema delle risorse naturali.
L'orientamento di entrambe le scuole è stato dominato da un concetto fondamentale, che fu espresso nel modo più esplicito da Pigou: "In condizioni stazionarie i fattori di produzione sono stock, di quantità non variabile, da cui emerge un flusso continuo, anch'esso di quantità non variabile, di reddito reale." Lo stesso concetto - che in altre parole da una struttura che non varia possa derivare un flusso costante - è alla base del diagramma di riproduzione semplice di Marx.
La sola differenza sta nel fatto che Marx proclamava esplicitamente che la natura ci offre tutto gratis, mentre gli economisti tradizionali aderiscono a questo dogma senza dirlo.
Proprio in questo concetto risiede il germe del mito economico che, come vedremo, viene ora predicato da molti ecologi preoccupati e da alcuni economisti ravveduti; mito secondo il quale un mondo stazionario, una popolazione a crescita zero, porrebbe termine al conflitto ecologico del genere umano, che non dovrebbe più preoccuparsi della scarsità delle risorse o dell'inquinamento: un altro programma miracolistico per realizzare la Nuova Gerusalemme.
Il processo economico, come qualunque altro processo vitale, è irreversibile (e in modo irrevocabile); di conseguenza, non può essere spiegato in termini esclusivamente meccanici. È la termodinamica, tramite la legge dell'entropia, che riconosce la distinzione qualitativa, che gli economisti avrebbero dovuto fare fin dagli inizi, fra input di risorse dotate di valore (bassa entropia) e output di scarti privi di valore (alta entropia).
Siamo costretti a renderci conto che il vero prodotto del processo economico (o, in effetti, di qualunque processo vitale) non è il flusso materiale degli scarti, ma l'ancora misterioso flusso immateriale del godimento della vita. Se non si capisce questo, non si può operare nel campo dei fenomeni vitali. (…)
La verità è che qualunque organismo vivente si sforza, semplicemente, in ogni momento, di ovviare alla propria continua degradazione entropica assorbendo bassa entropia (quantità di informazione) ed espellendo entropia elevata.
Importante è il fatto che la legge dell'entropia sia la sola legge naturale che non fa predizioni quantitative; non specifica la grandezza dell'aumento in un momento futuro o il particolare modello entropico che ne risulterà. Per questo, nel mondo reale c'è un'indeterminazione entropica che non solo permette alla vita di acquisire una gamma di forme senza fine, ma anche alla maggior parte delle azioni di un organismo vivente di godere un certo grado di libertà.
E' sempre a causa dell'indeterminazione entropica che la vita ha importanza nel processo entropico. Non si tratta di vitalismo mistico, ma di crudi fatti. Alcuni organismi rallentano la degradazione entropica: le piante verdi immagazzinano parte delle radiazioni solari che, in loro assenza, verrebbero immediatamente dissipate in calore, in entropia elevata. è per questo che possiamo adesso bruciare l'energia solare salvata dalla degradazione milioni di anni fa, sotto forma di carbone, o pochi anni fa, sotto forma di albero.
Per lo studioso di economia il punto più importante è che la legge dell'entropia costituisce la radice della scarsità economica. Se non fosse per questa legge, potremmo continuare a riutilizzare l'energia di un pezzo di carbone, trasformandola in calore, il calore in lavoro, e il lavoro di nuovo in calore.
Gli economisti hanno sempre insistito sul fatto che "non si fanno pasti gratis", vale a dire che il prezzo di ogni cosa deve essere pari al suo costo, altrimenti si otterrebbero le cose per niente. Credere che questa parità sia valida anche in termini di entropia costituisce uno dei miti economici più pericolosi. Nel contesto dell'entropia, qualunque azione, di uomini o di organismi, anzi, qualsiasi processo naturale, deve risultare in un deficit per il sistema nel suo insieme. Non solo l'entropia dell'ambiente aumenta di qualcosa per ogni litro di benzina versato nel serbatoio della macchina, ma anche una parte rilevante dell'energia libera contenuta in quella benzina, invece di far funzionare l'automobile, si trasformerà direttamente in un ulteriore aumento di entropia.
Nessuna macrostruttura materiale (sia essa un chiodo o un aereo a reazione) che abbia un'entropia più bassa di quella di ciò che la circonda può conservare per sempre la forma originale; neppure le singole organizzazioni caratterizzate dalla tendenza a sfuggire al decadimento entropico - le strutture biologiche - ci riescono. I manufatti che costituiscono ora parte essenziale del nostro modo di vivere si devono quindi continuamente rinnovare attingendo a qualche fonte. Il fatto è che la Terra è un sistema termodinamico aperto solo per quanto riguarda l'energia.
Il solo modo in cui possiamo sostituire bassa entropia materiale con energia è attraverso manipolazioni fisico-chimiche. Utilizzando quantità sempre maggiori di energia disponibile, possiamo setacciare rame da depositi sempre più poveri, a profondità sempre maggiori, ma il costo energetico dell'estrazione da miniere a basso contenuto di minerale aumenta molto rapidamente.
Lo scarto è un fenomeno fisico che generalmente è dannoso per qualche forma di vita e, direttamente o indirettamente, è dannoso alla vita degli uomini.
La limitatezza dello spazio che abbiamo a disposizione rende più pericolosi gli scarti che perdurano a lungo, e in particolare quelli che sono completamente irriducibili. Tipico di quest'ultima categoria è l'inquinamento termico, i cui pericoli non vengono adeguatamente valutati. Il calore addizionale, nel quale viene alla fine trasformata tutta l'energia di origine terrestre utilizzata dall'uomo, è in grado di alterare il delicato equilibrio termodinamico del globo.
Continuare a suggerire che l'uomo possa costruire, con un determinato costo, un ambiente nuovo secondo i suoi desideri, significa ignorare che tale costo consiste essenzialmente in bassa entropia, non in denaro, ed è soggetto a tutti i limiti imposti dalle leggi naturali..
Spesso le nostre argomentazioni sono basate sull'ipotesi che esista un attività industriale non inquinante. Si tratta di un mito illusorio quanto quello di una durabilità perenne.
Lo stato stazionario: un miraggio di attualità.
L'errore cruciale consiste nel non vedere che, in un ambiente finito, non solo la crescita, ma nemmeno uno stato di crescita zero, anzi, addirittura nemmeno uno stato di contrazione che non converga verso l'annichilimento, può esistere indefinitamente.
Le risorse naturali non sono costituite da sola materia e sola energia, ma da materia organizzata in strutture ben precise e da energia disponibile. La semplice materia, come l'oro disperso nel fondo degli oceani, non ha per noi alcun valore: abbiamo bisogno di giacimenti auriferi in luoghi in cui l'oro sia disposto in modo da poterlo estrarre in un tempo utile. Nemmeno l'immensa energia termica contenuta nelle acque degli oceani ha per noi alcun valore: una nave che solca i mari ha bisogno di combustibile, cioè di energia allo stato libero; tutto il carbonio, l'ossigeno, l'idrogeno ecc. del mondo non potrebbero sostentare la vita dell'uomo se non fossero organizzati in una molecola di zucchero, amido o proteina.
Nella metà della storia raccontata dalla termodinamica, le cui leggi sono inesorabili come quelle della meccanica, la materia-energia che costituisce le risorse naturali è qualitativamente diversa da quella che forma lo scarto: quella delle risorse naturali è organizzata secondo schemi ordinati o, come dicono i fisici, ha bassa entropia; negli scarti troviamo solo disordine, cioè alta entropia. E non è tutto; la seconda legge della termodinamica ci dice anche che tutto l'universo è soggetto a una degradazione qualitativa continua: l'entropia aumenta, e tale aumento è irreversibile. Di conseguenza, le risorse naturali possono passare attraverso il processo economico solo una volta: lo scarto rimane irreversibilmente uno scarto. L'uomo non può sconfiggere questa legge, più di quanto non possa arrestare l'azione della legge di gravità; il processo economico, come la stessa vita biologica, è unidirezionale.
Solo il denaro si muove in un flusso circolare perché nessuno lo butta via anche se è solo un contrassegno artificiale.
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