Critica alle BR ed alla dissociazione di Negri- archivio e documenti del movimento

Pubblico un documento del collettivo dei Volsci che riporta alla memoria storica del movimento una delle posizioni critiche nei confronti di chi (BR) si muoveva nella logica della lotta armata contro lo stato.
Nel ricostruire quello che è stato il clima di quel periodo credo che niente valga di più di quelle fonti che ci riportano a quegli anni.
E' un modo per fornire fonti dirette, insieme alle testimonianze di chi ha vissuto quelle lotte, che in qualche modo forniscono un quadro articolato di quelle che erano le posizioni nel mare che si agitava in quegli anni.


Nè dissociazione nè dialettizzazione

In questi ultimi tempi nell'uso corrente del linguaggio - discussioni pubbliche, pubblicazioni - sono venuti ad imporsi due termini, evocati entrambi dal regime di libertà vigilata che subiamo, su cui si cerca di costruire due correnti di opinione, per altri versi, quasi "due partiti": dissociazione e dialettizzazione. Ridotti all'osso i due termini nell'uso corrente vogliono significare l'uno, alcun punto di contatto con le BR intraviste come lotta armata, l'altro sta invece per la possibilità di "dialettizzare" (incontrarsi criticamente) con le BR e la "lotta armata" da loro interpretata. A livello di gruppi di famiglia, nella corrente dei "dissociativi" viene fotografato Negri, il "7 aprile" "l'ala movimentista" e quanti altri - oggi che si tende a ridurre "sei o non sei per la lotta armata'' sinonimo di "sei o non sei un traditore" - non dialettizzano con le BR. Della corrente dei "dialettizanti" si cerca di intravedere quei comitati di difesa, associazioni di familiari, che si pongono la liberazione dei loro congiunti contro il comune stato nemico, e quegli spezzoni di gruppo o partitini che ideologicamente, si pongono il problema della presa del potere alla maniera dei classici. Della corrente dei "dialettizzanti" fa parte il girone dei tifosi; tifosi episodici, a seconda se il fatto riscontra più o meno consenso di pelle nell'opinione pubblica circoscritta alle loro amicizie e giro di affari. Il fatto di per se non dovrebbe cogliere di sorpresa alcuno, libero ciscuno di aderire al progetto che più gli aggrada, nè avrebbe senso delegargli uno spazio su "Volsci" se dietro questi iceberg non si celassero delle operazioni politiche.

La dissociazione

É il termine usato da Negri nel documento inviato a uno dei tanti convegni sulla repressione che si è svolto a Genova l'11 aprile '81 (e pubblicato sul Manifesto ai primi di aprile) a significare, in estrema sintesi, un modo nuovo di affrontare le lotte, i comportamenti, la metodologia, i rapporti sociali, l'antagonismo, dopo che la sua lettura degli avvenimenti, era stata parecchio influenzata dal "classicismo" metodologico della 3° Internazionale. Con questo, ad alcuni è parso che vi fosse implicita una rinuncia alla lotta armata come fase evolutiva e risolutiva dello sviluppo della lotta fra le classi; quasi una rivalutazione alla Kautsky, come altri, che si fregiano di essere via via "storici'', econimicisti, marxisti stanno in questi tempi facendo attraverso le loro pubblicazioni. Di per sè, questa posizione, può ancora dar adito a uno scontro ideologico sulla concezione della transizione al comunismo. Il termine "dissociazione" (usato maldestramente o decisamente sbagliato in quella occasione), perde quel minimo di valenza politica che aveva solo per assumere una veste politica, quando su Panorama, (pochi giorni dopo l'articolo uscito sul Manifesto) appare una lettera di Negri inviata al giudice Sica, sul come farla finita di questi tempi "che ingenerano solo barbarie, in cui unico soccombente è la ripresa della lotta di classe". Questo errore politico - non si scrive ad uno dei massimi servi della repressione in Italia "dialettizzando" su problemi politici di primario interesse per il movimento di classe, che il suddetto giudice è delegato con i suoi strumenti coercitivi a distruggere tutti i giorni -, insieme al fatto che da lì a pochi giorni Negri e gran parte dei compagni del "7 aprile" venivano spostati dal braccio speciale G7 al braccio semispeciale G 12 B (e non declassificati come falsamente scrivono le BR), son facile esca per le BR e per tutti i detrattori dell'autonomia operaia, vista per comodità attraverso l'operato dei suoi presunti capi, per sostenere che "dissociazione" è equivalente di tradimento, sia in termini politici ma soprattutto pratici. Questi tre fatti davano spunto alle BR del campo di Palmi nell'aprile '81, di scrivere l'enciclica "contro l'Autonomia operaia" articolata su 3 punti: scontro ideologico (l'Ape e il comunista), scontro sul programma (Lavorare meno lavorare tutti), scontro fisico (da gli atti del Convegno sulla repressione vedi art. "Il ceto politico è nudo e pazzo"...: la battaglia sul terreno dello scontro armato, affinchè una strategia filomperialista (quella di Negri e compagni) abbia la collocazione che merita nell'ampio spettro dei bersagli virtuali che fronteggiano le canne roventi dei fucili su cui poggia il potere proletario). Scaricata, con questa verità inoppugnabile, la minaccia innescata dalle BR e tifosi vari per costruire su Negri e compagni l'immagine del traditore da condannare a morte (e da eseguire nei "kampi" di stato, magari ad opera di qualche coattello), sosteniamo i motivi per cui il termine "dissociazione" nella sostanza con cui è concepito non solo è sbagliato ma va combattuto politicamente:

1) è sbagliato perchè lascia intendere che "prima" si era associati in qualche cosa molto similare alle BR o comunque alla strategia armatista;

2) è sbagliato perchè getta confusione di varia natura, che dentro il carcere, assumono in virtù di pressapochismi, di caste, di alleanze, forme di discussione anche drammatiche e totali;

3) è sbagliato perchè è in corso un'operazione del potere che passa attraverso noti magistrati nel chiedere "dissociazioni" pubbliche all'interno della mercanzia "abiura politica = diminuzione di pena", col fine spredicato di irridere e distruggere l'immagine dei comunisti;

4) soprattutto è sbagliato se è inteso a liquidare la lotta armata dai bisogni di liberazione del proletario in quanto confondibile e/o riconducibile alle BR.

Non riconoscere alle BR alcuna dignità di lotta armata ma lo scimmiottamento o simulazione di essa ad altri fini è un conto, liquidare l'assunto storico marx-leniniano e la praticabilità con cui è stata investita nelle diverse aree geo-politiche la lotta di liberazione dei popoli e del proletariato, è senz'altro bollabile come revisionista. Sarebbe del resto, il più grosso regalo fatto alla borghesia, in un momento di grande confusione, quando questi ultimi 15 anni di storia di lotta di classe si vogliono completamente riscrivere in chiave criminale da parte di un nugolo di inquirenti di regime. Chi pensa e scrive che la "memoria storica del movimento" sia l'aspetto da cui bisogna liberarsi per riprendere il cammino, fino a citare che "beate sono queste generazioni che nascono senza memoria", si assume la responsabilità della sua attuale condizione, compiendo l'atto scellerato di sottoscrivere proprio l'operazione di cancellazione della "memoria storica del movimento" voluta dalla neo-inquisizione. Come del resto chi, dalle colonne di Metropoli, inneggia ai presunti aspetti "postcomunisti della nostra società", per sollecitare il piccolo cabotaggio del "riformismo possibile" (anche quello delle BR) in cui è compresa anche la "possibile nascita di altri sindacatini di sinistra", non fa che invitare i propri lettori non già ad una sorta di curiosità o stravaganza intellettuale, bensi ad una vera e propria "dissociazione" dalle tematiche del comunismo rivoluzionario e che se non rasenta l'abiura, si colloca con l'opportunismo storicamente dimostrato da alcune forze politiche di fronte alla durezza dello scontro. Armatismo BR e opportunismo, hanno in comune la radice piccolo borghese della preminenza del ceto politico sui movimenti reali visti come il fumo sugli occhi perchè sono gli affossatori di qualsiasi ceto politico cristallizzato e autoproclamato. L'impressione che abbiamo avuto leggendo è questa, del resto suffragata da alcuni comportamenti e mode "tradizionali". Se non fosse cosi lo si scriva chiaramente, si faccia chiarezza nei comportamenti. E' tempo di abbandonare, anche nel linguaggio, quell'ambiguità propria del ceto politico. Non si sottovalutino queste richieste: ne va del costume dei comunisti che non abdicano alla proprie idee all'orquando sottoposti al sequestro di stato, ne va la difesa incondizionata di quei compagni riconosciuti antagonisti ai progetti capitalistici in corso.

La dialettizzazione

"Se consideriamo profondamente sbagliato il termine "dissociazione", riteniamo altrettanto nefasto il termine dialettizzazione per i seguenti motivi:

1) "dialettizzereste" con chi ha stabilito la vostra liquidazione politica e fisica?

2) "dialettizzereste" con chi ha un progetto revisionista?

3) "dialettizzereste" con chi impronta il metodo politico sulla strumentalizzazione?

Solo chi si sente attratto dagli spari senza chiedersi per cosa si spara può fare la scelta delle BR!

1) il documento dell'aprile '81 a firma dei prigionieri comunisti delle BR - Palmi, è titolato "Campagna contro l'Autonomia", articolato su 3 punti di scontro: ideologico-programma- fisico

Si può dialettizzare con chi ha già provato all'interno dei carceri speciali ad attentare alla vita dei compagni che fanno riferimento all'Autonomia operaia, neanche sporcandosi le mani in prima persona, bensi avvalendosi dell'uso di qualche comune velocemente aggregatosi alle BR per smania di grandezza? O con chi ha innescato un circuito nazionale di calunnie - passaggio da detenuto a parente, da parente ad amici e a propria stampa - da addossare all'autonomia operaia?

Un esempio. Il convegno di Milano alla palazzina Liberty, organizzato da alcuni comitati di difesa per trovare una possibile linea di inziativa comune sul carcerario, è diventato il luogo per un attacco frontale, quanto risolutivo, all'autonomia operaia individuata nei compagni del "7 aprile" e in tutti coloro che si dichiarano "innocenti" di fronte alle accuse incredibili dello Stato. Al culmine di questa forzatura scannaautonomi, l'INNOCENZA E STATA DEFINITA LA PRIMA FORMA DI TRADIMENTO!

Pensare, che molti di noi, ne han visti di spavaldi brigatisti in carcere dichiararsi innocenti in processo: cos'è tattica o qualche piccola contraddizione?! Questo convegno si è trasformato, al di là delle buone intenzioni degli organizzatori, in un atto preciso della campagna orchestrata dalle BR ai danni dell'Autonomia, oggi è un pò più chiaro a tutti!

2) "Le BR hanno in progetto di liberare l'Italia dal giogo atlantico, renderla neutrale, inserirla tra i paesi non allineati....

...Intendono realizzare quel tipo di socialismo che impone le coattività del lavoro, i piani, soprattutto intendono mantenere l'impalcatura dello stato fatto di partito, sindacato, giudici, tribunali, prigioni, prigionieri... ...Intendono mantenere la divisione tra economico e politico, nella preminenza del partito - tutto sulla società...''. Questo in estrema sintensi è il "Progetto", di cui vanno vantandosi brigatisti e tifosi, accusando gli altri, e in particolare l'Autonomia operaia, di non avere un progetto. Se il "Progetto" tracciato ne "l'Ape e il comunista", è il revisionismo armato, i signori delle BR e tifoseria varia, non solo sono con le pezze al culo sul piano ideologico, ma quante altre "svolte di Salerno" stanno preparando da fare ingoiare ai propri militanti? Non è la prima volta, non sarà l'ultima, che s'imbraccia il fucile per imporre soluzioni nazionaliste o svolte democratiche: il "progetto" delle BR, partito sul piano antifascista dalla grande paura del golpe del '70, si è incanalato sul piano revisionista, fino al prevedibile supporto armato alla "svolta" di un governo delle sinistre in Italia. Diventa impossibile "dialettizzare" con i negatori della liberazione comunista, con i ripropositori di logore bandiere dell'indipendenza nazionale sotto cui si nascondono ancora più duri sacrifici per i proletari. Come si può "dialettizzare", con chi interpreta i rapporti sociali in forma gerarchica e disciplinata, con chi dedica alla vita cosi poco valore, tale da pensare di distruggere financo quella dei compagni? Per la preminenza del proprio piano con chi, a nulla interessa la crescita politica generale per l'esemplarità dei propri gesti? Con chi, si ritiene vincente, perché riesce a condizionare lo stato attraverso catene di morti e sequestri, trascurando l'isolamento in cui ciò avviene, mentre gli anni precedenti erano un continuo attivo diffuso, capillare, bombardamento del quartier generale, un continuo riempire di masse le piazze, i quartieri, i piazzali delle fabbriche. Oggi, per questa tristissima scimmiottatura della guerra, per questa propaganda con sempre più sangue sennò non fa neanche più notizia, si è dato un formidabile strumento in mano allo Stato: quello della prevenzione militare nei confronti dell'antagonismo. Si è allarmato per niente lo Stato, tanto che i proletari si trovano più oppressi di prima ed è più difficile di ieri contendere questa oppressione. Ci sembra veramente demente entrare di domenica, all'ospedale S. Camillo, di Roma con un canne-mozze per sequestrare libri-presenza e scrivere sui muri "Lavorare meno lavorare tutti" - firmato BR, quando migliaia di lavoratori rivendicano in piena libertà e da molto tempo prima quest'esigenza. Ed è sicuramente da provocatori, utilizzare la stessa targa (solo che falsificata) della macchina di una compagna che una settimana prima aveva partecipato ad una grossa assemblea proprio al S. Camillo: per la solita 500, col solito altoparlante, che manda i soliti messaggi, che solitamente non funziona! E altri episodi di questa natura, fino ai morti, sempre rivendicati per "lavorare meno lavorare tutti". Chi è interessato a usare il cervello e non solamente il grilletto, dovrebbe verificare il grottesco della simulazione dello stato di guerra, per cui episodi del genere, difficilmente spiegabili anche in caso di guerra, impediscono a molte energie proletarie la militanza attiva oggi, perché per il solo fatto di aver dato ospitalità o di aver discusso, o di aver lottato o partecipato in epoche non sospette, per lo stesso meccanismo dell' infamia ingenerato dalla natura stessa della logica clandestina, si rischia di marcire in galera per otto o quattordici mesi di preventiva o il suo raddoppio fino al processo, quando va bene.

3) La "Svolta" decisa dalle BR nella primavera '80 - quella contro il soggettivismo militarista.. .per approdare a "lavorare meno lavorare tutti", fino ai più recenti "costruire gli organismi di massa rivoluzionari" e alle campagne ''sulla riscoperta della contrattazione aziendale in sostituzione del sindacato", sono i fattori di un cambiamento di strategia o pura tattica, vecchia marpioneria di staliniana memoria? Per alcuni neo-scopritori delle BR, la "svolta" c'è stata, tanto che si può definire strategica, nel senso che rimette in discussione financo uno dei principi della loro stessa esistenza: "la clandestinità strategica". Dicono costoro, che anche grazie all'immissione di nuove leve provenienti dalla disgregazione Pl e similari, si è aperto il dibattito all'interno BR, su come riconvertirsi a gruppo politico pubblico e che più di una scadenza è in preparazione per sperimentare le prime uscite pubbliche magari al sud, per sfruttare l'eco Cirillo. Non è la prima volta che un gruppo militarista, pensando di essersi ingrandito tenti di queste operazioni. Queste, in alcuni casi, sfociano fino al patto governativo di fine belligeranza rientro nella "legalità" in altri casi, nel mantenimento della struttura militare insieme alla neo-struttura politica che addirittura può disporre anche dello strumento elettorale. Non c'interessa caldeggiare alcuna riconversione, staremo a vedere semmai, come saranno le auto-critiche e soprattutto i comportamenti. Il presente ci dice che cosi non è, ad onta di quelli che in buona fede vorrebbero l'unità d'azione di tutti i rivoluzionari, per cui sostengono che bisogna aiutare questa "svolta", assecondando l'attuale revisionismo delle BR. Dai documenti, e soprattutto dai comportamenti, ci sembra che questa "svolta" non c'è stata. Essa invece è un'operazione tattica compiuta allo scopo di ridurre al silenzio quei settori del movimento ritenuti irriducibili: un altro episodio della lotta per la supremazia assoluta del gruppo BR, al pari di quanto facevano nel '70, gli ex gruppi nazionali AO-LC-PO. Le tematiche della chiusura dell'Asinara, per tutti o il lavorare meno lavorare tutti, sono obiettivi lungamente agitati dal movimento, ripresi dalle BR al solo scopo che questa sovradeterminazione spinga il movimento, per paura di strumentalizzazione o altro ad abbondonarle. Cosi ancora l'uso dei rapimenti Sandrucci-Cirillo-Taliercio, effettuati ai fini di una trattativa "sindacale", ovverro nell'intento di sostituire il sindacato sul suo stesso terreno, una volta che questi l'ha tralasciato. All'Alfa è la richiesta del rientro dalla cassa integrazione, a Napoli è il sussidio, alla Montedison è l'azione contro gli annunciati licenziamenti. Qualche "dialetizzante" dice: hanno coperto un vuoto politico. Meglio sarebbe dire: "hanno manifestato appieno la loro immagine revisionista, ripristinando la leggittimità sindacale proprio laddove questa era stata sconfitta e superata dagli stessi operai. L'unica differenza è che quando il sindacato cavalcava, migliaia di operai imponevano la loro legalità, oggi "piattaforma e lotta" vengono imposte e realizzate da super autodelegati. La costruzione degli "organismi di massa rivoluzionari" per le BR non sono il dato strategico su cui far poggiare le fortune della rivoluzione oltrechè la sostanza stessa della società comunista. Per le BR è solo la formulazione "dialettica" per meglio venir subito indivuati. Se la vecchia e usuale direttiva di natura bolscevica, è stata quella di infiltrarsi nel sindacato, anche in quelli più reazionari, quella di coprirsi con la tessera del Pci o similari, è stato l'altro passaggio delle BR, nondimento oggi è in atto il tentativo di inserirsi in quelle strutture di massa o cosidette "larghe", in cui è più difficile scovare le argomentazioni dell'infiltrato. Ci si inserisce nei comitati contro l'eroina, nelle cooperative, nelle strutture di strada, di spettacolo, non già per "dialettizzare" con queste forme di movimento, per rapportarsi alla loro democrazia diretta, per rispettare le decisioni collettive, ma sempre per pescare adepti e allo stesso tempo per distruggere queste articolazioni con estenuanti-inconcludenti dibattiti, a dimostrazione che l'unica alternativa è un'altra, meno parolaia, più immediata. Una verificata di questa tattica sta proprio nel ruolo di ''destra'' svolto dall'infiltrato nelle assemblee di fabbrica, nel consiglio dei delegati, nella cooperativa e per chi se le ricorda, nelle assemblee di movimento '77. Con chi dovremmo "dialettizzare" allora? Con chi ha sempre cercato la supremazia del proprio gruppo sulle ceneri degli altri? Con chi ha sempre dichiarato e lavorato per la fine prematura di ogni movimento? Con chi non erede nell'autonomia del proletariato ma nella supremazia del partito? Con chi ha creduto nel '77 aperto il terreno rivoluzionario su cui realizzare la scalata al palazzo d'inverno con il caso Moro? O con chi, non vedendo cadere il palazzo d'inverno nel '79 con l'attacco alla sede romana della Dc, proclamava appelli schizoidi quali "trasformare le elezioni in guerra civile"? O con chi, non vedendo innescarsi la guerra, civile, la simulava dando luogo a un conflitto fra bande, seminando cadaveri e leggi ultraspeciale? O con chi, vista la ripresa di un movimento mai liquidato, nelle carceri, dal terremoto o nei senzatetto, tenta di sovrapporsi al lavoro di massa prodotto dai comunisti con le solite azioni, con cui lo stato rafforza l'ulteriore dispositivo di coercizione? O con chi, impaurito dalla diffusione straordinaria di antagonismo e autorganizzazione, sociale in unione con quanto avviene in Europa e che fa a pezzi qualsiasi progetto "guerrillero", cerca di tamponare questa sua messa in crisi oggettiva, passando dalla lotta politica alle vie di fatto contro l'autonomia operaia, che si vuole distrutta, disarticolata, pezzente, senza progetto ecc., ma sulle cui basi teorico-strategiche poggia la circolarità diffusa di questi movimenti? C'è solo lo scontro politico aperto con chi già attentato alla vita dei nostri compagni per tentare di far prevalere il proprio gruppo nel momento in cui vacilla lo sforzo operato per la supremazia. Nè staremo a subire impunemente il ripetersi di una sola minaccia da parte di chi ha interpretato la carriera politica sulla pelle e sulla lotta altrui.

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