Egemonia culturale- mass media, scuola e valori, parte 7

Mentre da un lato (quello sinistro) Tremonti fa una considerazione di per sé banale sul valore del posto fisso, dall'altro si esercita nell'esercizio dei tagli alla scuola pubblica.
Come riescano tutte queste cose a stare nella testa di Tremonti è un bel mistero. Mi chiedo come possa vivere una condizione nella quale si esercita nel formulare opinioni e valori che uno si aspetterebbe da uno di "sinistra" (del 900) e, nello stesso tempo, operare concretamente in un contesto in cui si realizzano fatti di segno opposto.
Al di là della questione precari, i tagli all'istruzione creano i presupposti per una generazione di individui a cui sempre di più mancheranno i mezzi e gli strumenti per farsi della società un'opinione diversa rispetto a quella che traspare da ciò che comunicano i media ogni giorno.
Trattando di egemonia culturale e prima di passare a qualche altro teorico, che ha fatto riflessioni dirette ed indirette sulla questione, ci piace evidenziare il pensiero di Darhendorf che illustra in modo sintetico il rapporto tra scuola, cultura e critica come pilastri della democrazia.
A queste riflessioni aggiungo un link ad un articolo di Paolo Barnard che fa un ragionamento su come una certa destra ha saputo costruire nel tempo i presupposti di un'egemonia culturale che da noi ha fatto tanti proseliti.
Per chiudere varrebbe la pena riflettere anche su come, in questi anni, si siano coscientemente azzerati tutti quei luoghi in cui una comunità d'individui ha per decenni costruito una sua identità e dei propri valori.
Mi riferisco all'idea dei satelliti che in qualche modo venivano utilizzati come cinghie di trasmissione di un'idea di società che fosse altro rispetto a quella in cui viviamo (cooperative, circoli, sedi di partito etc.)
Loro hanno contribuito ad azzerare questo patrimonio ed oggi non rimane altro che farsi dettare l'agenda politica da Repubblica ed Il Giornale mentre le agenzie pubblicitarie creano bisogni/valori per le nuove generazioni.


DOMANDA: Nell'attuale contesto politico è innegabile l'influenza dei media. Prof. Darhendorf, come concepisce uno spazio politico in cui al cittadino sia garantito un reale potere di rappresentanza?

La democrazia esige uno spazio pubblico che sia in condizioni di mediare interessi ed opinioni degli uomini col processo decisionale delle istituzioni politiche, o di mediarli nelle istituzioni politiche. Il caso ideale è rappresentato da uno spazio pubblico costituito da uomini liberi, da individui che s'incontrano sulla piazza del mercato. Quello che è ancora usuale nelle assemblee elettorali dei cantoni svizzeri si avvicina molto a questo spazio pubblico ideale. In verità questo caso ideale non si è mai verificato per intero, e nelle grandi società è molto difficile che possa verificarsi.

Il caso ideale viene sempre influenzato da altri fattori. Lo spazio pubblico, l'ideale spazio pubblico democratico, viene sempre falsificato, sia mediante la rappresentanza, sia anche mediante la manipolazione.

La manipolazione può avvenire in modi molto diversi. Nel XIX secolo e fino al nostro secolo, la manipolazione degli elettori avveniva spesso ad opera dei potenti del posto, i grandi proprietari terrieri, o proprietari di altro tipo, o comunque persone per questa o quella ragione potenti. Una forma di manipolazione oggi particolarmente attuale è senza dubbio quella che avviene mediante i mass-media e i pochi proprietari dei mass-media: dunque, la manipolazione dello spazio pubblico è sempre stato un pericolo, e lo è ancora oggi.

Per questo mi preme l'accesso all'istruzione: ogni uomo e ogni donna deve aver la chance, l'opportunità, di sviluppare i propri talenti, interessi e desideri, nelle scuole e nelle università. In questo senso per me l'istruzione è un diritto civile. L'istruzione ha naturalmente anche una funzione nella formazione di uno spazio pubblico democratico: ha naturalmente una funzione allorché si tratta di porre gli uomini in condizioni di far uso dei propri diritti civili

Non sono mai stato convinto, come altri, che con l'educazione politica si possa giungere chissà dove: credo molto — è un tratto anglosassone in me — al common sense, alla capacità di fondo di ogni singolo uomo di formulare giudizi su questioni politiche importanti. Ma in un mondo complicato, questa capacità esige, ad esempio, che si sia in grado di leggere un giornale, e che lo si legga realmente; esige che si sia in grado di ascoltare e comprendere notiziari, e qui è ancora una volta necessario un certo grado di preparazione, di istruzione.

Ma già dal modo in cui io dico questo si può dedurre che per me l'istruzione è un presupposto primario nel concetto di diritti civili, nei concetti di organizzazione della vita umana, di organizzazione delle capacità e opportunità di cui abbiamo bisogno nella vita.

Tratto dall'intervista "Democrazia e totalitarismo" - Oxford, biblioteca del S. Anthony's College, domenica 23 luglio 1989

Commenti

Luca Simonetti ha detto…
"Loro hanno contribuito ad azzerare questo patrimonio ed oggi non rimane altro che farsi dettare l'agenda politica da Repubblica ed Il Giornale"
Questa è una grande verità. Peraltro i "loro" in questione sono stati non solo la destra, ma anche una parte considerevole della nostra "sinistra". E l'articolo di Barnard è senza capo né coda (no wonder). Il disastro è nostro (italiano in primis, in parte minore europeo), non certo mondiale, e il WTO, la globbbbalizzzzazione e le multinazzzzionali non c'entrano nulla.
mario ha detto…
@Luca,
In quel loro ci stanno un po' tutti.
Anche se non credo che intendiamo la stessa "sinistra".
Poi, sono d'accordo che in primo luogo la responsabilità è "nostra",però in quanto ad egemonia culturale che orienta in una certa direzione penso che le multinazzzionali ed i loro uomini c'entrano eccome.
Da questo punto di vista alcune delle riflessioni di Barnard su quei documenti mi sembra che abbiano anche un corpo oltre che capo e coda.
D'altra parte se quelli ragionavano così.... "“Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato (prima degli anni ’60 nda) ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare bene”. "

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