Egemonia culturale secondo Gramsci- parte 1


A questo tema si legano quindi direttamente quello dell'egemonia e della rivoluzione passiva. Gramsci afferma che " tutti gli uomini sono intellettuali ", poichè ogni uomo, consapevolmente o no, esplica " una qualche attività intellettuale ", ha una propria concezione del mondo e una consapevole linea di condotta morale, e contribuisce a modificare altre visioni del mondo suscitando nuovi modi di pensare. Il linguaggio stesso è " una minima manifestazione " intellettuale, visto che già in esso è cristallizzata una " determinata concezione del mondo ", una qualche " filosofia spontanea ". Non vi è pertanto attività umana (neppure la più pratica) " da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale ": " non si può separare l'homo faber dall'homo sapiens ". Ma se tutti gli uomini sono intellettuali, " non tutti gli uomini hanno nella società la funzione di intellettuali "; per l'esercizio di tale funzione, si formano storicamente delle categorie specializzate in connessioni con le classi sociali e specialmente con quelle più importanti e dominanti. Gramsci distingue fra: 1) intellettuali "tradizionali", che generalmente si rappresentano come " autonomi e indipendenti dal gruppo sociale dominante " e dal mondo della produzione, considerandosi piuttosto come seguaci disinteressati dei valori tradizionali; 2) intellettuali "organici", cioè legati organicamente al gruppo sociale fondamentale; però anche gli intellettuali "tradizionali", anche se non ne sono consapevoli, sono in ultima analisi "commessi" della classe dominante, "organici" al gruppo sociale fondamentale e svolgono " funzioni organizzative e connettive ", di direzione ideologica e culturale. Sta qui il rapporto tra intellettuali ed egemonia: la classe dominante o che aspira a divenire tale cerca di utilizzare gli intellettuali per esercitare un'egemonia su tutta la società; Gramsci dice che " la supremazia di un gruppo sociale si manifesta in due modi, come 'dominio' e come 'direzione intellettuale e morale' "; lo Stato stesso, poichè espressione diretta del gruppo dominante, si fonda e si regge su due elementi: a) la "dittatura", ovvero l'apparato di decisione e di coercizione rappresentato dalla "società politica"; 2) l' "egemonia" e l'organizzazione del consenso, dipendenti dalla "società civile" e attuate attraverso un apparato di "strutture ideologiche" e di istituzioni a cui spetta il compito della direzione culturale per conto della classe politica dominante. Operano nella società civile e nelle strutture ideologiche la scuola, la Chiesa, i partiti, i sindacati, la stampa, e così via, nonchè i funzionari dell'ideologia e della cultura, cioè gli intellettuali, fra i quali Gramsci fa rientrare tutti quelli che ricoprono ruoli sociali di educazione, formazione, organizzazione. L'egemonia è dunque il dominio di una classe sulle altre attraverso un'operazione di controllo culturale e ideologico e di esercizio del potere, in senso non tanto coercitivo, quanto di persuasione razionale, di influenza sul pensiero, sulla vita, sulla moralità, sulle abitudini sociali e culturali dei singoli. La conquista e la salvaguardia del potere da parte della classe dominante sono, per Gramsci, sempre più determinati dalla stretta connessione di egemonia e coercizione. L'esercizio dell'egemonia (tipico dei regimi liberali e parlamentari) è caratterizzato dalla combinazione e dall'equilibrio fra forza e consenso e la forza deve sembrare sempre giustificata dal consenso della maggioranza; quest'ultimo è espresso dagli organi di opinione pubblica (giornali e associazioni) che, a questo scopo, " vengono moltiplicati artificiosamente ". Poichè nell'epoca moderna, avverte Gramsci, " la categoria degli intellettuali [...] si è ampliata in modo inaudito " e questi appaiono ormai necessari al funzionamento dello Stato moderno, la lotta per la conquista e per il mantenimento dell'egemonia non si può risolvere nello scontro materiale delle classi, ma deve investire il piano culturale. Le trasformazioni rivoluzionarie non sono più immaginate, secondo le modalità tradizionali, come scontro diretto, violento, fra gruppi o classi sociali antagonisti. D'altra parte, per evitare conflitti pericolosi per la sua esistenza, la classe dominante favorisce una serie di trasformazioni volte ad adeguare la società allo sviluppo economico: si tratta di "rivoluzioni passive", tra cui rientra "l'americanismo". Per la costruzione di uno Stato alternativo a quello di stampo americanista, Gramsci vede il bisogno di un reale processo rivoluzionario e di una sistematica contrapposizione operaia mossa da un concreto " spirito di scissione ", rispetto al blocco sociale dominante. La conquista dell'egemonia e del potere da parte del proletariato è dunque indisgiungibile dallo scontro delle classi e dalla lotta proletaria, ma per far ciò la classe operaia ha bisogno di attirare a sè gli intellettuali "tradizionali" e di crearsi i propri intellettuali "organici". L'intellettuale nuovo deve dunque " mescolarsi attivamente alla vita pratica " e diventare dirigente politico (cioè "specialista + politico") proprio a partire dalla centralità del lavoro industriale nella società moderna.

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