Consenso e numeri gonfiati ad arte, Polverini e Berlusconi
Che cosa pensano davvero nel sindacato di cui è leader della candidata del Pdl nel Lazio.
La candidatura di Renata Polverini alla regione Lazio per il centrodestra è stata salutata con favore anche dall’altro lato della barricata.
Non a caso la stessa Unità ieri ha parlato di «gran bella partita» con la Bonino, sottolineando come la leader dell’Ugl «piaccia molto anche a sinistra». Del resto, la storia della Polverini, come ci è stata raccontata finora, legittimerebbe gli entusiasmi. Alla sindacalista romana tutti riconoscono la capacità, nei tre anni e mezzo di leadership, di aver sdoganato il vecchio sindacato vicino all’Msi prima e An poi. Portandolo nell’olimpo della concertazione, a trattare a pari titolo con Cgil, Cisl, Uil e governo nelle vertenze più importanti.La candidatura di Renata Polverini alla regione Lazio per il centrodestra è stata salutata con favore anche dall’altro lato della barricata.
Tanto che si è cominciato a parlare sempre più di “quadruplice”, a dimostrazione della grande ascesa del sindacato “nero”. Il problema, però, è che questa storia è più mediatica che reale. I numeri infatti non solo bocciano la Polverini ma dimostrano come la sua fortuna sia stata pompata dal palazzo e dai media.
Partiamo dall’ultimo rapporto Censis. Lì è riportato il numero degli iscritti ai sindacati nel 2007 e 2008. Ebbene, l’Ugl è l’unico che in controtendenza perde colpi: –4,2 per cento, passando dai 2 milioni e 145mila del 2007 ai 2 milioni e 54mila dell’anno successivo. Tuttavia non è questa flessione a smentire l’effetto Polverini. Bensì il fatto che i due milioni di cui si parla (che portano l’Ugl a giocarsi la terza piazza con la Uil) non trovano riscontri concreti nei numeri ufficiali. I dati sulle tessere infatti sono autodichiarati dalle singole sigle, che spesso li gonfiano ad arte. Tuttavia ci sono due indicatori, uno nel pubblico e uno nel privato, tramite cui ricavare i rapporti di forza fra i sindacati e il reale numero degli iscritti.
Partiamo dal pubblico impiego.
In questo settore la rappresentatività sindacale è certificata ufficialmente dall’Aran perché possono partecipare alla contrattazione solo quelle organizzazioni che superano il 5 per cento dei voti. Ebbene, secondo gli ultimi numeri disponibili del 2007, l’Ugl è riuscita a superare questa soglia, tutto sommato molto bassa, solo in un caso: per quanto riguarda i lavoratori della presidenza del consiglio.Per sanità, scuola, ministeri e tutto quello che è pubblico impiego il sindacato della Polverini è sotto. Quindi rappresenta quattro gatti. Tanto che l’anno scorso l’Ugl (assieme alla Cisal) ha intimato all’Aran di non pubblicare i dati sui voti effettivamente presi, a differenza di tutte le altre organizzazioni che invece hanno dato il loro consenso. Europa, consultando fonti sindacali, è riuscita comunque a ricavare la cifra. Ed effettivamente fa drizzare i capelli: circa lo 0,7 per cento, ovvero più o meno diecimila persone su un totale di due milioni di lavoratori sindacalizzati.
Per quanto riguarda il privato, un buon indicatore è il numero di trattenute sindacali che pensionati e disoccupati delegano all’Inps. Ebbene, anche in questo caso i numeri per l’Ugl sono impietosi. «Può contare su 67mila pensionati e duemila disoccupati, più o meno l’uno per cento del totale», ci dice Marco Paolo Nigi, segretario della Confsal, che nei fatti è il quarto sindacato più rappresentativo.
Altro che quadruplice, quindi.
I numeri parlano di una Ugl quanto meno “sopravvalutata”. Con un leader che è riuscito a strappare una candidatura pesante grazie ad altre doti. Come un’intelligenza tattica nello stringere alleanze: prima con Epifani che la sdogana e poi, adesso, con Bonanni e Angeletti con cui fa da sponda a Sacconi.
Come la sua bravura mediatica in quel Ballarò che l’ha lanciata nel circuito politico. E come la capacità di mettersi sotto l’ombrello finiano, ritagliandosi il ruolo di donna di destra ma antiliberista e, cosa che conta di più, antiberlusconiana.
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