Storia intervista e Lettera dal carcere di Antonino Fano
Mi chiamo Antonino Faro, sono nato in Sicilia, una terra bellissima, ma in un ambiente che conserva difficoltà ancora drammaticamente attuali. Provengo da una famiglia proletaria e numerosa, in tutto fra fratelli e sorelle siamo in quindici.
Dato che non mi sfuggivano le gravi difficoltà finanziarie in cui si dibatteva la mia famiglia, non avevamo una casa comoda dove abitare, il lavoro ed il cibo scarseggiavano, intrapresi già da adolescente la strada di violare la legge commettendo dei furtarelli per procurarmi dei denari. Vedendo il facile guadagno, la considerai la via migliore per poter aiutare la mia famiglia.Già in tenera età incominciai a conoscere il riformatorio ed in seguito il carcere minorile. Appena maggiorenne commisi reati un po' più gravi e nel 1975 finii in carcere per una rapina. A differenza del carcere minorile l'impatto fu tremendo, vedevo intorno a me gente perduta, gente votata alla disperazione, volti anonimi, segnati dalla sofferenza, dalla tristezza, dalla solitudine, alcuni spenti nella volontà, altri reagivano con cattiveria e violenza. Ora mi rendo conto quanto sia arduo leggere nell'anima degli uomini in carcere, penetrare i misteri, prevedere i comportamenti, coglierne la fragilità, la durezza, i bisogni, ma a quel tempo decisi di reagire e decisi di essere più cattivo contro tutto e tutti, soprattutto con me stesso. Dopo appena un breve periodo di detenzione mi trovai coinvolto in un omicidio...
La mia situazione era peggiorata e pensai solo ad evadere, ci riuscii ben tre volte, l'ultima nel 1975 dal carcere di Catania. Subito dopo, nel carcere di Fossombrone, commisi un omicidio e due tentati omicidi e visto che erano accusati degli innocenti mi assunsi le mie responsabilità e presi il primo ergastolo. In seguito commisi un omicidio pure a Milano. Nel carcere di Novara durante una falsa rivolta, che fu presa d'esempio da altri, ci fu un regolamento di conti e fui coinvolto in altri due omicidi e altri due con le stesse modalità nel carcere di Catania. Poi commisi l'omicidio di Turatello, boss della mala milanese, nel carcere di Badu e Carros (Nuoro). L'ultimo ergastolo l'ho preso come mandante di un omicidio nel carcere di Pisa, di cui rinnego la paternità.
Non ho mai fatto uccidere nessuno da altri, giusto o sbagliato l'ho sempre fatto io di prima persona. Sono stati numerosi pure i vari sequestri di guardie e tentati omicidi che ho commesso ecc. Quelli erano anni turbolenti e spesso per sopravvivere dovevi essere il più cattivo di tutti e dovevi colpire per primo, o ammazzavi o venivi ammazzato ed io ho sempre preferito la prima ipotesi. Fui messo nella lista dei killer dei carceri ed entrai nei braccetti della morte, in seguito aboliti perché erano proprio casse da morto...
Ormai ho cinquat'anni con più di trent'anni di carcere fatto. Sto attualmente scontando tre anni d'isolamento diurno nel carcere di Badu e Carros.
Sei pentito, ravveduto?
No pentito, ravveduto sì, ma fino ad una decina di anni fa mi consideravo innocente di essere colpevole, perché mi sentivo figlio di quell'ambiente violento in cui sono cresciuto. Ho rispettato le leggi e le regole dell'ambiente carcerario che mi hanno formato e nutrito...
Il primo omicidio l'ho commesso contro me stesso poi sono venuti gli altri.
Cosa pensi dell'ergastolo?
L'ergastolo è contro la natura, non è un deterrente, non migliora l'uomo, non ha niente di ragionevole e istituzionalizza la vendetta attraverso la sofferenza, rispondendo alla violenza criminale colla violenza legale. Lo Stato dovrebbe spiegare prima la funzione della pena e la sua utilità e poi pretendere che venga espiata e capita. A me nessuno ha mai spiegato nulla, nessuno mi ha fatto capire dove sbagliavo, mi sentivo come un soldato che era in guerra e che faceva il proprio dovere rispettando il proprio codice d'onore...
Cosa ti aspetti dal futuro?
Nulla, il futuro mi appare privo di ogni speranza e salvezza. La vita ormai mi ha sconfitto, per sempre è sfuggita al mio controllo, addirittura alla mia comprensione. Ora è troppo tardi, è troppo scarsa la possibilità di influire sul mio futuro, questo sarà sempre legato al mio passato.
Come passi le giornate?
Attualmente in isolamento diurno, mi sento in un mondo escluso dal mondo umano, leggo e studio la bibbia. Dio mi ha insegnato a conoscermi e a crescere dentro, cosa che non ha fatto lo Stato, che mi ha fatto crescere privazioni, torture e patimenti nell'assenza totale di legalità, giustizia e umanità e ha fatto di me quel mostro che sono stato.
Pensi un giorno di uscire?
Non credo proprio, la mia situazione è differente dagli altri ergastolani...
Io ho preso diversi ergastoli in carcere ed ora la mia pena parte dall'ultimo ergastolo che ho preso, la detenzione che ho scontato prima non conta. Sono consapevole che ho molte probabilità di morire in carcere, allo Stato non importa che sono cambiato, ma importa a me stesso...
Spero di avere più fortuna nell'aldilà dove ci sarà sicuramente una legge più giusta, quella divina che giudica equamente, dove non esiste l'ergastolo...
Hai fatto delle lotte in carcere con i brigatisti?
Sì, ho fatto delle lotte con i compagni per un miglioramento della vita carceraria e ho conosciuto quasi tutti i compagni che in quei momenti lottavano, mi hanno inserito come simpatizzante di sinistra perché avevo fatto delle rivolte e delle rivendicazioni a favore dei compagni e vicino a Renato Curcio, quindi mi ritenevano politicizzato, orientato a favore dei (brigatisti) come venivano chiamati dai giornalisti o dal potere.
Sono stato uno dei primi ad essere chiuso nei braccetti della morte e sottoposto all'art. 90, qui ci sono rimasto per 8 anni; poi ho conosciuto il 14 bis e dopo anche il 41 bis per 5 anni; oggi sto ancora facendo l'isolamento diurno per 3 anni.
Marzo 2010
Carissimi compagni, vi spedisco questo scritto per farvi avere mie notizie e informarvi che mi trovo nel carcere di Augusta. Qui mi hanno appoggiato nella solita sezione, dico- no che è una sezione di transito, ma veramente questa è una sezione di isolamento. Siamo in 18 persone, delle quali tre ci troviamo qui per processo, altre due sono qui per punizioni assegnate dal ministero; quattro compagni cittadini di altri paesi sono isolati con il 14-bis. Tutti gli altri sono qui perché sono vicini alla famiglia e non si interessano all'oppressione esistente.
Come vi ho detto qui non c'è nulla, solo l'aria però divisa per 18 persone. All'aria si può andare da soli, in 2, massimo 3; non c'è la socialità, nemmeno la scuola e nessuna atti- vità ricreativa. Per compiere i lavori in sezione, fanno uscire solo uno, il quale fa tutto (pulizie, porta-vitto...). Spesso manca l'acqua. I problemi per la sopravvivenza sono tanti perché manca tutto.
Si è fatta una piccola protesta per avere qualche lavoro in più, per la tv libera, cioè acce- sa sempre e controllata da noi stessi... loro invece ce la spengono, per vedere le olim- piadi invernali abbiamo dovuto fare una domandina al direttore. Potete così capire che situazione viviamo qui. Non c'è la benché minima libertà. Il regi- me a cui siamo sottoposti è molto rigido in quanto ci viene proibita ogni cosa necessa- ria ad alleviare le sofferenze. La direzione è sorda.
Noi cerchiamo di lottare e conquistare qualcosa e degli spazi, ma è difficile fare questo quando sei in una sezione di isolamento, quando le nostre rivendicazioni non vengono ascoltate e condivise da tutti. La nostra voce rimane tra le mura del carcere. Non è facile parlare di solidarietà e mettere insieme le idee per portare avanti una lotta concreta che possa aiutare tutte le persone che qui con forza lottano per andare avanti senza arrender- si mai. Questo deve essere il pensiero di tutti quelli che lottano contro tutte le ingiustizie. Saluti a tutti i compagni e alle compagne, con affetto Antonino e Melo.
Augusta, 3 marzo 2010 Antonino Faro, Piano Ippolito 1, C.C. Brucoli - 96011 Augusta (Siracusa)
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