Sul Che e sui rivoluzionari
Una delle migliori biografie sul Che è quella scritta dal padre. Non tanto per il modo e la forma in cui ci viene raccontata la sua vita, quanto per la possibilità di cogliere la forza di quell'intimità che altri scritti non hanno.
Nel percorrere la sua storia si entra in un mondo che da subito ha indirizzato il Che verso quello che sarebbe stato il suo destino, l'influenza della madre nel non porsi limiti e nella capacità di affrontare i pericoli senza timori reverenziali, l'ambiente in cui crebbe caratterizzato dal senso dell'avventura tipico di chi vive in grandi spazi ed in luoghi in cui si ha poco per sopravvivere, l'abitudine ai cambiamenti e la predisposizione a fare di ogni luogo non un punto di arrivo ma uno di partenza.
Ho provato ad immaginare quest'uomo che, da ragazzo e con una bicicletta dotata di un piccolo motore, inizia a girare il Nord dell'argentina percorrendo 4.000 km. La sua passione per il volo, il suo girovagare risalendo da Sud a Nord il continente sud americano, la sua permanenza nel lazzaretto di S. Pablo in Perù, la partecipazione alla rivolta in Guatemala, le ascensioni sulla cima messicana del Popocatepetl per allenare il corpo alla spedizione cubana, i suoi amori ed i suoi figli.
In tutto questo percorso il formarsi di una coscienza che focalizzava la necessità di spendere il proprio tempo per qualcosa che avesse la consistenza di un assalto al cielo, la necessità di vivere il suo presente spendendosi per qualcosa di grande anche se indefinito.
Uno che poteva dedicare la sua vita ad una placida professione da "borghese" scelse di seguire qualcos'altro.
Quando sbarcò a Cuba Che Guevara fu ferito al collo, portava una cassetta di medicinali ed uno zaino pieno di munizioni. Nella concitazione dell'azione decise di abbandonare le medicine e recare con sè solo le munizioni. Degli 82 uomini sbarcati rimasero in non più di una dozzina.
Da quel momento, senza armi, inerpicandosi sulle montagne, ripristinando l'equipaggiamento assaltando piccoli avamposti militari iniziò la liberazione dell'isola.
La sua azione fu caratterizzata da pragmatismo ed efficienza; man mano che porzioni di territorio venivano liberati istituì scuole, ospedali, distribuì la terra a chi la coltivava e dotò di una prima rudimentale forma di amministrazione della giustizia quella gente.
Quanto può essere grande un uomo nella sua vita? Molto o molto poco. La maggior parte di noi non lascia traccia qui, per quanto a lungo possiamo vivere; finito il momento del dolore nessuno più si ricorderà di ciò che siamo stati. Eppure lui è ancora lì. Più di tanti che hanno in qualche modo seguito le sue tracce o che sono stati protagonisti di una lotta di liberazione.
Gente accomunata da un percorso quasi identico, fatto di lavoro paziente, km di strade percorse a piedi o con mezzi "popolari" e quella caratteristica imponderabile che distingue un leader da chi leader non lo sarà mai.
Oggi viviamo con il muso lungo in questo angolo di mondo situazioni e scenari che non ci piacciono affatto. Detestiamo il presente e la mancanza di valori e prospettive, però quanto siamo disposti a fare ed a sacrificare di noi per cambiare lo stato di cose presente?
Incollati con il culo alla poltrona e snocciolando snack osserviamo i nuovi idoli dal quel contenitore che proietta immagini, ci accontentiamo di quello. Troppo pigri per scarpinare e "fare". In questo c'è qualcosa che ad ogni modo avanza, nonostante noi. Nuovi uomini, gente diversa.
La "rivoluzione" ha bisogno di concretezza per poter dispiegare le sue ali, ha necessità di condizioni materiali in cui uomini confrontino le loro esperienze indipendentemente dalla loro "qualità" intellettuale.
I nuovi soggetti oggi stanno accampati su torri da cui rivendicano diritti e dignità. Lanciano pietre da schiavi costringendo le persone a misurarsi con ciò che non vogliono vedere.
Durante un'intervista ad una televisione uno dei protagonisti di una di queste forme di lotta ha detto
" ho preso coscienza che devo spendere e rischiare qualcosa di me se voglio dare un futuro a me ed ai miei figli".
E' un mondo differente, diverso anche da quegli studenti che protestano nelle strade. Almeno diverso se quella massa di giovani si accontenterà di rivendicare i propri diritti solo per avere garantito uno status di "nicchia" intellettuale a cui vanno riconosciuti dei privilegi in questo sistema.
Perché il sistema non si cambia,va rivoluzionato nei suoi meccanismi profondi, va abbattuto.
Ognuno di noi in questo contesto può fare la propria parte, decidere come spendere la sua vita.
Alla fine il bilancio sarà quello che misurerà il valore di un giorno vissuto, nel nostro piccolo, alla Che Guevara oppure passato consumando snack con il culo incollato alla poltrona e cercando una qualche giustificazione alla nostra ignavia.
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