Tra nuvole ed arcobaleni

Mi sono lasciato alle spalle il Guatemala partendo  verso le 5 di mattina.
La pioggia ci ha accompagnati, flash della memoria che mi riportano l'immagine di quell'uomo a cavallo stretto nel suo poncho. Colore del rame alle prime luci su per la montagna.
Frotte di bambini con fasce di legna sul capo ai margini della strada. L'arcobaleno tra le montagne. Baracche di lamiera e tanta poverta'. Troppa.
L'ultima sera e' stata in compagnia di un ragazzo di 31 anni, lui e la sua famiglia senza piu' casa perche' bruciata al mattino. L'affitto di un pick up per portarlo dentro una chiesa, un po' di elemosina che qui i preti non negano a nessuno.

 Mi sento perso, ripenso a quella volta in cui uno mi porto' a comprare latte in polvere per suo figlio, non voleva offendermi dandomi l'idea di essere uno in cerca solo di soldi.
Ho i brividi e sento un groppo salire alla gola. Scendere giu' fa bene all'anima.
Pezzi di un mondo distante che ritrovo dopo anni, mi sento bene e sto male nello stesso tempo. Troppi ragazzini che ti chiedono di pulirti le scarpe, tante bambine con braccialetti colorati che provano a convincerti di come non puoi farne a meno.


 E ti guardano, come se arrivassi da un mondo distante. Inarrivabile.
Adios Guatemala, ti saluto enon ho idea se mai ritornero' qui. Ho rivisto Livingstone, quei Garifuna che ancora ci vivono. E' cambiato molto anche li' ed i ricordi si scoloriscono quando confronti quello che c'e' ora con quello che ricordavi. Meglio lasciarlo al sogno il passato. Quello che c'e' ora e' peggio. Per tutti.

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