Correre, il villaggio

Aveva temuto che le avrebbe rovesciato addosso una serie ininterrotta di imprecazioni e urla. Invece no. La rabbia fredda con cui l’aveva affrontata l’aveva scossa più di quanto lo sarebbe stata se le avesse gridato contro. Era rimasta in silenzio mentre lo vedeva allontanarsi e poi sparire nella giungla. In fretta aveva indossato abiti puliti, sparpagliando intorno a sé oggetti, fogli, cosmetici, biancheria. Aveva raccolto freneticamente il contenuto della sacca, gettando
tutto alla rinfusa. Non voleva essere distanziata. – Mi perdo persino nel corridoio di casa mia – pensò – figurarsi se posso attraversare da sola la selva. Soppesò lo zaino. Troppo pesante. Durante la corsa del giorno prima la sacca era stata un impiccio. Una vistosa escoriazione sulle spalle ne era la testimonianza. Si convinse che l’unica cosa da fare era seguire il consiglio del suo compagno di viaggio. Lui non aveva bagaglio con sé…solo l’indispensabile. – Ci sarebbe da discutere sul significato di indispensabile – ragionò – una donna ha più esigenze di un uomo. Passò in rassegna le sue cose. L’unica cosa che poteva lasciare erano i libri, le agende, i quaderni. Era materiale che pesava troppo. A malincuore si separò da essi. Imboccò il sentiero e , a passi spediti, cercò di ridurre la distanza tra sé e l’uomo. Lo scorgeva, a tratti più vicino, per poi rivederlo lontano. – Dannazione – imprecò tra i denti. Ma come aveva potuto affidarsi ad una persona simile? – Al primo posto utile lo mollo – decise. Avrebbe proseguito da sola, anzi con una persona più disponibile. Così rimuginava, macinando kilometri. Sudava copiosamente. Prima di avviarsi lungo il sentiero si era spruzzata abbondantemente con un repellente per zanzare, ma questo non la stava salvando dai loro morsi. Nuvole di fastidiosissimi mosquitos ronzanti la torturarono lungo tutto il tragitto. Agitava le mani per scacciarle, ma dopo alcuni secondi, tornavano alla carica, infilandosi nel naso, negli occhi, nelle orecchie. Non ne poteva più. Era stanca e affamata. Era la rabbia a spingerla avanti. Ma gliele avrebbe cantate a quel tipo…oh, se gliele avrebbe cantate. Lo vide infine, sul ciglio di una collinetta davanti a lei. L’aveva visto girarsi e poi proseguire, incurante ai suoi richiami. – Ma come… - aveva gridato – come diavolo si permette? Le sue urla zittirono, per un lungo istante, il mondo circostante. Poi una scimmia urlò, subito seguita dalle sue compagne. Fu tutto un rincorrersi di suoni e versi sconosciuti che la inquietarono profondamente. All’improvviso realizzò di essere sola, in balia di se stessa e delle sue paure. Cominciò a correre, con lo zaino che le ballonzolava sulla schiena. Nelle orecchie il rombo sordo del proprio respiro affannato si fondeva con il fragore del fiume che scorreva rapido al di là degli alti alberi che ora sembravano soffocarla. Non vedeva l’ora di poter abbandonare quella prigione verde. Infine sbucò all’aperto. Il paesaggio cambiò, si fece più consueto e familiare, meno minaccioso. Il sole, non più filtrato dal folto fogliame, le bruciò la pelle, già martoriata dalla puntura di quegli insetti odiosi. Si arrampicò lungo il pendio della collina, scivolando sull’erba alta. Si piegò e maledicendo se stessa e tutto il Chiapas arrivò infine in cima. Lo trovò là ad attenderla.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


Il villaggio era stretto da una gola intorno alla quale si alzavano montagne, fitte di alberi e vegetazione. Il sentiero lo attraversava tutto per andare a morire di fronte ad una parete rocciosa oltre la quale sembrava impossibile andare.
Le ultime due ore di cammino le aveva fatte insieme alla sua compagna, non aveva conversato di nulla. Solo lo stretto indispensabile per istruirla un paio di volte su come affrontare il guado di un piccolo torrente.
La vedeva ansimare, faticare ed orgogliosamente non chiedere nulla a lui.
Le prime case basse li accolsero in tutta la loro desolazione. Donne seguite da frotte di bambini comparvero all'improvviso da ogni dove. Molte di loro portavano quelli appena nati sul dorso, avvolti in una coperta ed al caldo.
Capelli neri, lucidi e lunghi. Stretti da un elastico o da una corda colorata.
Gli uomini li guardavano dall'uscio delle case, la maggior parte di loro portava un cappello bianco con le falde rivolte in alto ed un fazzoletto sulla testa.
Le gonne arrivavano fino alle caviglie, sembravano di lana. Il loro colore marrone era spezzato da righe orizzontali rosse, arancioni e blu. Le camicette a fiori colorati. Qualcuna, le più anziane, una piccola pezza di stoffa piegata sulla testa.
Orecchini che sembravano d'oro pendevano dai lobi delle orecchie, braccialetti di stoffa multicolori ornavano le braccia.
La loro corporatura minuta, i seni sembravano piccoli. Il loro incedere era elastico ed agile nello stesso tempo. 
Il viso di un color rame con zigomi alti ed occhi di un nero profondo davano un fascino misterioso al tutto.


Superarono la prima parte del villaggio e si ritrovarono in una specie di piazza. Una chiesa bianca sul fondo ed una fontana nel mezzo gli unici elementi diversi rispetto al resto. La maggior parte della gente li aspettava lì, tra loro i suoi amici. Con un sorriso sgargiante.
Si sentì a suo agio subito, dimenticò la fatica, si tolse il sacco a pelo dalla schiena e si diresse verso quello che sembrava il capo. Quando gli fu vicino gli toccò la mano quasi inchinandosi, poi lo abbracciò quasi nascondendolo.Si voltò verso di lei.
- Siamo arrivati, adesso ti puoi riposare e lavare. Loro ti aiuteranno.
Le indicò due donne e se ne andò con i suoi amici ed alcuni uomini del villaggio dentro la chiesa.

Commenti

Post popolari in questo blog

Meglio di così si muore

L'odio di classe