Correre, la partenza
Il sole con i suoi raggi filtrò dagli alberi. Non era caldo e la luce intorno aveva la colorazione del rosa, quel momento che precede una giornata tersa ed afosa.
La guardò uscire dal sacco a pelo.Era già diversa e l'aria era quella di una messa sotto da un trattore. Le si avvicinò con un bastone in mano.
- Segui queste regole, risparmieremo tempo.Quando fai i tuoi bisogni batti il terreno intorno con questo bastone, ti eviterà visite sgradite da parte di serpenti e roba così. Cerca di metterci poco tempo in quelle cose, ti risparmierai le formiche. Qui arrivano subito se c'è da mangiare. In fondo al sentiero c'è un lago, lì ti puoi lavare. Spezza in due una canna di bambù, sfila un filo ed usalo per pulirti i denti tra gli interstizi. L'interno nella parte più morbida lo puoi usare per lavarti i denti se non hai dentifricio.Non perdere troppo tempo a lavarti il viso, lo sporco filtra i raggi del sole ed evita che tu ti possa scottare. Magari se ci metti un po' di fango sul muso e sulle braccia eviti anche le punture di zanzara.Quando arriveremo, tra 4 o 5 ore, potrai lavarti e mangiare. La prossima volta la cioccolata conservala per il mattino, dà energia e mangiarla prima di dormire qui è uno spreco e non serve ad un cazzo.Prendi queste zollette di zucchero e scioglile nell'acqua, è tutto quello che c'è per la colazione.
A due cose devi fare attenzione, la prima che non ti marciscano i piedi. Quindi lavateli sempre e viaggia con calze pulite ed asciutte. La seconda, fa in modo che non ti marciscano i denti. Qui non ci sono dentisti per curarti.
Per finire, butta via quello che è inutile e pesante tipo quaderni, libri e roba simile. Avrai tempo per scrivere e leggere. Qui devi pensare a camminare.
Bene, ora io vado a lavarmi e fare le mie cose. Tornerò tra dieci minuti, poi tocca a te. Mentre aspetti prepara il bagaglio. Si parte subito, appena ti sei ripulita.
Si voltò ed andò via lasciandola lì, con le braccia distese lungo i fianchi e con l'aria furibonda.
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Piegò il sacco a pelo borbottando. Dieci minuti sono una eternità per chi ha certe urgenze. E poi quel tono odioso con cui le si rivolgeva. Non aveva mai sopportato gli ordini. Mai. – Non sono venuta fin qua per essere trattata in questo modo – si lamentò a voce alta. Le rispose il ciangottare beffardo di un pappagallo a cui si unirono in coro altri uccelli. Nel giro di pochi secondi l’aria fu invasa da urla, fischi e richiami. Spazientita attese il ritorno del suo compagno, poi si avviò a sua volta. Si mosse con circospezione, attenta a dove metteva i piedi. L’accenno ai serpenti l’aveva agghiacciata. Nutriva una profonda avversione verso quegli esseri freddi e striscianti così come aborriva ragni e ratti di cui la giungla era piena. Tastò il terreno e frugò tra ogni cespuglio con il nodoso bastone, i sensi all’erta, pronta a scattare all’occorrenza. Infine trovò un posto che le sembrò adatto. Smosse le foglie. Una nuvola di fastidiosissimi mosquitos la indussero ad una strategica ritirata. Imprecò. Non l’avrebbe retta ancora a lungo. Infine si decise. Si accovacciò e liberò la vescica ormai dolorante. Una lunga colonna di formiche si diresse verso di lei. Sbucavano da un grosso formicaio seminascosto dall’erba e marciavano in lunghe file ordinate. Si rivestì in un battibaleno. Aveva sentito di formiche che pungevano e mordevano iniettando nel malcapitato un veleno molto potente. Non aveva voglia di verificarlo sulla propria persona. Si diresse verso il lago. –Avrei bisogno di una doccia calda – realizzò. Ma aveva rinunciato alle comodità di un viaggio organizzato per gettarsi a capofitto in una avventura senza senso. – Incosciente, ecco cosa sono! – si rimproverò. Imboccò un sentiero di terra battuta e si diresse verso il lago. Un odore stagnante, di muffa e foglie marce, le ferì le narici. All’improvviso lo vide e restò senza fiato. Un grosso bacino verde smeraldo, con gradazioni tendenti al turchese. Grosse felci sfioravano l’acqua, orchidee dai colori cangianti si adagiavano delicatamente sulla superficie del lago, riparandosi all’ombra proiettata dai rami di grossi alberi di cui non seppe individuare il nome. Si incantò nella visione di quel panorama, totalmente assorbita dai colori di quella natura selvaggia. Un fischio prolungato la riscosse dai suoi pensieri. Era ora di tornare all’accampamento e di riprendere il viaggio. Decise di prendersi altro tempo. – In fondo, cosa vuoi che siano pochi minuti!- si disse. Immerse i piedi nell’acqua. Era gelida. Trattenne il fiato e avanzò decisa ad immergersi. Un urlo alle sue spalle la fece sobbalzare. Era il suo compagno ed aveva un’espressione che non prometteva nulla di buono!
Si voltò ed andò via lasciandola lì, con le braccia distese lungo i fianchi e con l'aria furibonda.
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Piegò il sacco a pelo borbottando. Dieci minuti sono una eternità per chi ha certe urgenze. E poi quel tono odioso con cui le si rivolgeva. Non aveva mai sopportato gli ordini. Mai. – Non sono venuta fin qua per essere trattata in questo modo – si lamentò a voce alta. Le rispose il ciangottare beffardo di un pappagallo a cui si unirono in coro altri uccelli. Nel giro di pochi secondi l’aria fu invasa da urla, fischi e richiami. Spazientita attese il ritorno del suo compagno, poi si avviò a sua volta. Si mosse con circospezione, attenta a dove metteva i piedi. L’accenno ai serpenti l’aveva agghiacciata. Nutriva una profonda avversione verso quegli esseri freddi e striscianti così come aborriva ragni e ratti di cui la giungla era piena. Tastò il terreno e frugò tra ogni cespuglio con il nodoso bastone, i sensi all’erta, pronta a scattare all’occorrenza. Infine trovò un posto che le sembrò adatto. Smosse le foglie. Una nuvola di fastidiosissimi mosquitos la indussero ad una strategica ritirata. Imprecò. Non l’avrebbe retta ancora a lungo. Infine si decise. Si accovacciò e liberò la vescica ormai dolorante. Una lunga colonna di formiche si diresse verso di lei. Sbucavano da un grosso formicaio seminascosto dall’erba e marciavano in lunghe file ordinate. Si rivestì in un battibaleno. Aveva sentito di formiche che pungevano e mordevano iniettando nel malcapitato un veleno molto potente. Non aveva voglia di verificarlo sulla propria persona. Si diresse verso il lago. –Avrei bisogno di una doccia calda – realizzò. Ma aveva rinunciato alle comodità di un viaggio organizzato per gettarsi a capofitto in una avventura senza senso. – Incosciente, ecco cosa sono! – si rimproverò. Imboccò un sentiero di terra battuta e si diresse verso il lago. Un odore stagnante, di muffa e foglie marce, le ferì le narici. All’improvviso lo vide e restò senza fiato. Un grosso bacino verde smeraldo, con gradazioni tendenti al turchese. Grosse felci sfioravano l’acqua, orchidee dai colori cangianti si adagiavano delicatamente sulla superficie del lago, riparandosi all’ombra proiettata dai rami di grossi alberi di cui non seppe individuare il nome. Si incantò nella visione di quel panorama, totalmente assorbita dai colori di quella natura selvaggia. Un fischio prolungato la riscosse dai suoi pensieri. Era ora di tornare all’accampamento e di riprendere il viaggio. Decise di prendersi altro tempo. – In fondo, cosa vuoi che siano pochi minuti!- si disse. Immerse i piedi nell’acqua. Era gelida. Trattenne il fiato e avanzò decisa ad immergersi. Un urlo alle sue spalle la fece sobbalzare. Era il suo compagno ed aveva un’espressione che non prometteva nulla di buono!
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