L'ordine pubblico in Val Susa
Nel 2005 fu sgomberato il presidio di Venaus da circa 1000 poliziotti in assetto da guerra. Manganellarono vecchi, uomini e donne. Nel filmato potete vedere gli avvenimenti di quei giorni. In un frammento potrete osservare uno di questi tutori dell'"ordine" prendere a calci un signore in bicicletta senza alcun motivo, un altro coprirsi il volto con un fazzoletto e spingerlo in modo violento insieme ad altri suoi colleghi.
Questo tipo di atteggiamento, da provocatori, in quell'occasione non aveva alcuna giustificazione, così come non lo ebbe la distruzione delle tende dei comitati NO TAV e le botte date a gente che si opponeva a mani nude.
Quando lo stato decise di militarizzare quel territorio costrinse i residenti a mostrare i documenti tutte le volte che incappavano in qualche posto di blocco nel tragitto tra casa e lavoro, la stessa cosa accadde per chi andava a scuola. Ragazzi ed adolescenti che iniziarono a provare sulla loro pelle l'ordine del potere costituito.Una logica coloniale, un po' come in Irlanda del Nord nei quartieri cattolici controllati dall'esercito inglese.
Qualche giorno dopo decine di migliaia di persone "incazzate" ,a cui avevano impedito di raggiungere il luogo dello "sfratto", prese un sentiero di montagna, aggirò lo sbarramento dei celerini e si riprese quel pezzo di territorio. In quell'occasione qualcuno trovò pane per i suoi denti e misurò la determinazione di quella gente.
Oggi gli stessi che gestirono in quel modo l'ordine pubblico vengono a fare la morale per quanto è successo Domenica 3 Luglio.
Nel perorare la loro causa un ministro degli interni che ha questo trascorso:
Il 16 settembre 1998 Roberto Maroni fu condannato in primo grado a 8 mesi per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale[10]. La Corte di appello di Milano il 19 dicembre 2001 ha confermato la decisione di primo grado riducendo la pena a 4 mesi e 20 giorni perché nel frattempo il reato di oltraggio era stato abrogato[11]. La Cassazione nel 2004 ha poi confermato la condanna commutandola però in una pena pecuniaria di 5.320 euro[12]. Per la Suprema Corte «la resistenza» di Maroni e degli altri leghisti «non risultava motivata da valori etici, mentre la provocazione era esclusa dal fatto che non si era in presenza di un comportamento oggettivamente ingiusto ad opera dei pubblici ufficiali». In modo particolare gli atti compiuti da Maroni sono stati ritenuti «inspiegabili episodi di resistenza attiva (...) e proprio per questo del tutto ingiustificabili»[13]."
fonte: wikipedia
Nel perorare la loro causa un ministro degli interni che ha questo trascorso:
Il 16 settembre 1998 Roberto Maroni fu condannato in primo grado a 8 mesi per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale[10]. La Corte di appello di Milano il 19 dicembre 2001 ha confermato la decisione di primo grado riducendo la pena a 4 mesi e 20 giorni perché nel frattempo il reato di oltraggio era stato abrogato[11]. La Cassazione nel 2004 ha poi confermato la condanna commutandola però in una pena pecuniaria di 5.320 euro[12]. Per la Suprema Corte «la resistenza» di Maroni e degli altri leghisti «non risultava motivata da valori etici, mentre la provocazione era esclusa dal fatto che non si era in presenza di un comportamento oggettivamente ingiusto ad opera dei pubblici ufficiali». In modo particolare gli atti compiuti da Maroni sono stati ritenuti «inspiegabili episodi di resistenza attiva (...) e proprio per questo del tutto ingiustificabili»[13]."
fonte: wikipedia
A supporto la gran cassa mediatica all'unisono ha sposato la "versione" della polizia senza peraltro, in quella giornata, aver scomodato un solo giornalista inviandolo ad inerpicarsi tra i sentieri dei boschi per osservare da vicino quanto stava accadendo. Probabilmente, come ha scritto qualcuno su twitter, quei giornalisti erano impediti dai tacchi a spillo delle loro calzature.
La cosa che va di traverso a questa gente è dover fare i conti con un pezzo di territorio e con migliaia di persone che decidono, in modo autonomo, sia il livello della protesta che come difendere i propri spazi contro un'autorità che ha perso da tempo qualsiasi "sovranità" morale.
Per rimanere nel perimetro dei modi civili ricordiamo che dopo aver sgomberato il colle della Maddalena, a Giugno, qualcuno, non soddisfatto della prova di autorevolezza dimostrata, si è divertito a defecare e pisciare nelle tende dei valsusini che si trovavano in quel luogo.
Ieri, 4 di Luglio, il camper dei comitati NOTAV situato in una zona controllata dalle forze dell'ordine è stato dato alle fiamme. Qui potete leggere la cronaca.
Ieri, 4 di Luglio, il camper dei comitati NOTAV situato in una zona controllata dalle forze dell'ordine è stato dato alle fiamme. Qui potete leggere la cronaca.
La versione che viene raccontata sugli scontri è quella di azioni preordinate, di centinaia di antagonisti che buttavano bottiglie di ammoniaca sulle forze dell'ordine. Su un corpo dello stato che ebbe agenti che portarono le molotov per giustificare i pestaggi dei ragazzi alloggiati nella palestra di Bolzaneto durante il G8, qualche dubbio rimane. Specie se poi l'arsenale che viene fatto vedere è fatto da due bottiglie di plastica con due foglietti su cui è scritto "acido" e "ammoniaca".
I filmati che girano danno un'idea di quello che è successo, ed allora non si capisce perché gente in divisa da un viadotto punta ad altezza d'uomo un lancia lacrimogeni e spara, qui per vedere.
Perché pesta un ragazzo in ospedale, qui per vedere.
Dov'era il problema per l'ordine pubblico da giustificare un atteggiamento del genere?
La domanda che ci si pone è se questa gente ha capito il motivo per cui viene mandata a picchiare ed a provocare in un territorio che non è casa loro.
Se sanno cosa stanno difendendo e chi in un territorio che ha infiltrazioni mafiose a tutti i livelli stando a quello che dice la magistratura con le sue inchieste.
Se conoscono le ragioni di questa resistenza.
Se conoscono le ragioni di questa resistenza.
Lì continueranno a trovare gente incazzata, come accade a qualsiasi esercito di occupazione. Che non è un esercito di quel popolo.
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