Quello che ti vogliono far credere
Giovanna cammina assente per le strade della sua città. Lavora da quando aveva 19 anni ed ora ne ha 56. Ha un figlio adolescente e lo guarda crescere ansiosa per quello che sarà, invidia la sua leggerezza e la strada infinita che ha davanti.
E' stanca Giovanna e segue con angoscia quello che sente in televisione. Ha scoperto di essere in guerra con quella generazione di giovani con cui condivide lo spazio del suo posto di lavoro.
Glielo dicono ogni giorno quei signori dall'aria seria e contrita.
Va a casa tutte le sere Giovanna e tutte le sere rassetta la casa, prepara da cucinare e sogna di fronte a qualche immagine di terre lontane che passa in TV.
Ripensa anche a quell'uomo Giovanna, il suo andare via e la promessa del ritorno.
Adesso ha altro per la testa, e quel tarlo su quanto ancora dovrà lavorare la prende alla gola, la soffoca.
Ma non vi basta ancora?
Pensa questo ogni maledetto giorno, e da un po'. Allungare il tempo da regalare al suo padrone ancora di cinque anni. Il tempo sufficiente per avvicinarsi alla morte disfatta e troppo stanca per rinascere, ma con il vantaggio di non sentirsi in colpa con quella generazione di ragazzi che per quattro soldi fanno il lavoro che fa lei.
E' diventata così la vita di Giovanna, il sentirsi in colpa per tutto quello che non va. Per il precariato ed il futuro incerto, per i suoi privilegi e per il culo di dover lavorare (forse) solo per quaranta anni.
Ha un potere tremendo quella scatoletta che accende tutte le sere, ti informa ma ti toglie la parola perché per quelle come lei non c'è diritto di replica.
La dovrebbe rappresentare quella tizia schizzata che vede ed ascolta quasi tutte le sere. La stessa che dall'alto dei suoi quindicimila euro mensili dovrebbe rappresentare i suoi interessi e la sua esistenza di donna stanca ed incazzata. Come se la loro vita fosse la stessa.
Non ci si trova più Giovanna in questo spazio angusto fatto di cose che non capisce. Vorrebbe trovare il coraggio e mollare tutto, andare via. Ma poi?
Ed allora si riattacca agli occhi luminosi del suo ragazzo, alla sua leggerezza ed al suo sorriso disincantato. Pensa con rabbia alle occasioni mancate, all'energia giovanile che non c'è più. Al coraggio mancato quel giorno in cui poteva bruciare quel cumulo d'ipocriti in giacca e cravatta. Era giovane, ed oggi non più. E quel ragazzo è una catena che la fa prudente.
Però può fare una cosa Giovanna, smettere di sentirsi in guerra e fottersene dell'ipocrisia. Alimentare il suo odio con il disincanto che ti dà l'età non più giovane. Scuotere quella gente dalla testa china. Porgere loro una rosa con la mano perché non è lei il loro nemico, ed una pietra da lanciare con l'altra per distruggere e ricostruire.
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