Eravamo tutti zapatisti
Il ragazzino ha un'età indefinibile. Forse 12 anni. Ha un fazzoletto intorno al collo. Cammina velocemente e parla con il giornalista "Stiamo qua facendo giustizia per tutto il popolo. E qui nessuno molla perché il popolo non molla mai. Adesso andiamo ad attaccare la polizia e vaffanculo se ci ammazzano"Uno dei suoi compagni con casco e bastone tra le mani lo guarda spaurito. E' più piccolo di lui.
I fotografi scattano immagini, le cineprese riprendono e loro vanno.
Questa scena è tratta dal documentario di cui allego il link
https://archive.org/details/TessendoAutonomia1.0
ed è ambientata a Oaxaca, una città del sud del Mexico dove una rivolta popolare per cinque mesi tenne in mano la città.
Erano passati più di 10 anni tra questo episodio e la rivolta degli indios in Chiapas, era il tempo del subcomandante Marcos. Una parte della sinistra trovò un'altra effige con cui adornare le magliette, si aprirono comitati di solidarietà, molti scoprirono quella realtà ed inorridirono.
Bertinotti vi ci fece una gita, Fassino disse che a lui Zorro non interessava, qualche centro sociale riscoprì il valore del passamontagna e, ora a distanza di anni, tutto finì. Qui, non lì.
Nel documentario sono illustrate alcune delle iniziative che una rete di compagni ha avviato da tempo. Ce n'è un'altra che sta per vedere la luce ed è la costruzione di una casa della salute in un barrio di San Cristobal.
Nei mesi che ho trascorso da quelle parti, girando tra esperienze di vita e di lotta, molte volte diverse, ho imparato come il percorso che costruisce le fondamenta di un "mondo diverso" passa dalla necessità di coniugare i modelli teorici che ci portiamo dietro con la realtà che ti trovi a vivere. In questo la capacità di adeguare la tua prassi e rivedere in modo dinamico le modalità per raggiungere i tuoi obiettivi.
La creazione di comunità autonome, il modo in cui si prendono le decisione per la comunità, la distanza dal potere centrale. La difesa del terreno conquistato. Ecco, tutto questo, io l'ho trovato lì.
Se ci pensate bene non è nulla di nuovo, Guevara ebbe bisogno di un lungo percorso fisico ed intellettuale che lo portò a scegliere in che modo lottare. Coniugò all'esperienza guerrigliera la capacità di creare consenso tra le popolazioni che incrociavano il suo cammino.
Da questo punto di vista non era molto diverso dagli anarchici che in Spagna, man mano che liberavano territori e paesi, provavano a far vivere quelle comunità con altre "regole" ed un livello di organizzazione diverso. Il tutto combattendo.
Creare esperienze autonome, distaccate dal potere centrale, è quanto di più serio e rivoluzionario si possa pensare di fare oggi. E quello che viene dal Mexico è quanto di più avanzato possiamo trovare oggi nel panorama politico.
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