Conversazione con il pittore - 4a parte

 

 Mario Paravano-esercizio n°81 Dvorak

Eccoci qua, forse è il momento di passare a questioni più complicate. Introduciamo qualche elemento in più su questo stravolgimento dei canoni dell'arte?

Sì, non è semplice. Ma, poiché qua non stiamo facendo una sorta di storia dell'arte dal punto di vista cronologico, possiamo anche permetterci il lusso di spaziare tra le varie correnti saltando da un periodo all'altro.

Secondo te qual è il momento che segna in modo netto ed inequivocabile questo passaggio?

Intendiamo il momento in cui l'arte trova, anche se a fatica, una sua autonomia nel modo in cui si esprime dal punto di vista dei contenuti, a quello dell'uso dei materiali e al suo posizionarsi in ciò che accade in giro per il mondo.

Beh, secondo me non c'è una sorta di taglio netto. E' un progressivo e lento incedere. Abbiamo già detto che l'impressionismo è stato un punto di svolta per quanto riguarda il fissare con uno sguardo nuovo i colori sulla tela. L'ossessione per il rapporto tra la luce, gli oggetti e la natura. L'affacciarsi sulle tele della nuova borghesia. Di come il realismo  abbia dato voce alle classi popolari, dell'espressionismo che fa da contraltare all'impressionismo in cui l'uso del mezzo artistico è libero e soggettivo etc. etc. 

In tutto questo, però, credo che l'espressione più alta di rottura sia rappresentata da Malevič e dalla sua idea di ciò che l'arte doveva rappresentare. Il suo focalizzare l'attenzione sul fatto che l'arte dovesse restare chiusa nel proprio contesto, senza farsi coinvolgere da ciò che si muoveva nella società. Il superamento dell'astrattismo e, nello stesso tempo, la considerazione che il contenuto dovesse prescindere dal raffigurare tutto ciò che aveva come oggetto l'uomo e la natura. Secondo lui la massima espressione dell'arte pura è nella raffigurazione geometrica.

Questo in un periodo e in un contesto denso di stravolgimenti e di avvenimenti che segnarono un' epoca che va dai primi anni del 900 alla fine della prima guerra mondiale.

Mario Paravano- Omaggio a Mirò
Un po' contraddice l'idea di un'arte che diventa protagonista se deve guardare solo al suo ombelico, o no?

No, è la massima espressione di autonomia e di protagonismo. Almeno lo è dal suo punto di vista. Tra l'altro in antitesi  con il costruttivismo che invece dichiarava che l'arte doveva essere una sorta di megafono della rivoluzione ( siamo in Russia e in un periodo pre- e rivoluzionario), con in più la necessità di creare opere in grado di rendere il pubblico parte attiva.
Ecco, quando parlo di autonomia e di protagonismo penso anche al fatto che da un certo punto in avanti il piano dialettico si sposta anche in questo confronto tra correnti ognuna della quale voleva marcare "ideologicamente" e con un proprio messaggio questo cambiamento rispetto al passato.
Non basta più fare riferimento alla tecnica e/o al rispetto/stravolgimento dei canoni classici insegnati nelle accademie. Si entra nel merito dei contenuti, nel rapporto vivo con la società, nella dichiarazione di quella che doveva essere una sua funzione.
Prendiamo per esempio quello che accadeva più o meno sullo stesso piano temporale da noi, il futurismo e il suo ideologo Marinetti. 
Uno che tira fuori un manifesto in cui si esalta la modernità, l'avanzata della tecnologia e che auspica una cancellazione di tutto ciò che è parte del classicismo.
Nel punto 10 del suo manifesto scriveva:

  1. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.
e poi:
"È dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il « Futurismo », perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologhi, di ciceroni e d'antiquarii. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl’innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli."

Più chiaro di così. 
Nello stesso manifesto c'è l'esaltazione della guerra come igiene del mondo, dell'uso della forza e della violenza. Metafore che più avanti formarono una sorta di strato connettivo della retorica fascista e che dette il là, nel 1915, all'intervento dell'Italia come forza belligerante nella 1a guerra mondiale.
Rispetto a questa esaltazione dell'avanzata della modernità, con tutto il suo carico tecnologico, c'è analogo fervore in Russia con una grossa differenza rispetto all'Italia: il rifiuto della retorica bellicista (vedi Majakovskij ) e una linea ispirata allo spirito della natura, meno meccanicista e tecnologica e legata ai
valori della terra. Quello che accomuna è la provocazione e, nei quadri, la scomposizione delle figure che rispetto
ai cubisti assumono una dinamicità che ne voleva esaltare l'idea della velocità come fattore di cambiamento.

Mario Paravano- Fatica del vivere- Guatemala

Rimaniamo su un punto, quello "ideologico". Cosa intendi per questo?
Per ideologia intendo marcare il terreno, essere protagonisti e considerare l'arte elemento di cambiamento in termini di senso estetico (stravolgendolo), comunicativo (imponendo nuovi linguaggi), metaforico e utilizzando nuovi materiali.
Da questo punto di vista vorrei introdurre un altro elemento, identificare quelle, tra le correnti, che hanno rappresentato meglio questi aspetti (secondo me, ovviamente).
Alla prossima con cubismo, astrattismo, muralismo, avanguardia, trans avanguardia e altro.

In musica?
Questo Tom Waits





  

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