Il vantaggio competitivo e la fine del lavoro, libri e considerazioni.

Ci stanno libri che ogni tanto dovrebbero essere rispolverati e riletti. Io lo faccio, spesso. Tra gli ultimi della serie, oltre ai volumi del barbuto in edizione economica, un paio che secondo me vanno letti in sincrono. Un giorno leggi un po' dell'uno e quello dopo un po' dell'altro. Dei due ne citerò solo uno. E' la bibbia, o uno dei vangeli, di un qualsiasi padrone. Si intitola "il vantaggio competitivo" ed è stato scritto da tale Porter. Testo del 1985. Un altro parla di fine del lavoro, ed è di un'economista americano. Questo è del 95, ed il tipo piace tanto a gente da "manifesto", un tipico liberal di quelli che dicono tanto ma alla fine non vanno mai alle conclusioni logiche o consequenziali. Si rimane nell'ambito delle belle intenzioni, di come sarebbe bello il mondo se, e di quanto una vita di merda rimane tale anche se, in fondo, si potrebbe sperare altro.
In questo ultimo libro ci sta la storia della coca cola che è simpatica. Nacque come bevanda per curare il mal di testa, veniva venduta nelle farmacie e, poiché era tempo di farci i soldi con la formula, divenne una bevanda di massa che al posto di curarti o' male e capa ti toglieva la sete. Il tutto coincise con un periodo storico in cui ci fu il passaggio da una logica industriale che guardava a sé stessa ed ai relativi processi, ad una in cui il soggetto divenne il "consumatore". Nel mezzo un incremento della produttività grazie all'introduzione di nuova tecnologia ed alla conseguente perdita di posti di lavoro. Sullo sfondo una società in cui vigevano principi di sobrietà e parsimonia, nella quale le persone, nella maggior parte dei casi, erano abituate a produrre da sé quello che occorreva per vivere. A complicare il quadro gli economisti si accorsero che "gli individui erano disposti a scambiare ore di lavoro aggiuntive con ore aggiuntive di tempo libero" Non gli interessava incrementare la propria ricchezza in modo marginale a scapito del tempo disponibile per la propria vita. Questo elemento divenne un limite per l'economia che , ad un aumento dei beni disponibili e della produttività, vedeva aumentare le scorte di merci nei magazzini. Bisognava fare qualcosa, venne fuori una nuova scienza: quella degli studiosi del consumo. Una di questi, si chiamava Kyrk, disse che " Ciò che è lusso per i privilegiati deve diventare una necessità per le classi inferiori" La correlazione che ne seguì fu la seguente: abbiamo maggiore produttività, che implica maggiore produzione, però abbiamo licenziato molta gente, mancano sufficienti consumatori, bisogna incentivare a consumare quelli che il lavoro lo hanno, questo permetterà la nascita di nuovi bisogni, nasceranno nuovi prodotti, quindi nuove industrie, che assumeranno altri lavoratori, che faranno i salti mortali per consumare quello che per loro diventerà uno status, finanzieremo questa loro propensione e tutto girerà come un orologio in modo perfetto. Il presidente Hoover ci fece anche una commissione su questa roba, commissione che arrivò a raccontare che " di fronte a noi si aprono panorami economisti sterminati e fantastici". poi arrivò la depressione, i suicidi di massa, i disoccupati passarono in breve da 1 a 15 milioni, in Europa Hitler andò al potere e l'orologio perfetto si fermò per un bel po'.

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