Conversazione con il pittore - 7a parte


 

Mario Paravano-Rivoluzione per la libertà dell'arte

Sembra che tutto conduca su un'unica strada, quella del surrealismo. O no?

Può darsi, credo che in molti artisti ci siano arrivati comunque sfiniti . Sembra che la realtà ci stia stretta, ed è per quello che ci rifugiamo nei sogni. Nella fantasia. 

Quello che qui mi interessa è evidenziare uno degli elementi di cui avevo parlato prima. La necessità di redigere documenti che in qualche modo fossero il canovaccio, le regole, il senso, la proposta ideologica di gente che si metteva là con un pennello, o una penna in mano, a raccontare il loro punto di vista sul ruolo che la loro corrente dava all'arte in quel preciso momento storico, il  rapporto con la società, il suo passato e quanto era stata in grado di produrre. 

Lo avevano fatto i dadaisti, prima con un breve documento di Hugo Ball nel 1916 e poi con Tristan Tzara e il suo manifesto sul dadaismo nel 1918:

L’opera d’arte non deve rappresentare la bellezza che è morta. Un’opera d’arte non è mai bella per decreto legge, obiettivamente, all’unanimità. La critica è inutile, non può esistere che soggettivamente, ciascuno la sua, e senza alcun carattere di universalità. Si crede forse di aver trovato una base psichica comune a tutta l’umanità? Come si può far ordine nel caos di questa informa entità infinitamente variabile: l’uomo? Parlo sempre di me perché non voglio convincere nessuno, non ho il diritto di trascinare gli altri nella mia corrente, non costringo nessuno a seguirmi e ciascuno si fa l’arte che gli pare.

Così nacque DADA da un bisogno d’indipendenza. Quelli che dipendono da noi restano liberi. Noi non ci basiamo su nessuna teoria. Ne abbiamo abbastanza delle accademie cubiste e futuriste: laboratori di idee formali: Forse che l’arte si fa per soldi e per lisciare il pelo dei nostri cari borghesi?" 

Li aveva preceduti Marinetti con il  manifesto futurista nel 1908 di cui abbiamo già detto.

C'è il comune denominatore del rifiuto dell'arte con le sue regole accademiche e di quella cultura figlia del classicismo e del romanticismo, si tende a farne a pezzi le immagini stereotipate e ingessate e si rivoluziona il modo di come le si deve produrre. Si vuole scandalizzare il mondo dei borghesi. Sono in qualche modo degli iconoclasti.

I futuristi auspicano un mondo che, abbandonando il passato con tutti i suoi riferimenti culturali, si butti in un'era caratterizzata dall'espansione della tecnologia, dalla velocità dei cambiamenti indotti dall'era delle macchine. Sembra la pelle su misura per l'esaltazione della rivoluzione industriale iniziata nel 1760. A differenza del dadaismo e del surrealismo  nella proposta non c'è alcuna visione anarchica. 

Non gli sta bene il borghese con il culo pesante e vorrebbe sostituirlo con quello guerriero che, insieme all'uso delle macchine, vede nella guerra la modalità per fare tabula rasa di tutto. L'uomo, in quanto entità e soggetto autonomo, è schiacciato da questa visione. E' strumento.

Dadaismo e surrealismo si muovono su un piano completamente diverso. Il primo è quello che potrei definire come un movimento new age, con riferimenti all'età infantile contrapposta a quella adulta. Con un disordine nella produzione artistica che ha l'obiettivo di enfatizzare la spontaneità  che sovverta, in questo modo, la società piramidale con tutte le sue gerarchie.

Il surrealismo aggiunge, a mio avviso, un elemento in più: quello onirico. L'interpretazione del sogno e di ciò che alberga nel nostro inconscio. Entra in un'altra dimensione inesplorata,  ci fa vedere che il mondo per come lo osserviamo è solo una nostra rappresentazione e in quanto tale non è.

La pipa di Magritte è la sintesi di questo messaggio. Vedere un quadro in cui è dipinta una pipa con una scritta che dice "questa non è una pipa" ci dimostra proprio il senso di questo. Quella che osserviamo non è una pipa, è la rappresentazione di una pipa; così come quello che ci passa davanti agli occhi di ciò che vediamo, filtrato dalle nostre costruzioni logiche per dare un senso al tutto, sono rappresentazioni della realtà.

Breton scrive il suo manifesto nel 1924, ci ritorna su con Trotsky  con un secondo manifesto negli anni 30, più orientato politicamente e infine più tardi quando si trasferì negli stati uniti.

Quello che interpreto della sua produzione è l'immagine di uno che coglie i cambiamenti in corso nella società e che cerca di tenere assieme l'esigenza di una trasformazione profonda della società, in senso rivoluzionario e marxista, con lo spirito di un'artista che in ogni caso rivendica la sua autonomia per mantenerla tale a dispetto di quanto avveniva nel frattempo.

In questo c'è una evidente contraddizione , da una parte un movimento politico che faceva della centralità e della organizzazione gli strumenti utili al cambiamento e che vedeva nella disciplina rivoluzionaria il modo per affermare la propria visione sulla società, dall'altra l'esigenza dell'artista di mantenere comunque la sua indipendenza rispetto al tutto. 

Detto questo è indubbio che le correnti che ho citato hanno introdotto tecniche e modi di comporre un'opera fino ad allora inediti. 

Pensa all'uso del collage, al mettersi là a dipingere lasciando che altri completassero secondo il loro modo un'opera. 

Credi che quelle avanguardie abbiano esaurito il campo dell'innovazione? 

  Non so rispondere, è come quando ti trovi di fronte ad uno spartito. Le note sono quelle, le hai declinate in tutti i modi possibili e immaginabili in melodie e no. Alla fine cosa ti rimane da fare per offrire qualcosa che stravolga i canoni e ciò a cui sei abituato? Produrre suoni che sono solo rumore?

Certo, c'è la tecnologia e nuove forme che ambiscono ad un ruolo che venga riconosciuto come arte. Per quanto mi riguarda, per provare a dire qualcosa, credo che di carburante propellente che ci induca a dire : "però, guarda che roba" o ci faccia considerare come una novità quello che viene proposto ne vedo poco in giro.

Alla prossima?

Alla prossima con tutto quello che è venuto dopo e proveremo a chiudere il cerchio con qualche considerazione sul passato remoto, quello prossimo, quello recente e il futuro.

E in musica?

Pura working class.



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