Lo scambio di opinioni su come si stava bene nella DDR

Il post dedicato all'indagine che ha messo in evidenza la nostalgia prevalente per la ex Germania comunista ha innescato una discussione su facebook interessante. La ripropongo qui.

Tiefensee immagino consideri la nostalgia dei tedeschi dell'Est un sentimento dubbio, da combattere, perché essa arriva a perturbare, a confondere l'ideologia attuale (del successo), il mito dell’efficienza, il culto del consumismo, la supremazia delle leggi del mercato eccetera.
La nostalgia è un sentimento fondamentalmente di assenza, ed i tedeschi dell'Est che, come me rumena, avranno vissuto in un sistema in cui forse provavano a trarre il massimo vantaggio dalle situazioni possibili e forse riuscivano a cavarsela molto più spesso di quanto lo fanno adesso, probabilmente recuperano con la memoria, col ricordo l'attuale assenza del sentimento della comunità e del cameratismo, o l'attuale assenza della solidarietà, o del cibo...
E dopo essersi arresi a nostalgie di questo tipo, magari dovranno subire (o guardare gli altri subire) il lavaggio del cervello fatto dai media dell'apparato totalitario liberale. E allora forse si ricorderanno con nostalgia anche di come la persuasione totalitaria ed il lavaggio del cervello furono uno degli elementi integranti più deboli degli Stati comunisti del '900...

Reuters cita invece un sondaggio Forsa sulla nostalgia della Ddr, e che espone anche alcuni dei motivi per i quali i tedeschi si aggrappano ai ricordi nostalgici:...

http://news.yahoo.com/s/nm/us_wall_odd

E nel 2006 sul sito della Deutsche Welle si potevano leggere commenti come questo:

"Experts point out that the population flight from eastern Germany can only be stemmed by creating job opportunities in the region."

E le affermazioni di Tiefensee di allora:

"Reports on the state of unity in past years had to acknowledge some tough issues ranging from rampant unemployment to negative demographics. Right-wing extremism is much more acute in eastern Germany than it is in the west. Despite some economic successes and a revitalized infrastructure, eastern Germany has still not caught up with the western part of the country: Wages in the eastern regions are 23 percent lower and unemployment rates are nearly twice as high. It will take 15 to 20 more years before we can speak about sustainable economic revival (in the eastern part)."

E quelle dello storico Konrad Jarausch:

"The too rapid transformation from a planned to a market economy during unification, the too high conversion rate of the currency and the too generous wage settlements have destroyed much of the productive base in the east. The challenge for the next half generation is therefore to create a new industrial base in the eastern states."

Anche questo articolo sulla "ostalgia", che era apparso su Le Monde Diplomatique nel 2004 (sempre in inglese), è assai suggestivo:
http://lists.portside.org/cgi-bin/listserv/wa?A3=ind0408C&L=PORTSIDE&E=0&P=221548&B=--&T=text%2Fplain

Antonio Franceschino
A parte che io ritengo eccessiva questa insistenza sul tema dell "Ostalgie" (più un fenomeno di consumo, legato ad alcuni film e libri usciti di recente, che un fenomeno reale. Questo non significa naturalmente che non esista disagio nella Ddr, e rimpianto di alcuni aspetti del vecchio regime, che forse nella memoria sono stati poi idealizzati), ricordo quando le cose stavano esattamente al contrario, tanto per metter i puntini sulle "i": dopo la vittoria elettorale di Brandt nel '69, e l'apertura ad Est, denominata "Ostpolitik", Brandt stesso, primo Cancelliere della Germania Federale, andò in visita a Erfurt, nell'allora Ddr; e lì successe l'imprevisto, che mise in forte imbarazzo la dirigenza della Germania comunista: gli operai "comunisti" inneggiarono a Brandt, inscenando una forma di protesta contro il regime, del tutto inattesa evidentemente. In quel caso, si dimostrò senza ombra di dubbio da che parte stavano in maggioranza gli operai della Ddr, se con i comunisti o con i socialdemocratici (di allora, va precisato, degli anni '70)!

Mario Paravano
E perché mai, Antonio. A me sembra che nel 2009 se il 60% delle persone di quel paese ha nostalgia il dato di per sé è significativo. Che abbiano fatto una manifestazione nel 69 nella DDR mica mi meraviglia. Mi meraviglia che sono nostalgici adesso, dopo aver provato le virtù della socialdemocrazia alleata con i cristianosociali.
Questo sempre per mettere i puntini.

Maria-Cristina Serban
L'esempio della reazione di alcuni operai della Ddr alla visita del cancelliere socialdemocratico Willy Brandt a Erfurt come tentativo di "dimostrare senza ombra di dubbio da che parte stavano in maggioranza gli operai della Ddr", mi pare inconcludente.

Secondo Costanzo Preve, che ha visitato diversi paesi dell'Europa orientale, ed ha visto lavorare gli operai sia in Germania Ovest che in Germania Est, e non solo ha visto, ma ha anche lavorato, i sogni utopistici dell'eguaglianza e della virtù della democrazia in regime capitalista socialdemocratico sarebbero (stati) sterili e perfino grotteschi, e "la fine del comunismo storico novecentesco, ultimo fattore geopolitico di riequilibrio dei rapporti internazionali" sarebbe stata "negativa e sciagurata".

"Se vogliamo fare giochi estivi di nessuna importanza, e mi si chiede soggettivamente in che ordine "morale" e politico metto i giganteschi fenomeni novecenteschi che hanno tentato di imporre il primato della politica (organizzata in forme diversissime, dal pluralismo partitico socialdemocratico al partito monocratico di tipo comunista, fascista o populista) sulla logica autonomizzata dell’economia capitalistica pura, risponderò subito così: al primo posto metto il comunismo storico novecentesco nel suo insieme (nonostante bestialità, crimini, ecc.), poi metto il populismo terzomondista (Peròn, Nasser, ecc.), poi al terzo posto metto l'onesta socialdemocrazia (Palme, ecc., con esclusione della socialdemocrazia imperialista, interventista e bombardatrice alla D'Alema), ed al quarto ed ultimo posto metto il nazifascismo (di cui considero particolarmente imperdonabili il colonialismo razzista ed il razzismo di sterminio e quindi l'Etiopia di Mussolini del 1935 e lo Auschwitz di Hitler del 1942)." (da un articolo di Preve: "Sulle categorie di destra e di sinistra e sulla loro evoluzione storica")

Sebbene sia fallito, il comunismo ha cominciato dai bisogni della gente, non da quelli del capitale, e le sue conseguenze furono di immensa portata anche per le masse lavoratrici dei Paesi capitalistici (il welfare, il modello socialdemocratico), per i popoli colonizzati, per le stesse democrazie occidentali, sfidate dal nazifascismo e salvate dalla vittoriosa resistenza dell'Armata Rossa. Dire questo non significa dimenticare i crimini, la repressione del dissenso, la degenerazione oligarchica dei gruppi dirigenti e delle tecnocrazie.

Si potrebbe fare inoltre una riflessione sull'attuale crisi della sinistra europea, o più esattamente sulla fine del modello socialdemocratico dovuta ai fermenti politici ed economici successivi alla fine del comunismo... O persino sulla pesante sconfitta della socialdemocrazia tedesca del mese scorso...

Antonio Franceschino
Tralascio il commento di Maria, perché sarebbe troppo complesso (per me) affrontarlo nel suo complesso, abbiamo già discusso tra l'altro ampiamente tra di noi di comunismo, socialdemocrazia, populismo, da posizioni radicalmente diverse, come possono esserlo quelle di una comunista antimperialista seguace di Preve e un socialista liberale "alla Bobbio": capite che far stare insieme Preve e Bobbio è come cercare di mettere insieme cane e gatto, ragion per cui è già tanto, anzi è fondamentale, che fra di noi ci sia una stima e un rispetto sia umano che intellettuale reciproco, al di là delle divergenze politiche.
Torno invece a Mario: io non sottovaluto affatto il fenomeno di "Ostalgie", di nostalgia della Ddr, diffuso nella ex Germania Orientale, e certamente dovrebbe essere, anzi dopo la recente disfatta elettorale lo è già, un elemento di preoccupazione, di riflessione e autocritica nella Spd, che ha governato negli ultimi 11 anni prima con i Verdi, e poi nella Grande Coalizione con i democristiani, il fatto che nella ex Ddr, la Linke, l'erede diretta del Partito Comunista, abbia più di un quarto del suffragio popolare e superi ampiamente la Spd. Certamente, il ritorno all'opposizione non può che fare bene a un partito stanco e logorato, che potrebbe essere il simbolo della crisi più generale del socialismo europeo, che nel suo insieme si è lasciato tutto trascinare dal liberismo imperante, favorito certo dalla caduta del comunismo, ma già sviluppatosi negli anni '80 nei paesi anglosassoni (Thatcher e Reagan).
Il socialismo europeo deve ripensare profondamente le ragioni della sua esistenza, e della sua storia, e recuperare le sue idealita e i suoi modelli politici (Welfare, Stato sociale, ecc.), il modello a cui riferirsi esiste, bisogna recuperarlo, e spero che gradualmente questo accadrà, a meno che non si voglia che scompaia totalmente la sinitra, salvo frange minoritarie, dall'orizzonte poltico.
Ricordo che già Willy Brandt, che io considero uno dei massimi leader politici della seconda metà del XX° secolo, era cosciente di questa involuzione, tant'è vero che sulla sua tomba a Berlino, che io ho avuto occasione di visitare, c'è scritto: "Ich habe es gesucht", "Almeno ci ho provato", che è l'ammissione di una sconfitta almeno parziale. La socialdemocrazia però deve recuperare dei modelli tuttora validi, ma abbandonati in seguito all'ondata liberista, l'ideale comunista a mio giudizio deve invece ripartire quasi da zero, non potendo certo rifarsi, se non in negativo a modelli, che sono disastrosamente crollati, si sono disfatti per consunzione in pratica, e devono essere quindi completamente ripensati, dalle fondamenta secondo me (ma io sono sempre stato un critico del comunismo, e quindi ammetto che il mio giudizio sia di parte).
Ritornando per chiudere al fenomeno dell'"Ostalgie", della "nostalgia" della Ddr, spiego per quali motivi lo considero parzialmente sopravvalutato; vi è una percentuale di questi "nostalgici", che non saprei quantificare, che è certamente fisiologica, è la nostalgia del passato, della giovinezza, che sempre insorge in una certa età della vita dell'uomo e porta ad idealizzare quel periodo della propria vita. Forse voi non lo avete ancora provato, ma a me, sulla soglia dei 50 anni, capita spesso di aver nostalgia dei miei 20 anni, benché non siano stati in realtà un periodo così entusiasmante da nessun punto di vista (cominciava il "craxismo" allora in Italia), ma era per me l'età delle illusioni, delle speranze, non solo politiche, ma anche umane, personali, speranze perloppiù andate disilluse, e quindi poi idealizzate oggi. Ricordo un aneddoto, di un'aristocratica francese che all'epoca della Restaurazione, provava nostalgia per gli anni della Rivoluzione, e alle sue amiche più giovani, che se ne stupivano, per il fatto che allora rischiava ogni giorno la testa, soleva dire: "Allora ero giovane, mi batteva il cuore!".
Credo che molta di questa "nostalgia" abbia semplicemente queste radici, e quindi che la percentuale delle persone che nella ex Ddr rimpiangono autenticamente l'epoca comunista e vorrebbero ritornarci, non sia poi in realtà così grande, neppure maggioritaria, come dimostra il voto del resto, un quarto della popolazione suppergiù. Qui vi lascio, vi saluto e vado a dormire, perché sono stanchissimo. Un saluto a tutti e a presto!


Dire che nella maggior parte dei casi si tratta di un cedimento ad una nostalgia nei confronti "del passato, della giovinezza, che sempre insorge in una certa età della vita dell'uomo e porta ad idealizzare quel periodo della propria vita" mi sembra una visione riduttiva.

Come mai non si discute dell'attuale economia nella ex-Ddr (prospettive e sviluppi nell'ottica dell'adesione all'economia capitalista), della maniera in cui la gente ha vissuto il divorzio burrascoso con una società che ha garantito a tutti casa, assistenza sanitaria, vacanze, un'idea di sé e della propria funzione sociale... Perché non vengono per esempio esaminati i fattori pragmatici che hanno determinato le nostalgie.

O perché non vengono commentati anche i risultati della ricerca sugli esiti sfavorevoli della vittoria del capitalismo nei paesi post-comunisti dell’Europa orientale e dell’ex-Urss pubblicati da Lancet. Quella ricerca parla di un aumento della mortalità del 13% tra il 1989 e il 2002 in quei paesi, cioè della morte di tante persone alle quali erano stati brutalmente tolti il lavoro e l'accesso agevolato ai servizi sociali.... Visualizza altro

http://www.facebook.com/topic.php?uid=39014715123&topic=6795
http://pensareinprofondo.blogspot.com/2009/10/privatizzazioni-di-massa-e-mortalita.html

Nel passato l'ideologia comunista è stata spesso oggetto di diversi sondaggi realizzati nei paesi dell'Europa orientale (commissionati all'estero). Alcuni dei sondaggi hanno rivelato l'ambivalenza di molte persone rispetto alla teoria e alla pratica di quell'ideologia. Molte persone tra quelle che avevano bersagliato di critiche l'autoritarismo, la centralizzazione e le inefficienze dei sistemi comunisti, e l'idea di comunismo, ritenendo che l'economia del libero mercato fosse "essenziale al nostro sviluppo economico", quando si smise di ragionare in termini di comunismo e mercato, così carichi di implicazioni ideologiche, hanno abbandonato l'apparente consenso al nuovo corso nella sfera economica, alle politiche trasformazionali dei nuovi governi capitalisti.
Approfondendo aspetti specifici delle loro vite, molti tesero a sostenere le politiche ed i valori associati con i vecchi stati comunisti: egualitarismo diffuso, un ruolo forte del governo nell'economia ed uno scetticismo profondo circa un sistema distributivo basato più sul merito che sui bisogni. I governi comunisti avevano mirato a porre fine alle disuguaglianze ed a raggiungere la piena occupazione, e dopo il loro crollo, le diseguaglianze sono aumentate bruscamente, le restrizioni imposte agli stipendi ed alla ricchezza sono state rilassate. Alcuni anni fa le differenze di reddito erano viste dalla stragrande maggioranza delle persone negli stati dell'Europa orientale come troppo grandi. Oltre il 60% dei bulgari, degli ungheresi e dei sloveni, per esempio, la pensava così... La maggior parte delle popolazioni post-socialiste favorisce i lavori garantiti: in un sondaggio il 56% degli estoni ed il 84% dei tedeschi della ex-Ddr esprimevano questa preferenza - cioè, secondo gli intervistati, i governi dei rispettivi paesi avrebbero dovuto impegnarsi a garantire un lavoro a coloro che volevano uno.

Mi ricordo anche di un sondaggio di alcuni anni fa in cui si chiedeva alla gente di otto stati post-comunisti di postulare un "reddito giusto ed equo" per il dirigente di una grande società e per un operaio non qualificato: i rapporti medi tra questi due stipendi (il primo diviso dal secondo) erano uniformemente più piccoli di quelli negli stati capitalisti. Il differenziale di reddito postulato mediano negli stati capitalisti era più elevato di quello degli stati dell'ex-blocco comunista.

Le cose che scrivi sono giuste, Maria. Dico soltanto che nella ex Ddr, tutto sommato, la situazione complessiva è mediamente un po' migliore che negli altri Paesi ex-comunisti.
Forse è il confronto con i "Wessis" a deprimerli particolarmente.

Mario Paravano
Antonio, quello che ha prodotto il passaggio ad un'economia di mercato "liberale" è una somma di società in cui si sono acuite le differenze tra chi ha e chi non ha. Il punto ineludibile è che quelli non hanno migliorato di un niente la loro condizione sociale.Il fatto di essere depressi a queste condizioni mica è una questione che interessa solo gli ex comunisti della DDR; per i quali non credo che ciò dipenda da invidia. Quanto è depresso un qualsiasi uomo, che appartenga al primo o al terzo mondo, di fronte ad una società che accetta la concentrazione di ricchezza e di potere nelle mani di pochi a discapito dei più?
Altra questione, ora lancet ha messo in evidenza alcuni dati statistici di per sé significativi, a questi varrebbe la pena aggiungere la considerazione di come alcuni stati si sono trasformati in protettori di criminalità e mafia accettando che la loro classe dirigente fosse formata da gangster. Io direi un fallimento su tutta la linea.


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