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Giustizia esemplare

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"Nulla rimarrà impunito, pagherete caro e pagherete tutto" Era uno slogan. Aveva l'ambizione di indicare una modalità per fare giustizia, aveva però  sostanza ideologica alle spalle.  L'idea di una società di ineguali che produce ingiustizia e non giustizia. L'evocazione di un obiettivo. fare pagare l'ingiustizia con una sorta di pena morale e allo stesso tempo dolorosa senza, però, specificare il come applicarla. Adesso abbiamo una società che non è molto diversa, nella sostanza delle relazioni, da quelle del passato. C'è ,come sempre,una sorta di pruderia che vuole la pena esemplare a garanzia di certi valori . In primis la proprietà ed il possesso  per quanto riguarda la categoria astratta dei valori da difendere, ed alcuni reati come il furto per quelli  da sanzionare per chi viola quei valori. La questione è che queste pene, "esemplari", valgono per lo più per i poveracci. Certi comportamenti sono penalmente rilevanti in funzione di momenti,...

Sentenze di morte

Qualche giorno fa una ragazza è stata impiccata in Iran. Su questa vicenda, in modo speculare, si sono scatenati per opposte ragioni quelli che hanno messo all'indice L'Iran per l'esecuzione della condanna e chi, al contrario, vede in queste critiche la strumentalità di gente che ha la coscienza sporca e che, in fatto di diritto, non ha nulla da insegnare agli altri. Come si può stare nel mezzo tra questi due modi di ragionare? O meglio ha senso stare nel mezzo? Io penso che, in questo caso, vale la pena mandare affanculo (per usare una metafora) sia gli uni che gli altri. Giustificare un orrore con il ditino di chi dice "guarda che tu fai peggio", proprio perché quel ditino vorremmo continuare a tenerlo alzato, non ha nessun senso. Qui non si discute di un popolo aggredito che ritorce la violenza contro chi l'ha prodotta, qui si parla di una ragazza a cui uno dei parenti della vittima ha messo intorno al collo un cappio e l'ha lasciata penzolare nel vuoto...

Ma cosa ci fanno i militari in città?

Fonte: http://www.autistici.org/macerie/ A carte scoperte Diario Ma cosa ci staranno mai a fare tutti questi soldati per le strade di molte città italiane, con le mani in mano e l’occhio da pesce lesso? Se qualcuno ancora pensasse che si tratti di una estemporanea trovata pubblicitaria di un governo che ci tiene ad apparire forte, o delle manie militariste di un paio di ministri, farebbe bene a leggersi il rapporto della NATO  «Urban Operations in the Year 2020» . Dove si apprende che, secondo le previsioni degli strateghi del dominio, il fronte della guerre future passerà proprio di qui, per le strade di conglomerati metropolitani sempre più invivibili, scossi da tensioni sociali, etniche e religiose di portata ormai non troppo inimmaginabile. Una specie di Yugoslavia di quartiere, insomma. In questo senso, l’operazione  «Strade sicure» , non è altro che un tassello di un disegno più grande, una fase di addestramento delle truppe alla città, e allo stesso tempo della città alle truppe...

Licenziare con stile

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Quello che segue è il testo della lettera che il CEO (gran capo) della Microsoft ha mandato ai suoi dipendenti per spiegargli perché "l'azienda", per perseguire gli obiettivi di riduzione dei costi, li manda a casa. Saranno contenti, ci faranno un quadretto e se la appenderanno nella camera da letto. Il tipo non dimentica di sottolineare come altri tagli saranno fatti, se necessario. Immagino che i baldi giovanotti coinvolti, figli di questa nostra epoca ed imbevuti di ideologia aziendale, abbiano in questo momento un po' di stordimento e si stiano chiedendo dove hanno sbagliato. Questo tipo di pratica non è una novità; ed è parte della filosofia manageriale americana. In questo, quei signori, hanno un certo stile e sono imbattibili. Io con un azienda così (americana) ci ho lavorato nel passato, riconosco in quel tocco l'essenza pura del capitalismo a stelle e strisce. Ricordo un paio di episodi, una volta un direttore commerciale, che si presentò al mattino in uf...

Mandare a fanculo il 95% dell'umanità italiota

Credo di essere diventato intollerante. Si, uno di quelli che si lamenta di tutto e di tutti. Che, ancor prima di sentire la fine di un discorso o di un ragionamento, scuote le spalle e manda a cagare il 95%di quelli che discettano. Intollerante perché consapevole di essere solo come un eremita nel deserto. Però, in fondo, la mia è una condizione  di uomo libero. Magari con poca gente che mi sopporta, ma libero. Perché scrivo queste robe? Perché ho una voglia grande come una montagna di mandarvi a quel paese tutti quanti, con poche eccezioni. Vivo in compagnia di prototipi di giovani uomini, gente che dovrebbe avere l'ambizione e l'energia per cambiare il mondo. Li trovo invece imbolsiti e più rincoglioniti del sottoscritto. Prendeteli, ad esempio, quando finita la scuola o l'università capita a costoro di trovare uno straccio di posto da precario.  Strisciano. Si mimetizzano con giacca e cravatta, provano a fare i grandi e alla fine, sopportando il sopportabile, strisciano...

Berlusconi, la moglie e la sinistra

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Quella specie di sinistra, che si aggira per l'Italia, trova soddisfazione nel guardare dal buco della serratura la vita del "sovrano" Silvio Berlusconi. Siamo ridotti a paginate di giornali in cui in modo alternativo questi signori si interrogano se non sia il caso di eleggere ad icona del proprio schieramento una ricca signora borghese che, tra un giro di shopping e l'altro, mette nel pantheon delle grandi donne delle grandi stronze tipo Thatcher. Una che, per questioni di eredità, filosofeggia sul senso della vita e sulla dignità perduta dalle donne. Prima, alla ricerca di un leader che non c'è, avevano sperato in quella specie di protosionistafascista pentito di Gianfranco Fini.  Siamo messi così, malinconicamente così. Disperatamente così. Come penseranno di uscirne fuori? 

Linton Kwesy Johnson, poesia e raggae comunista

Linton Kwesy Johnson è un poeta giamaicano, militante e comunista, che mette in musica le sue poesie.  Da ragazzo emigrò a Londra dove raggiunse sua madre che lavorava lì. Si iscrisse alla facoltà di sociologia e nello stesso tempo iniziò a lavorare in fabbrica. La sua militanza politica iniziò nelle pantere nere negli anni 70, con loro organizzò workshop di  poesia.  Le sue melodie accompagnano testi impegnati in cui racconta della vita dei suoi compatrioti immigrati e delle dure condizioni contro cui devono battersi. Nelle interviste che ha rilasciato in Italia, nel corso di un concerto, ha espresso la sua opinione sui temi che hanno a che fare con l'integrazione di quanti vengono da noi per cercare una vita migliore. " «Un collega nei giorni scorsi mi ha chiesto da dove vengo. Giamaica, ho detto. Oh, molto esotico, ha ribattuto. Mi è venuto da pensare in quale strano modo ognuno vede le culture altrui. Un giornalista mi ha chiesto: ma un paese piccolo come l'Italia può ...